Prime visioni Roma: Sole

Sole di Alessandro Blasetti 1929

(Augustus – al Cinema Moderno e Corso)

Roma, novembre 1929
L’Ente Nazionale per la Cinematografia non poteva iniziare meglio ia presentazione delle sue esclusività: realizzato in Italia da italiani, «Sole» ha dimostrato chiaramente che da noi si può fare del buon cinematografo, anche senza quella tale larghezza di mezzi, ritenuta finora indispensabile alla creazione di opere memorabili e significative.
Già molto s’è parlato di questo lavoro e per non correre il rischio di ripetere cose già dette, mi limiterò ad esporre la mia opinione personale: francamente «Sole», oltre che piacermi, mi ha meravigliato; mi sono tornate alla memoria alcune parole di un molto criticato discorso di Bontempelli: («….la rinascita non può esser compiuta che dai nullatenenti, dagli incompetenti…») e mai come adesso le ho trovate giuste e vere.

Se questo gruppo di giovani dell’«Augustus» si fosse presentato ad una delle poche case italiane manifestando la sua intenzione di lavorare, sarebbe stato respinto come tanti altri che, ingenuamente, mandano fotografie e copioni: invece solo nella sua passione ha trovato incoraggiamento, aiuto, ispirazione.

Fin dalle prime scene il film afferra e interessa: l’obiettivo osserva e studia i volti rudi ed espressivi degli uomini della palude, li cerca nelle loro bettole, nelle loro case, ritrae del loro animo gli impulsi buoni o cattivi.

Da tutti, indistintamente, coloro che prendono parte all’azione, Alessandro Blasetti ha ottenuto il massimo rendimento, così che mai come qui abbiamo visto degli attori nuovi lavorare in modo così perfetto.

Se si accettuano Vasco Creti e Marcello Spada, interpreti ottimi di due importanti ruoli, tutti gli altri hanno debuttato in questo film; eccone i nomi: Dria Paola, Anna Vinci, Lia Bosco, Vittorio Vaser, Rolando Costantino, Armando Baldaccini, Sante Bonaldo, Rinaldo Rinaldi; quest’ultimo ha curato lodevolmente il «maquillage» degli artisti.

Il soggetto è di Aldo Vergano, la scenografia di Gastone Medin, del quale abbiamo ammirato dei caratteristici interni e dei riusciti «esterni in studio».

Bellissima la fotografia di Giuseppe Caracciolo.

Con la consueta competenza, i Maestri De Risi e Steccanella hanno preparato un suggestivo commento musicale e vocale.

La grande folla accorsa i primi giorni fa prevedere molte repliche.

Alberto Albertazzi

Viale del tramonto

Il cantante di Jazz film parlante al Vitaphone

Roma, novembre 1917. Siamo appena arrivati qui, dal Veneto, sospinti dall’onda portante di quella che il poeta E. A. Mario definirà, nella prossima stesura della sua canzone più celebre, « l’onta consumata a Caporetto ». Roma ci ha accolti con abbacchio, pane senza tessera e tutte le luci accese. Io frequento la quarta classe elementare in via degli incurabili, per tornare a casa, attraverso il Corso, da San Carlo a San Lorenzo in Lucina, dove il Cinema Corso ha aperto da poco la sua lussuosissima sala al pubblico.
L’arteria papale-umbertina del centro non ha perduto ancora il suo carattere di salotto buono della Capitale, l’omnibus a cavalli traballa da Piazza Venezia al Pincio, alle automobili si alternano botticelle e carrozze padronali, specie verso l’imbrunire, quando davanti ad Aragno e a Ronzi e Singer, gli ultimi “generoni”, i deputati, gli ufficiali addetti al Ministero e gli uomini di mondo assistono al passeggio sfogliando Il Giornale d’Italia. È a quell’ora che transito anch’io, occupandomi soprattutto delle vetrine e dei giornaletti appesi al chiosco sull’angolo di via San Silvestro. A un tratto (è quasi notte) la folla sui marciapiedi si fa attenta, i clienti d’Aragno s’alzano in piedi dietro ai tavoli su cui fumigano barbugliate e caffè-cuccuma: al trotto di due morelli, cocchiere e groom a casetta, passa un landau aperto, sui cuscini rosa, accanto a una vecchia gentildonna (il madro, in linguaggio dell’epoca) una fulgida visione, pelliccia d’ermellino, calottina coperta di fili d’uccello del paradiso, capelli biondi, labbro sdegnosetto sul pallore etereo delle gote. « La Borelli! Lyda Borelli! » mormora la folla, riverente ed ammirata, e solo quando il landau è scomparso oltre palazzo Chigi, civili e militari riprendono il loro posto ai tavoli di ghisa e marmo.
Massimo Alberini 

Le guerre mondiali hanno avuto una parte molto importante nella storia del cinema italiano. Fu durante la prima che si svilupparono i germi del divismo e degli altri mali che provocarono il crollo della nostra industria molto prima che terminasse il periodo del “muto”. Dobbiamo invece alla seconda guerra la fine precipitosa dei film “che parlano al vostro cuore”. In entrambi i casi la crisi fu fatale agli attori. Infatti alla ripresa dei lavori di dovette constatare la totale scomparsa di quelli che erano stati i beniamini del pubblico e la loro sostituzione con elementi assolutamente nuovi. Come maturò questo fenomeno e che conseguenze ebbe sulla vita delle vittime?

Ritorniamo al 1918, epoca d’oro per i “tragici del silenzio”. Una settantina di case di produzione allestiscono una media di 450 film immediatamente assorbiti dal mercato. Il divismo è alla portata di tutte le borse: basta seguire la ricetta-decalogo di Giuseppe Adani:

1) Crearsi dei precedenti fatali; possibilmente un suicidio sulla coscienza. 2) Fare un debito con le principali sartorie del regno e trovare l’avalante. 3) Amare un poeta indiano sconosciuto. (Non è necessario amare il poeta, bastano le sue opere). 4) Portare spesso sottobraccio Shakespeare in inglese o Tolstoi in russo. 5) Far spargere molte voci sul proprio conto e molti manifesti col proprio nome. 6) Fra tutte queste voci dar credito alla più grave e alla più stramba. 7) Interessarsi alla singolare vita intima degli insetti. 8) Soffrire d’insonnia e adorare la morfina. 9) Rinnegare i parenti poveri e procurarsi degli antenati di buona famiglia. 10) Parlare sempre d’arte senza capirne mai.

Con un vademecum di questo genere il numero delle “insuperabili artiste” aumenta paurosamente. Aziende bene avviate crollano e comincia la danza delle cambiali. Nessuno ha il tempo di occuparsi dell’industria americana che offre i suoi film sottocosto impegnandosi a pagare anche le spese di trasporto e di dogana. La crisi galoppa, ma qualche produttore cerca di mettersi al passo e, annunciando una “cinematografia d’eccezione”, promette: sottomarini, piroscafi, aeroplani, treni, castelli, giardini, salotti, montagne, ghiacciai, artiste bellissime e artisti magnifici, masse imponenti e situazioni drammaticissime, interesse continuo e crescente, comicità, sentimento, novità.

È la fine. Le divine sentono odore di bruciato: molte emigrano, altre si sposano divenendo, per lo più, contesse. Anche i divi vanno all’estero o passano alla regia. Li ritroviamo nei film importati dalla Francia, dalla Germania e dall’America. Intanto Pittaluga presenta al Supercinema il primo film sonoro e Luigi Pirandello esclama: « Orrore, orrore: hanno ucciso il silenzio ». Sarà poi lui a fornire il soggetto per il primo film parlato italiano. Ma gli spettatori cercano invano fra i protagonisti parlanti i nomi e i volti dei tragici del silenzio. Che cosa era successo?

Abbandonati gli sparati candidi, i vasetti di nerofumo e i serpenti di piume, ognuno di loro aveva dovuto seguire un destino.

(immagine e testo archivio in penombra, segue)

Sole di Alessandro Blasetti a Milano

Sole di Alessandro Blasetti 1929

Milano, Novembre 1929
Sole, di Blasetti, dopo i sereni quanto entusiastici commenti dovuti alla stampa politica e tecnica e le lodi incondizionate dei cinematografasti d’ogni luogo; dopo il lieto battessimo di folla, avuto dinanzi al pubblico romano, auspicio gioioso per viaggio attraverso le platee del mondo, che il film si appresta a fare, giunge a noi. 
E con Sole abbiamo di fronte uno fra i più tipici, strani e forti lavori della produzione europea odierna. 
Plaudo quindi agli artefici — i giovani — e, sicuro, dò il mio benestare. Ma non mi fermo qui — voglio dire su ciò che la stampa, in parte, ha trascurato commentando il film, il primo, si noti bene, della rinascita italiana. 
E cioè, che Alessandro Blasetti ha dimostrato di saper interpretare il giusto valore della cinematografia, valutandola ed usandone per gli scopi più severi; e ha compreso prima d’ogni altro produttore italiano quale efficace e stupendo strumento di propaganda sia chiuso in essa. Ha dato, così, l’esempio ai nostri. Sole, attraverso lo svolgimento, che può essere anche discusso ma che pure raccoglie elementi  d’interesse, compie una missione, rileva netti i suoi scopi, raggiunge pienamente gli intenti. 
L’arte che schiude ha quel colore pittoresco e tragico che va dall’irruente violenza di tono al pacato gioco dei sentimenti. Dice della palude nefanda, la malsana plaga che inquina lembi di nostra terra. Ed il malanno della terra unisce la grama odissea degli uomini che l’abitano. Passioni, odii torbidi stanno accanto a miserie, malattie e febbri. 
Poi il sole che irrora la vita sana, uomini che, temprati in volontà nuova, vengono redenti; e la terra, prima malata e perciò, che darà pane, benessere. Questa è la base! 
Sole, oggi, 11 Novembre, in rappresentazione di gala ad inviti, ha avuto la sua « prima » milanese. Da giovedì il publico sarà chiamato alle visioni pubbliche ed io vorrei che tutti i giovani che hanno auspicato la rinascita assistessero alle proiezioni e prendessero cognizione della fatica immane sostenuta, e spronassero a nuove lotte, a nuove vittorie. Ubaldo Magnaghi

Vent’anni fa intrapresi la ricerca su questo film considerato “perduto” in vista del centenario del regista, nato a Roma 3 luglio 1900. Come sicuramente sapete, di Sole è sopravvissuto soltanto un frammento, pochi minuti della prima parte, conservato nell’archivio della Cineteca Nazionale di Roma.

Si era sempre detto che l’unica copia nitrato scomparì, insieme a molte altre, dalla Cineteca del Centro Sperimentale di Cinematografia nel 1943. Alcune fonti invece affermavano che il film fosse stato post-sonorizzato e riportato nelle sale dopo il 1930, aprendo le porte alle possibilità di ritrovare altre copie ma bisogna ricordare che Blasetti ha sempre smentito una post-sincronizzazione: « Sole è stato accompagnato da un commento musicale suo proprio, composto dal maestro De Risi, che aveva fatto questa operazione per un altro film, su ordinazione americana: The Big Parade di King Vidor, che aveva appunto una sua musica, eseguita dall’orchestra. In seguito a questo modello, quando fu fatto Sole, per affetto verso di me il M.o De Risi compose un commento musicale, con cui è stato accompagnato il film in tutti i principali i cinematografi » (1).

In occasione del III Agrifilmfestival di Orbetello (11-15 settembre 1985), e del Seminario Autoritratto rurale del fascismo, curato da Gian Piero Brunetta, viene pubblicata la sceneggiatura, conservata allora nell’archivio della figlia del regista Mara Blasetti, a cura di Adriano Aprà e Riccardo Redi. Nel saggio Sole film della rinascita, Riccardo Redi scrive: « Senza distribuzione, il messaggio innovativo di Sole restava lettera morta. Si cercarono alleanze, si fecero tentativi. Il 29 agosto la ADIA e la SACIA (che pure avevano problemi minori) si unirono all’Augustus e alla Suprema Film in un Consorzio Italiano Produttori, rimasto tuttavia sulla carta: non se ne trova traccia neppure nei documenti ufficiali, Cancelleria commerciale del Tribunale e Bollettino delle Società Azionarie. Solo in ottobre Sole esce in versione normale al Cinema Moderno di Roma: ma non si trovano tracce di altre uscite ».

Dal novembre 1973 al corrispondente periodo del 1974, Francesco Savio incontrò davanti al magnetofono 116 personaggi che avevano lavorato nel cinema italiano degli anni trenta-quaranta. Nell’intervista a Blasetti, a proposito di Sole, il regista ricorda ancora una volta il commento musicale del maestro De Risi, che accompagnò il film « in tutte le proiezioni, anche a Torino, a Milano e dappertutto », aggiungendo poi che « malgrado il successo, sono arrivato direttamente alla liquidazione della società. Il negativo fu venduto per due lire, la società fu messa assolutamente a terra ».

Questi, più o meno, erano i preliminari quando incontrai Mara Blasetti, o meglio, quando Mara Blasetti incontrò me, vent’anni fa. È stata una bella avventura e ringrazio ancora oggi Mara per la sua generosità e amicizia. Come direbbe Francesca Bertini: il resto non conta.

Dalle mie ricerche e dalla consultazione dell’archivio personale di Blasetti, le copie stampate del film dovevano essere almeno tre.

Il ritrovamento all’inizio del 2009 del “dietro le quinte” di Sole nei magazzini di un non meglio precisato “laboratorio di sviluppo stampa” a Roma (« un paio di scatole con alcune decine di rullini di pellicola positiva infiammabile in buone condizioni » Alfredo Baldi 10 novembre 2009), riaccese i fuochi e la curiosità intorno a Sole, dopo la presentazione al pubblico nel corso del festival del Cinema Ritrovato 2009.

Dal 2009 ad oggi non ho smesso di farmi le stesse domande: Chi e quando aveva depositato, e poi, a quanto pare, dimenticato il paio di scatole nel non meglio precisato laboratorio di sviluppo stampa? Come mai le scatole sono state scoperte “in un angolo buio di una cantina” e consegnate alla Cineteca Nazionale? Rapporti di amicizia?

In molte riprese del “dietro le quinte” appare un giovanissimo Goffredo Alessandrini: « Alessandrini fu mio collaboratore a cominciare da Sole, era figlio di un miliardario egiziano, aveva un’automobile, era amico della Magnani, che era una ragazza giovanissima, meravigliosa. Metteva a nostra disposizione l’automobile, perché avevamo molta buona volontà, ma in quanto a mezzi… delle volte durante la lavorazione di Sole siamo andati avanti con una cotoletta in tutta la giornata e mezzo chilo di pane, siamo andati avanti lavorando in palude così, ma eravamo tutti lieti, felici, eravamo tutti operai, trasportavamo i capelli sulla palude, io entravo nell’acqua per trasportare le barche, fare i carrelli acquatici, con gli stivali di gomma fino a mezza coscia…» (2).

Tanto per aggiungere qualche curiosità in più intorno alle “immagini perdute di Alessandro Blasetti”, Mara si ricordava che il padre aveva girato un piccolo film dove Anna Magnani, insieme ad un attore del quale ho dimenticato il nome, cantava stornelli.

Buona caccia! Io non ho mai smesso di cercare, come dimostra il fotogramma di Sole che illustra questo post “ritrovato” pochi anni fa.

1 e 2 Intervista con Alessandro Blasetti di Sergio Grmek Germani; Materiali sul Cinema Italiano 1929/1943, Undicesima Mostra Internazionale del Nuovo Cinema, Pesaro 14/21 Settembre 1975.