Il debutto di Nino Martoglio

Una scena de Il Romanzo, Cines 1913, messa in scena di Nino Martoglio

In realtà, il titolo di questo post dovrebbe essere: il debutto di Nino Martoglio come regista cinematografico, perché il nostro, nato a Catania il 3 dicembre 1870, aveva già debuttato nel mondo dello spettacolo nel 1903, come direttore e organizzatore della Grande Compagnia Drammatica Siciliana.

Non sappiamo bene quando e perché Martoglio decide di abbandonare il palcoscenico per i teatri di posa, ma possiamo supporre che l’invito arrivò dall’allora direttore generale della Cines, barone Alberto Fassini. Per la Cines, Martoglio scrisse qualche soggetto e diresse un solo film: Il romanzo, uscito nelle sale italiane in piena estate del 1913. Ecco la descrizione del soggetto:

« Giorgio Villadoro e Paolo Farneti sono stati compagni di collegio, poi si sono persi di vista. Anni dopo, Giorgio è un celebre romanziere, mentre Paolo, pur egli scrittore, non s’è affermato.
Oltre ad invidiare l’amico per i meriti letterari, Paolo odia Giorgio perché Armanda, la donna che ama, gli ha preferito l’altro. Paolo ardisce nei confronti della coppia, di cui si finge sempre amico, una serie di macchinazioni che coinvolgono anche il fratello di Armanda, ma quando tutto sembra accanirsi contro i tre incolpevoli, la giustizia punitrice svela gli intrighi di Paolo, il quale andrà incontro a un esemplare castigo. »
(dalla pubblicità Cines, in La Vita Cinematografica, Torino, n. 14, 31 luglio 1913)

Oltre questa descrizione, pubblicata nel volume di Aldo Bernardini e Vittorio Martinelli, Il Cinema Muto Italiano1913 – I film degli anni d’oro, Centro Sperimentale di Cinematografia – Nuova Eri Edizioni Rai 1993, nella scheda del film non appare il nome di Martoglio come autore del soggetto, e la solita mancanza di fonti restituisce una sola recensione, riprodotta in parte nel citato volume. Eccola per intero:

Si sta facendo qualche passo avanti in linea soggetti, e certo si è, che, se si avesse un po’ di cura si riuscirebbe nell’intento. Il Romanzo infatti, non è un lavoro disprezzabile, ma certamente sarebbe piaciuto di più se si fosse stati più larghi nel tratteggiare le scene, e soprattutto nel non troncarle fuori posto. Troviamo invece in certi punti l’assoluta mancanza di scene di collegamento con il soggetto ed è ciò che più è da rimproverarsi.
La direzione artistica di questo lavoro è stata affidata al valoroso Nino Martoglio che pare non si trovi troppo a disagio nella nuova arte prescelta, ma si intravvede che ancora non ha acquistato quella pratica necessaria occorrente a un direttore di scena, però siamo certi che in altri lavori potremo ritrovare nell’egregio direttore le scelte doti che egli possiede. Come interpretazione possiamo dire con coscienza che è stata quasi da parte di tutti accurata.
La Menichelli nella parte di Armanda Varalli ci ha dimostrato la sua buona volontà di far bene, ed in questo lavoro vi è in massima parte riuscita. La parte di Maria è stata sostenuta dalla signora Galloni (sic Gallone) la quale ha interpretato il personaggio con saggio criterio e con vera espressione di vita.
Giorgio Villadoro, signor Sersale, buon’artista, buona figura ha trasformato se stesso nel personaggio cui ha dato anima e sentimento.
Paolo Farneti impersonato dal nostro simpatico Mastripietri, è stata una nuova indovinatissima incarnazione dell’odioso personaggio.
La parte dell’ing. Varaldi fu sostenuta con non troppa efficacia dal Galloni (sic Gallone) che in questo lavoro non esplica certo le sue migliori qualità artistiche.
Il Renzo ebbe il D’Accurso come proprio interprete e si può dire che nella breve parte egli abbia fatto ciò che più poteva per dar risalto al suo personaggio.
Buona e nitida la riuscita fotografica ed accurata la messa in scena.
(G. Guerzoni in La Cine-Fono e la Rivista Fono-Cinematografico, Napoli, 20 agosto 1913)

Come il mitico Sperduti nel buio, il film più famoso e ricordato di Nino Martoglio, anche questo, pare, risulta scomparso.

Cerchiamo, quindi, di sapere qualcosa in più per riuscire a ritrovarlo.

Nel Bollettino della società Louis Aubert, concessionario per la Francia dei film della Cines, Nordisk, Hepworth, Solax, Rex, Méliès e Sascha Films, pubblicato come inserto nel numero della rivista Ciné-Journal del 19 agosto 1913, troviamo un descrizione più accurata del soggetto:

Georges Vildo, le romancier bien connu est fiancé à Jeanne soeur de l’ingénieur Raldi. Il a l’intention de donner leurs noms aux personnages d’un de ses romans. Paul Farnet, ami de Georges suit aussi la carrière littéraire, mais n’ayant pas réussi il est devenu jaloux des succès de son camarade, de plus, il aime Jeanne, et cela constitue une rivalité entre eux.
L’ingenieur Raldi, ayant terminé la construction d’un pont, va passer quelques jours chez Georges. Excursions, goûters se succèdent dans la magnifique propriété du romancier, lorsque Randi reçoit un télégramme:
“Pont écroulé accidentellement, les autorités te recherchent, tiens-toi sur tes gardes. Jean…”
Désespéré devant l’écroulement de toutes ses espérances Raldi s’enfuit sans que Georges réussisse à l’empêcher.
Alors que le romancier se souvient que quelques jours auparavant, recevant chez lui Paul Farnet il lui a fait lire quelques passages de son nouveau roman. Un passage surtout:
“… et il envoya ce qui suit, écrit d’une main sure: “Sache que j’aurai ta soeur que j’adore, meme au prix de ma vie, meme au prix d’un crime! Georges” avait paru intéresser Paul plus particulièrement; mais George sourit, pourquoi penser à cela?
Peu après George disparaît, la justice le recherche, les indices accusent l’ingénieur Raldi. Pendant que la police s’égare sur des fausses pistes, Georges blessé et soigné par Marie, étrange jeune fille qui connait dit-on les herbes médicinales. Grâce aux soins éclairés de Marie, George se remet bientôt, mais il ne se souvient plus de celui qui l’a blessé. Il veut pourtant se venger et, faisant à sa garde de ne pas révéler sa présence, et même de laisser croire à sa mort, il commence ses recherches.
Il ne tarde pas à découvrir que son agresseur n’est autre que Paul Farnet, il réussit même à faire lever l’accusation qui pèse sur son beau-frère.
Jeanne restée seule st inconsolable, mais une lettre vient lui rendre l’espoir:
“Jeanne!
Je suis libre. J’espère que même l’horrible soupçon qui pèse sur moi pour la mort du pauvre Georges sera écarté. Ton frère.”
Bientôt réunis, les trois jeunes gens oublient dans leur mutuelle affection l’horrible catastrophe qui les sépara un instant.
Paul Farnet reçut le châtiment que méritait son crime et le monde littéraire, fêta par un banquet la réapparition de son auteur préféré, Georges Vildo.

Niente male, direi.

Vediamo adesso come pubblicizzano il film gli americani, maestri nell’arte della réclame:

A genuinely engaging subject, unusual in conception and distinctly original in production. A charming story in which love, adventure, and daring play large parts. George Townley, a rising young novelist, is thrown into the river after being shot by a jealous and unsuccessful author, who steals the script of George’s new book. Miss Vincent’s brother, Frank, hears that a new bridge which he has just erected has collapsed, killing several people. Fearing trouble, Frank is about to flee the country, when he is arrested for the murder of George.
How George was rescued from the river by peasants; the love of the peasant girl; how Gladys Vincent, at the point of self-inflicted death, was saved by a heroic and daring act on the part of the peasant girl; how the would-be murderer-novelist was caught by a chance line from the book he had stolen, while a guest at a dinner in his honor, all combines to make a tale much out of the ordinary.
The famous Cines Company never used better judgment in the selection of beautiful exteriors.
The watcher is charmed with a succession of quaint and dainty vistas — and those remarkable feats of daring for which the house of Cines has ever been noted are much in evidence in “The Wheels of Justice.” The above cut of the falling bridge fails to do this remarkable scene justice. Two men are seen to hurtle over the bridge into the waters beneath, a thrilling “touch” that stirs the sluggish blood and makes you wonder “how they did it.”
Better book it. And remember the date is Tuesday, October 21. Released through General Film Company.
One, three and six sheets with all Kleine subjects.
(The Moving Picture World, October 11, 1913)

A Daring Bit of Work
In order to “land” a crucial situation in the Kleine-Cines release of October 14 “The Wheels of Justice,” a structural iron bridge was built by the Cines Company over a ravine about seventy-five-feet wide, and was destroyed in one of the most daring scenes ever made by that company. A car is run over the bridge, the structure collapses, dropping severals persons and the car to the bottom of the ravine, creating a scene that will cause many a thrill when is projected.
(Motography, September 20, 1913)

Kleine-Cines Subject is a Photographic Gem
‘The Wheels of Justice.” The Kleine-Cines release for Tuesday, October 21, offers many unusual and some original and striking features not often seen in two reel subjects.
The plot itself is out of the ordinary.
From such an unusual start the story swings into the heart of Italy. The famous Cines Company never used better judgment in the selection of beautiful exteriors. The watcher is charmed with a succession of quaint and dainty vistas. Also. the picture is remarkable for a feat of daring that will call forth much applause. The above cut of the falling bridge fails to do justice to this extraordinary scene, for in the moving picture, two men are seen to hurtle over the bridge, with the entire structure falling after them.
Incidentally, the men are not “prop” dummies and the feat is one of genuine daring well calculated to stir the sluggish blood and make you wonder how they did it.
(The Moving Picture World, October 11, 1913)

“THE WHEELS OF JUSTICE” (Cines, October). —A picture that might have been taken from some elaborately planned novel. The plot is complicated, yet after the first few scenes, the story is clear and it holds tlie interest. One is not carried away by anything that happens, even bv the wrecking of the bridge which is very realistic, exce’U in the attitude of the players who stood near by. So in the story, while it absorbs the mind waiting for the outcome of the tangle, there is very often a part that isn’t
believed. The backgrounds add to the value of the whole and there is much artistic qualily in the arrangement and management of the scenes.
On the whole, it is a good offering.
(The Moving Picture World, November 1, 1913)

Come dicevo all’inizio del post, non sappiamo molto dell’arrivo di Martoglio nella squadra di Alberto Fassini alla Cines ma, grazie al ritrovamento di una lettera di Fassini a Martoglio, possiamo sapere come e quando questo rapporto finì.

Lettera di Alberto Fassini dalla sede berlinese della Cines

Berlino 11 Agosto 913.
Caro Martoglio, Ho la sua con la quale insiste nelle dimissioni. La ragione che lei addice sono di tal natura che non mi è dato discuterle.
Mi resta dunque col rammarico di distaccarmi da lei, il conforto di aver tutto fatto per soddisfare le sue aspirazioni e conservarla alla famiglia artistica della Cines. Se metterà in esecuzione quel che mi ha detto e cioè che intende produrre per conto suo, si ricordi che alla Cines — per quanto non sia abituale — la buona produzione Cinematografica sarà ben accettata.
Accetti, caro Martoglio, gli auguri di fortuna degni del suo ingegno e mi creda
aff. Alberto Fassini

Ringraziamenti e fonti: per la recensione del film Museo Nazionale del Cinema – Collezione Riviste e Monografie del Cinema Muto Italiano; per le riviste Ciné-Journal, The Moving Picture World e Motography, il sito Media History Digital Library; per la lettera di Alberto Fassini, Luciano Michetti-Ricci.

Sole di Alessandro Blasetti a Milano

Sole di Alessandro Blasetti 1929

Milano, Novembre 1929
Sole, di Blasetti, dopo i sereni quanto entusiastici commenti dovuti alla stampa politica e tecnica e le lodi incondizionate dei cinematografasti d’ogni luogo; dopo il lieto battessimo di folla, avuto dinanzi al pubblico romano, auspicio gioioso per viaggio attraverso le platee del mondo, che il film si appresta a fare, giunge a noi. 
E con Sole abbiamo di fronte uno fra i più tipici, strani e forti lavori della produzione europea odierna. 
Plaudo quindi agli artefici — i giovani — e, sicuro, dò il mio benestare. Ma non mi fermo qui — voglio dire su ciò che la stampa, in parte, ha trascurato commentando il film, il primo, si noti bene, della rinascita italiana. 
E cioè, che Alessandro Blasetti ha dimostrato di saper interpretare il giusto valore della cinematografia, valutandola ed usandone per gli scopi più severi; e ha compreso prima d’ogni altro produttore italiano quale efficace e stupendo strumento di propaganda sia chiuso in essa. Ha dato, così, l’esempio ai nostri. Sole, attraverso lo svolgimento, che può essere anche discusso ma che pure raccoglie elementi  d’interesse, compie una missione, rileva netti i suoi scopi, raggiunge pienamente gli intenti. 
L’arte che schiude ha quel colore pittoresco e tragico che va dall’irruente violenza di tono al pacato gioco dei sentimenti. Dice della palude nefanda, la malsana plaga che inquina lembi di nostra terra. Ed il malanno della terra unisce la grama odissea degli uomini che l’abitano. Passioni, odii torbidi stanno accanto a miserie, malattie e febbri. 
Poi il sole che irrora la vita sana, uomini che, temprati in volontà nuova, vengono redenti; e la terra, prima malata e perciò, che darà pane, benessere. Questa è la base! 
Sole, oggi, 11 Novembre, in rappresentazione di gala ad inviti, ha avuto la sua « prima » milanese. Da giovedì il publico sarà chiamato alle visioni pubbliche ed io vorrei che tutti i giovani che hanno auspicato la rinascita assistessero alle proiezioni e prendessero cognizione della fatica immane sostenuta, e spronassero a nuove lotte, a nuove vittorie. Ubaldo Magnaghi

Vent’anni fa intrapresi la ricerca su questo film considerato “perduto” in vista del centenario del regista, nato a Roma 3 luglio 1900. Come sicuramente sapete, di Sole è sopravvissuto soltanto un frammento, pochi minuti della prima parte, conservato nell’archivio della Cineteca Nazionale di Roma.

Si era sempre detto che l’unica copia nitrato scomparì, insieme a molte altre, dalla Cineteca del Centro Sperimentale di Cinematografia nel 1943. Alcune fonti invece affermavano che il film fosse stato post-sonorizzato e riportato nelle sale dopo il 1930, aprendo le porte alle possibilità di ritrovare altre copie ma bisogna ricordare che Blasetti ha sempre smentito una post-sincronizzazione: « Sole è stato accompagnato da un commento musicale suo proprio, composto dal maestro De Risi, che aveva fatto questa operazione per un altro film, su ordinazione americana: The Big Parade di King Vidor, che aveva appunto una sua musica, eseguita dall’orchestra. In seguito a questo modello, quando fu fatto Sole, per affetto verso di me il M.o De Risi compose un commento musicale, con cui è stato accompagnato il film in tutti i principali i cinematografi » (1).

In occasione del III Agrifilmfestival di Orbetello (11-15 settembre 1985), e del Seminario Autoritratto rurale del fascismo, curato da Gian Piero Brunetta, viene pubblicata la sceneggiatura, conservata allora nell’archivio della figlia del regista Mara Blasetti, a cura di Adriano Aprà e Riccardo Redi. Nel saggio Sole film della rinascita, Riccardo Redi scrive: « Senza distribuzione, il messaggio innovativo di Sole restava lettera morta. Si cercarono alleanze, si fecero tentativi. Il 29 agosto la ADIA e la SACIA (che pure avevano problemi minori) si unirono all’Augustus e alla Suprema Film in un Consorzio Italiano Produttori, rimasto tuttavia sulla carta: non se ne trova traccia neppure nei documenti ufficiali, Cancelleria commerciale del Tribunale e Bollettino delle Società Azionarie. Solo in ottobre Sole esce in versione normale al Cinema Moderno di Roma: ma non si trovano tracce di altre uscite ».

Dal novembre 1973 al corrispondente periodo del 1974, Francesco Savio incontrò davanti al magnetofono 116 personaggi che avevano lavorato nel cinema italiano degli anni trenta-quaranta. Nell’intervista a Blasetti, a proposito di Sole, il regista ricorda ancora una volta il commento musicale del maestro De Risi, che accompagnò il film « in tutte le proiezioni, anche a Torino, a Milano e dappertutto », aggiungendo poi che « malgrado il successo, sono arrivato direttamente alla liquidazione della società. Il negativo fu venduto per due lire, la società fu messa assolutamente a terra ».

Questi, più o meno, erano i preliminari quando incontrai Mara Blasetti, o meglio, quando Mara Blasetti incontrò me, vent’anni fa. È stata una bella avventura e ringrazio ancora oggi Mara per la sua generosità e amicizia. Come direbbe Francesca Bertini: il resto non conta.

Dalle mie ricerche e dalla consultazione dell’archivio personale di Blasetti, le copie stampate del film dovevano essere almeno tre.

Il ritrovamento all’inizio del 2009 del “dietro le quinte” di Sole nei magazzini di un non meglio precisato “laboratorio di sviluppo stampa” a Roma (« un paio di scatole con alcune decine di rullini di pellicola positiva infiammabile in buone condizioni » Alfredo Baldi 10 novembre 2009), riaccese i fuochi e la curiosità intorno a Sole, dopo la presentazione al pubblico nel corso del festival del Cinema Ritrovato 2009.

Dal 2009 ad oggi non ho smesso di farmi le stesse domande: Chi e quando aveva depositato, e poi, a quanto pare, dimenticato il paio di scatole nel non meglio precisato laboratorio di sviluppo stampa? Come mai le scatole sono state scoperte “in un angolo buio di una cantina” e consegnate alla Cineteca Nazionale? Rapporti di amicizia?

In molte riprese del “dietro le quinte” appare un giovanissimo Goffredo Alessandrini: « Alessandrini fu mio collaboratore a cominciare da Sole, era figlio di un miliardario egiziano, aveva un’automobile, era amico della Magnani, che era una ragazza giovanissima, meravigliosa. Metteva a nostra disposizione l’automobile, perché avevamo molta buona volontà, ma in quanto a mezzi… delle volte durante la lavorazione di Sole siamo andati avanti con una cotoletta in tutta la giornata e mezzo chilo di pane, siamo andati avanti lavorando in palude così, ma eravamo tutti lieti, felici, eravamo tutti operai, trasportavamo i capelli sulla palude, io entravo nell’acqua per trasportare le barche, fare i carrelli acquatici, con gli stivali di gomma fino a mezza coscia…» (2).

Tanto per aggiungere qualche curiosità in più intorno alle “immagini perdute di Alessandro Blasetti”, Mara si ricordava che il padre aveva girato un piccolo film dove Anna Magnani, insieme ad un attore del quale ho dimenticato il nome, cantava stornelli.

Buona caccia! Io non ho mai smesso di cercare, come dimostra il fotogramma di Sole che illustra questo post “ritrovato” pochi anni fa.

1 e 2 Intervista con Alessandro Blasetti di Sergio Grmek Germani; Materiali sul Cinema Italiano 1929/1943, Undicesima Mostra Internazionale del Nuovo Cinema, Pesaro 14/21 Settembre 1975.

Il Primo Stabilimento Italiano di manifattura cinematografica

Alberini e Santoni

Dopo una pausa di riflessione (non di vacanze), riprendiamo il racconto dell’avventurosa storia del cinema italiano lì dove avevamo cominciato nel lontano 2008, e cioè in un ancora più lontano 1904 quando « Un nucleo di volenterosi, formato da quattro persone, fra le quali un tecnico, tecnico per quanto lo si poteva essere circa vent’anni indietro, acquistarono un pezzo di terra fuori porta San Giovanni e su quello iniziarono la costruzione del piccolo teatro a vetri, tuttora esistente, ma oggi adibito ad usi di laboratorio », come racconta Romolo Bacchini.

Romolo Bacchini e non Filoteo Alberini, chiaro?

Due di questi volenterosi erano Filoteo Alberini (il tecnico) e Dante Santoni (imprenditore e amico del primo). Chi erano gli altri due…?

A presto.

Primo stabilimento dei manifattura cinematografica