Contrariamente all’opinione generale la quale sostiene che quella del cinematografo non è un’arte, si può affermare che fra tutte le forme creative essa è la più complicata, la più complessa e la più difficile — in quanto le qualità che si richiedono negli attori non devono accontentarsi di essere istintive ed innate, ma devono essere integrate e perfezionate da una progressiva educazione del gusto e dell’intelletto: a quella stessa maniera che le pietre preziose acquistano maggior valore quando dal loro stato rozzo e naturale sono ridotte, sotto la mano esperta del lavoratore, a gioielli.
E non è vero che la forma esteriore possa scindersi dalla sostanza poiché forma e sostanza sono due elementi che si integrano e si completano a vicenda per raggiungere quella perfezione artistica capace di suscitare una sensazione vibrante di ispirazione e di creazione è possibile di affinare ed educare l’anima ed il sentimento dello spettatore.
Questa arte muta a cui è negata la più grande forza comunicativa umana, quella della parola, (la quale arrivando alle coscienze genera sempre una precisa influenza) richiede e rende necessaria nell’attore una potenza suggestiva, e starei per dire magnetica, tale da potere riprodurre i sentimenti ed i pensieri umani attraverso il silenzio plastico: perfezione, questa, che ben pochi attori sanno raggiungere perché troppi pochi sono quelli che si dedicano allo studio di conseguire questa potenza creativa e comunicativa con coscienza di responsabilità.
Da ciò deriva che la critica mette l’arte del cinematografo sull’ultimo gradino della scala dell’opera creativa.
Il cinematografo avrà certo un grande avvemire, ma ha un mediocre presente: e ciò tanto nel campo artistico quanto in quello industriale. Si può dire che presentemente il cinematografo si dibatte fra il brutto ed il mediocre; ma si deve affermare che quando l’attore e l’industriale avranno trovato la vera via — quella dell’arte — allora anche l’industria trionferà perché rappresenterà la lotta fra il bello ed il perfetto.
Sarebbe forse, a questo proposito, conveniente di dividere la produzione cinematografica in due grandi categorie:
— quella dei film sensazionali, il successo dei quali è basato tutto sulla varietà dell’intreccio e sulla suggestività dell’azione esteriore;
— quella dei film educativi, in cui l’attore trasmette al pubblico tutta la divina sofferenza della subispirazione e la gioia tormentosa della sua creazione.
Si deve riconoscere con franchezza che noi attori cinematografici non abbiamo finora dato nulla di notevole, in senso intellettuale, e ciò dipende dal fatto che fino ad oggi non ci siamo preoccupati di sentire tutta la profonda importanza artistica del cinematografo. Noi ci avviciniamo all’obbiettivo, che rappresenta per noi l’occhio dello spettatore, con una inconscia prepotenza che è male sopportata dal pubblico, il quale con la sua critica indulgente e superficiale impoverisce l’importanza del problema ed aumenta così la difficoltà della soluzione. Invece manifestando la perfezione, dobbiamo incatenare a noi stessi il pubblico e farne il nostro migliore collaboratore: solamente così riusciremo ad ottenere una critica dignitosa e seria.
Tutti uniti nello stesso impeto, animati dalla stessa idealità, pervasi dallo stesso desiderio di raggiungere il meglio — dobbiamo cercare di superarci l’un l’altro in questa nobile gara che ci porterà verso la perfezione che sugli scudi delle nostre nuove battaglie dovrà avere un blasone simbolico: quello dell’Arte.
Diana Karènne
Roma, febbraio 1918