
Non è il primo film a soggetto, né il primo girato in un teatro di posa, nemmeno il primo film interpretato da attori professionisti. Al di fuori di tutto questo, La presa di Roma può vantare il primato, insieme a Cabiria di Giovanni Pastrone, del film più ricercato e discusso nella storia del cinema muto italiano.
Come tutti sanno, dei 250 metri di lunghezza dell’originale, non rimangono che pochi frammenti, una cinquantina di metri di pellicola accuratamente restaurati e presentati (finalmente) in DVD dal Centro Sperimentale di Cinematografia – Cineteca Nazionale, in collaborazione con il Grande Oriente d’Italia, del quale ho già parlato in altro post qualche tempo fa.
Visto che adesso il film è disponibile per tutti, vi propongo una ricerca sulla base di questi pochi metri e qualche testimone cartaceo d’epoca: il bollettino N. 1 del Primo Stabilimento Italiano di Manifattura Cinematografica Alberini e Santoni, con l’indice dei quadri, una fotografia, ed una nota sulla produzione del film. Altre testimonianze, come locandine ed articoli sui giornali possono essere d’aiuto, ma questo bollettino, se letto attentamente, è una risorsa molto utile per una prima ricostruzione.
Cominciamo dai titoli di testa, sempre dalle pagine del bollettino, e riprendiamo la seguente indicazione: “Tutte le pellicole che escono del Primo Stabilimento Italiano di Manifattura Cinematografica Alberini e Santoni, portano impressa la nostra marca di fabbrica, depositata a norma di legge (…) Ogni titolo ha in basso, a destra e a sinistra, la nostra marca di fabbrica e sul principio di ogni pellicola vi è impresso il bollo a secco della Ditta”. Più chiaro di così…(il marchio in questione potete vederlo nel post Alberini e Santoni di questo sito). Inoltre, sempre dal bollettino, e nel caso che la copia del film si trovasse in qualche archivio fuori dall’Italia: “A richiesta dei nostri clienti possiamo eseguire i titoli delle pellicole in qualsiasi lingua”. Questo significa che tutte le copie del film, anche all’estero, dovrebbero aver conservato marchio di fabbrica, bollo a secco, ecc.
Vediamo adesso l’indice dei quadri: 1. Il parlamentare Generale Carchidio a Ponte Milvio; 2. Dal Generale Kanzler – Niente resa!; 3. Al campo dei bersaglieri – All’armi!; 4. L’ultima cannonata; 5. La breccia a Porta Pia – All’assalto!; 6. Bandiera bianca; 7 Apoteosi.
Sotto questo indice, leggiamo la nota sulla realizzazione del film: “Per eseguire questa importante cinematografia si è fatto tesoro dei più minuti particolari storici, desumendoli dai giornali e dalle cronache del tempo. Gli scenari sono stati riprodotti dal Prof. Augusto Cicognini su fotografie eseguite dal Tuminello il 21 Settembre 1870, ed altri dal vero. Il Ministero della Guerra ha gentilmente concorso a questa cinematografia accordando soldati, cavalleggeri, artiglierie, uniformi ed armi. Nulla insomma è stato trascurato perché questa ricostruzione storica riuscisse degna del patriottico soggetto e del nostro stabilimento.”
Le fotografie di Ludovico Tuminello (1824-1907), riproducenti la breccia di Porta Pia, e tutto il materiale del suo studio fotografico, compresi i negativi su vetro e su carta, furono messi all’asta pubblica nel 1903, quindi in parte dispersi. Alcuni negativi su carta, depositati al Gabinetto Fotografico Nazionale, dovrebbero essere alla Fototeca Nazionale. Altro materiale da considerare per una ricostruzione sono i bozzetti di Augusto Cicognini, nel caso, come sempre, di ritrovarli.
E le foto di scena? Che ne esista almeno una non c’è dubbio, è riprodotta sulla prima pagina del bollettino e riproduce la scena corrispondente al quadro n. 4: L’ultima cannonata. Ci risulta che per altri film, come Il terremoto in Calabria (settembre 1905), le riproduzioni fotografiche delle scene più importanti e suggestive facevano parte della pubblicità: “Per comodità di réclame per i Signori Clienti abbiamo fatto eseguire una artistica riproduzione a colori di m. 1,16 x 0,81 al prezzo di L. 0,40 la copia”.
Che fine hanno fatto tutte le copie in nitrato di La presa di Roma? Le copie del film erano ancora in vendita nel 1912, col titolo Bandiera bianca.
L’ultima pista potrebbe essere in 20 anni di arte muta – Cinemateca della produzione filmistica italiana dal 1908 al 1928, un medio metraggio ideato dal Conte Franco Mazzotti Biancinelli, realizzato da Emilio Scarpa, presentato alla Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia nel 1939. Non so molto sull’attività cinematografica del conte Mazzotti Biancinelli, disperso in un incidente aereo il 14 novembre 1942, e molto poco su Emilio Scarpa, che morì nel campo di concentramento di Mauthausen nel maggio 1945.
Non ho trovato nessuna copia di 20 anni d’arte muta, e quindi non so se il frammento è lo stesso frammento apparso nel quarto numero della rivista Luce, diretta da Corrado D’Errico nel 1935, che è da dove provengono i frammenti dell’attuale versione di La presa di Roma. Il sospetto che non sia lo stesso frammento si basa in un paio di testimonianze (Henry Langlois e Fausto Montesanti), ma sopratutto in una frase pubblicata nel libro-brochure del film 20 anni d’arte muta: “La presa di Roma, film che abbiamo potuto, grazie a pazienti ricerche ritrovare ed inserire”. Cosa significa? Hanno trovato una copia originale del film? E se Emilio Scarpa, nato nel 1895, fosse parente dell’esercente veneto con lo stesso cognome? L’ultima pista su questo pioniere è del 1921, non so altro, per il momento.
Per finire, ripropongo la prova che la scena finale non è un’immagine fissa (lo avevo già fatto mesi fa nella home page del sito). Da notare che a destra compaiono le perforazioni della pellicola. Il fotogramma è pubblicato nel numero dedicato al cinema della rivista Prospettive, diretta da Curzio Malaparte, data di pubblicazione 1937.
Qualche anno dopo, nel 1942, lo storico Roberto Paolella ci propone una scena che per il momento non possiamo vedere: “In esso (nella Presa di Roma) è ammirevole la rapidità con cui Cadorna, sospinto dal ritmo vertiginoso delle riprese, va incontro al Re che gli porge calorosamente la mano; quei pochi metri di pellicola sono un capolavoro di bontà e simpatia umana. Ricordo che una volta la pellicola si strappò proprio in quel punto, e il Re rimase a lungo con la mano in quella di Cadorna, suscitando applausi a non finire. Surrealismo avanti lettera, si direbbe.” E così, ecco un altra testimonianza che l’Apoteosi non è un quadro fisso…
Detto tutto questo, e per quel che mi riguarda, questa è una ricerca in corso. Sono sicura che il film verrà finalmente ritrovato.