Passione Tsigana Pasquali Film 1916

Grandioso romanzo cinematografico moderno in cinque parti – Interpretazione di Diana Karren.

È un dramma di anime, lo studio di una figura di zingara, una di quelle strane creature dagli amori impetuosi, dalle malìe avvincenti, dagli odii improvvisi, dalle malinconie profondi.

L’odissea di Azara, la misteriosa fanciulla vissuta tra le asperità della vita nomade, insidiata dal selvaggio desiderio di Aleko che vuol contenderla alla muta adorazione di Zaro, vinta finalmente dalla pura ed infelice passione per il barone Freiman, è svolta su uno sfondo suggestivamente pittoresco. Mai forse come in questa film l’ambiente è stato ritratto con tanta cura e dovizia di particolari. Pianure sterminate, immense foreste illuminate dai tramonti di fuoco. Caverne che servono alle punizioni e alle vendette, giardini dai quali salgono profumi di magiche seduzioni… ecco lo scenario fastoso e fantastico.

E un altro lato di grande interesse presenta il dramma: quello di un’interpretazione piena di rilievo. Diana Karren, la bellissima attrice polacca, vi ha profuse tutte le risorse del suo squisito temperamento di artista. Ella compone il complesso personaggio della protagonista con una intensità di effetti ed una aristocratica verità di atteggiamento, da offrire intera la misura del proprio valore. Il suo è un disegno mirabile per sobrietà ed espressione: i rapidi abbandoni, le subite ritrosie, le inconsapevoli civetterie, gli scatti di ira torbida, fanno realmente pensare ai tesori del prodigioso fascino slavo. Passione Tsigana non è dunque una delle solite cinematografie, delle quali non si sa se più deplorare la volgarità del gusto o l’assenza di ogni verosimiglianza. Essa evocando una vicenda essenzialmente umana, vuol essere ed è un’opera ispirata ai più seri criteri d’arte. E come tale non le mancheranno, siamo certi, l’approvazione del pubblico.

PARTE PRIMA.

La Carovana degli zingari ha lasciato il villaggio ed ha ripreso la via aspra ed eterna. In un angolo del carrozzone, nella cuccetta di cenci, Azara dagli occhi vivacissimi, dai capelli neri e disciolti, si guarda nello specchio. Si trova bella… Per quella bellezza cresciuta come una pianta selvatica agli ardori dei meriggi e alle ombre dei boschi, si tortura Aleko e soffre in silenzio Zaro. La zingara sa di essere desiderata… ed è felice. L’amore non è ancora fiorito nel suo cuore, e con l’amore degli uomini può trastullarsi.

Nel giuoco smarrirà, dovrà un giorno abbandonare brandelli della propria anima. Che importa? Oggi la fiamma divina non l’ha ancora sfiorata ed ella può ignorare le tempeste implacabili che essa suscita.

Aleko stesso ne è la causa involontaria. La carovana si è accampata in una radura. Egli raggiunge di nascosto Azara che si è divisa dai compagni per recarsi alla fonte vicina. L’afferra, vuole strapparle un bacio, sta per vincere la sua resistenza…

Le fronde della foresta si aprono inattesamente, un uomo si precipita fra i due, difende la fanciulla e ne allontana recisamente Aleko. Azara, riavutasi dal turbamento, vede davanti a sè un giovane elegantissimo: è il barone Freiman, che dimora in una villetta poco distante. Un lampo di riconoscenza brilla negli occhi della fanciulla. Ella strappa da un cespuglio una rosa e l’offre con ingenua semplicità al suo salvatore.

PARTE SECONDA.

Vendetta di Zingara. — Il destino di Azara è scritto. Ella ama il barone Freiman….. e nell’animo di questi la bellezza della zingara ha lasciato un ricordo incancellabile. Il barone è fidanzato con ia contessina Elda Selving e il contratto di nozze dovrà essere firmato a pochi giorni. Dalla futura sposa egli riceve il dono nuziale, un anello di straordinario valore. Per festeggiare il prossimo evento, una battuta di caccia si organizza nella foresta. Il barone apposta un cervo che sta per cadere preda del suo fucile: uno stormir di rami, un fruscio di passi… Azara appare d’improvviso e, con una mossa fulminea, gli strappa di mano l’arma, la imbraccia e fa partire il colpo… Alla detonazione risponde il lamento del cervo che piega a terra ucciso.

Azara fugge, torna subito a nascondersi nei meandri della foresta, nel suo regno sconfinato, e lì, presso la carovana, la raggiunge di notte Freiman. All’incantesimo della strana creatura, egli non ha potuto sottrarsi. Sotto il manto di stelle passano due giovani, avvinti dalla carezza plenilunare. Nel sogno dolcissimo ogni memoria si sfalda e si disperde… E ad Azara in un momento di oblio, Freiman dona l’anello della fidanzata. Quando l’indomani tutta la comitiva di Villa Selving si reca all’accampamento degli zingari per conoscere la misteriosa fanciulla e Azara deve danzare, l’anello che ella porta in dito è visto dalla contessina Elda.

Alla domanda della fidanzata, Freiman, confuso risponde di non sapere come esso abbia potuto finire in mano della zingara.

Azara comprende… Un’impeto di sdegno le sale al volto, si toglie l’anello e lo lancia al suolo con disprezzo.

Come vendicarsi della rivale e punire l’uomo che, con la prima speranza di amore, già le ha dato il tormento della delusione?

È il giorno della festa di Villa Selving. Azara penetra furtiva nel salone dove si affollano gli invitati per la cerimonia del fidanzamento.

Ella danza, come rapita, disegnando una delle sue più languide figurazioni. Quando è davanti a Freiman, si scuote. Si avviticchia al giovane e preme lungamente le proprie labbra su quelle di lui: — Non è la prima volta che bacio il tuo fidanzato, grida alla contessina.

Lo scandalo scoppia clamorosamente. Il matrimonio va in fumo e Freiman viene scacciato.

PARTE TERZA.

Il nuovo amore. — Il miraggio del palcoscenico ha conquiso Azara. « Ho avuto occasione di ammirare l’arte vostra, vi offro un avvenire di trionfi », le scrive un noto impresario teatrale.

La legge degli zingari le impedisce severamente di lasciare la carovana, ma il suo sogno di luce è più forte del dovere. Una notte abbandona il carrozzone che le sembra ormai troppo povero ed angusto, e raggiunge la vicina città. Pochi mesi bastano a compiere la trasformazione. La zingara di un tempo; la monella irrequieta e ansiosa, diviene la elegantissima danzatrice dell’Apollo. Quando Freiman la rivede, da un palchetto del teatro, quasi stenta a riconoscerla. La sera stessa i due giovani sono nuovamente vicino, seduti al tavolo di un lussuoso ristorante ove egli l’ha invitata a cena.

— Vi amo sempre, Azara, mormora Freiman.

La danzatrice ritira prontamente la mano che egli vorrebbe prendere e baciare… Ma, quando rimane sola, si china a raccogliere la gardenia che è caduta da un occhiello di lui… e la porta alle labbra appassionatamente.

PARTE QUARTA.

La foresta ardente. — L’amore sorride ora a Freiman e ad Azara. Nella casa ove i due giovani vivono uniti, tutto respira gaiezza e felicità. Ma la famiglia tsigana non ha perdonato alla figlia ribelle. Alejo ha scoperto il rifugio di Azara e le fa pervenire un biglietto: « Se non ritorni subito, trema per l’uomo che ami ». Ella conosce la inflessibilità delle leggi tsigane e comprende quanto la minaccia sia terribile.

La vita di Freiman è in pericolo. Non esita… comprime l’angoscia che il sacrificio le costa e torna alla carovana.

Ma nel cuore di Aleko, la fosca passione non si è domata. Nella caverna dove Azara è stata rinchiusa prigioniera, dopo aver tentato invano di convincerla con la fame, egli scrive: « Se ti ostini a resistere, il tuo amante non vedrà l’alba di domani ».

Una cieca disperazione assale Azara. Finge di concedersi al suo abbraccio, ma una lama le brilla nel pugno e si immerge nel dorso dello zingaro.

Azara fugge, fugge follemente, attraverso i sentieri sinuosi della foresta, inseguita dalla turba degli Tsigani che hanno scoperto l’uccisione di Aleko. Essi battono il bosco sulle loro robuste e veloci cavalcature. La donna sta per venire scoperta e raggiunta, quando un pensiero le balena alla mente. Appicca il fuoco ai cespugli, Le fiamme si propagano hai vecchi tronchi e una barriera incandescente s’innalza davanti agli inseguitori, che sono costretti ad indietreggiare.

Azara arriva in salvo alla Villa di Freiman. Crede di trovare il giovane lieto per il suo ritorno, ma il volto di lui si chiude in espressione di dura severità. Egli dubita della sua fedeltà. Azara non si difende. Il sospetto solo di quell’uomo che ama, la oltraggia irreparabilmente.

Al commissariato di pubblica sicurezza, poco dopo, una donna si presenta dichiarando sordamente: — Ho ucciso Aleko, lo zingaro, arrestatemi.

PARTE QUINTA.

Azara non pronuncia una parola per discolparsi dall’accusa di assassinio. Passiva, attonita, quasi astratta ella siede nella gabbia degli assassini. Il barone Freiman stesso, col proprio atto testimoniale, aggrava la sua posizione. Ma un uomo vigila per rivendicare il suo onore. È Zaro, il giovane innamorato. Egli ha trovato le prove delle minacce di Aleko pronunciate contro Azara. Costei ha dovuto uccidere per difendersi, per sottrarsi alle torture che le infliggeva. Non fu la sua amante, ma la sua vittima. È dunque innocente! Queste parole risuonano nell’aula della giustizia come una rivelazione. I giurati pronunciano un verdetto pienamente assolutorio. L’onore della zingara è salvo… Freiman vorrebbe ricondurre nella propria casa Azara, alla quale ridona la sua fiducia e il suo amore. Troppo tardi… uno sconforto amaro, un bisogno infinito di riposo sono scesi nell’animo della zingara.

Ella ha portato le labbra al liquido contenuto nel castone di un anello… il potente veleno non tarda a produrre il suo effetto. Azara vacilla, convulsa, sfogliando il mazzo di rose che il barone le ha recato… e si spegne lentamente tra i fiori.

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La prima interpretazione di Diana Karènne al Modernissimo

Roma, marzo 1916

Dopo una lunga impaziente attesa il pubblico di Roma ha potuto vedere una interpretazione di Diana Karènne. Premetto che si era fatto intorno a questo nome una così abile e misteriosa réclame che l’attesa era vivissima.

Diana Karènne conta innumerevoli amici nel mondo intellettuale romano, e questo aveva dato alla sua prima « rappresentazione », il carattere di un avvenimento d’arte; per questo il salone del Modernissimo raccoglieva tutti i nomi più in vista dell’arte e della nostra società.

IL SUCCESSO.

Sì dice che Diana Karènne abbia essa stessa scritto il soggetto di « Passione Tsigana ». E questo vale forse a spiegare la magnifica fusione di tutti gli elementi che compongono il dramma.

Il pubblico, afferrato sino dalle prime scene della vicenda del dramma, seguì ogni parte del lavoro con una commozione estetica vivissima, prorompendo alla fine in un fragoroso applauso. Ogni parte dell’opera fu sottolineata da mormorii di ammirazione, ogni scena, ogni quadro fu oggetto di particolare curiosità. La vita degli zingari, la grande sala delle mode, la rappresentazione di gala, l’incendio della foresta e le scene del tribunale affascinarono gli spettatori.

La Casa Pasquali ha superato con magnifica signorilità e con gusto squisito ogni difficoltà tecnica e teatrale, mostrando come sappia — sempre che voglia — dimostrarsi primissima fra le grandi Case italiane.

L’INTERPRETAZIONE

Ma il successo maggiore, il trionfo fu per Diana Karènne. Questa attrice che ieri nessuno conosceva, è oggi popolare fra noi, come e più delle grandi stelle del cinematografo.

Diana Karènne si è rivelata d’un colpo come una grande attrice e come una donna affascinante. La sua arte, fatta di aristocrazia e di pensiero, ha trascinato il pubblico ad una commozione nuova; ha dato la misura di ciò che possa fare di bello e di elevato l’arte del silenzio.

I commenti animati del pubblico concordano in questo: che mai si è avuta in cinematografia una attrice più nobile e più profonda di questa che la Casa Pasquali con tanta arte ha lanciato.

Diana Karènne esce dal suo primo lavoro con una celebrità che sarà presto mondiale perchè nulla le manca: né la deliziosa bellezza, né l’eleganza più squisita, e perché ha trovato un ambiente di lavoro nel quale le sue qualità sono messe in evidenza nel migliore dei modi.

Siamo ben lieti di questo trionfo della Casa PasquaLi. Noi, che sapevamo con quali intendimenti e con quali mezzi il Cav. Uff. Ernesto M. Pasquali si era accinto al lavoro nel suo nuovo meraviglioso stabilimento, già prevedevamo questi risultati. Congratulazioni vivissime ed auguri.

Diana Karenne

La missione del Cinematografo

Contrariamente all’opinione generale la quale sostiene che quella del cinematografo non è un’arte, si può affermare che fra tutte le forme creative essa è la più complicata, la più complessa e la più difficile — in quanto le qualità che si richiedono negli attori non devono accontentarsi di essere istintive ed innate, ma devono essere integrate e perfezionate da una progressiva educazione del gusto e dell’intelletto: a quella stessa maniera che le pietre preziose acquistano maggior valore quando dal loro stato rozzo e naturale sono ridotte, sotto la mano esperta del lavoratore, a gioielli.

E non è vero che la forma esteriore possa scindersi dalla sostanza poiché forma e sostanza sono due elementi che si integrano e si completano a vicenda per raggiungere quella perfezione artistica capace di suscitare una sensazione vibrante di ispirazione e di creazione è possibile di affinare ed educare l’anima ed il sentimento dello spettatore.

Questa arte muta a cui è negata la più grande forza comunicativa umana, quella della parola, (la quale arrivando alle coscienze genera sempre una precisa influenza) richiede e rende necessaria nell’attore una potenza suggestiva, e starei per dire magnetica, tale da potere riprodurre i sentimenti ed i pensieri umani attraverso il silenzio plastico: perfezione, questa, che ben pochi attori sanno raggiungere perché troppi pochi sono quelli che si dedicano allo studio di conseguire questa potenza creativa e comunicativa con coscienza di responsabilità.

Da ciò deriva che la critica mette l’arte del cinematografo sull’ultimo gradino della scala dell’opera creativa.

Il cinematografo avrà certo un grande avvemire, ma ha un mediocre presente: e ciò tanto nel campo artistico quanto in quello industriale. Si può dire che presentemente il cinematografo si dibatte fra il brutto ed il mediocre; ma si deve affermare che quando l’attore e l’industriale avranno trovato la vera via — quella dell’arte — allora anche l’industria trionferà perché rappresenterà la lotta fra il bello ed il perfetto.

Sarebbe forse, a questo proposito, conveniente di dividere la produzione cinematografica in due grandi categorie:

— quella dei film sensazionali, il successo dei quali è basato tutto sulla varietà dell’intreccio e sulla suggestività dell’azione esteriore;

— quella dei film educativi, in cui l’attore trasmette al pubblico tutta la divina sofferenza della subispirazione e la gioia tormentosa della sua creazione.

Si deve riconoscere con franchezza che noi attori cinematografici non abbiamo finora dato nulla di notevole, in senso intellettuale, e ciò dipende dal fatto che fino ad oggi non ci siamo preoccupati di sentire tutta la profonda importanza artistica del cinematografo. Noi ci avviciniamo all’obbiettivo, che rappresenta per noi l’occhio dello spettatore, con una inconscia prepotenza che è male sopportata dal pubblico, il quale con la sua critica indulgente e superficiale impoverisce l’importanza del problema ed aumenta così la difficoltà della soluzione. Invece manifestando la perfezione, dobbiamo incatenare a noi stessi il pubblico e farne il nostro migliore collaboratore: solamente così riusciremo ad ottenere una critica dignitosa e seria.

Tutti uniti nello stesso impeto, animati dalla stessa idealità, pervasi dallo stesso desiderio di raggiungere il meglio — dobbiamo cercare di superarci l’un l’altro in questa nobile gara che ci porterà verso la perfezione che sugli scudi delle nostre nuove battaglie dovrà avere un blasone simbolico: quello dell’Arte.

Diana Karènne
Roma, febbraio 1918

Diana Karenne

Diana Karenne

Intelligente come tutte le russe e interessante come le figlie della steppa selvaggia, Diana Karenne, elegante, vera signora, emana uno charme sottile e misterioso. Bella di una bellezza altera, ha negli occhi i suo più grande fascino: ora sono freddi ed ironici, ora dolci e quasi vellutati. La bocca ha generalmente una piega sprezzante e beffarda ma anche quella sa addolcirsi e sorridere di un sorriso aperto, franco e profondamente attraente.

Diana Karenne sa essere mordace e ai suoi avversari non risparmia una punta di veleno: ma è buona e affettuosa con le persone che le sono care. Conosce a fondo ben sette lingue tra cui l’italiana e la francese alla perfezione.

Nata nell’Ukraina, ha di quel paese tutta la fierezza, tutto l’incanto unito ad un’anima ardente e appassionata. Natura complessa e multiforme, la Karenne è geniale nella sua vita privata non meno che in quella dell’arte: con quattro tratti di penna sa buttar giù una caricatura di una brutale sincerità; grande maestra dei colori riduce in un attimo una stanza banale, un cantuccio qualunque, in un luogo simpatico ed originale. Tutti conoscono la sua arte, ma pochi ricordano che è stata lei una delle primissime a cercare di nobilitare il cinematografo col rendere sullo schermo quelle sottili analisi psicologiche e quei giochi della passione umana, che per lungo tempo si credettero solo possibili sul teatro di prosa, staccandosi in dalla tecnica americana che il più delle volte ignora o riproduce goffamente la preziosità dello spirito accontentandosi del gesto superficiale e del movimento clownesco.

Sarebbe istruttivo poter seguire Diana Karenne in tutto il lavorio interno e in tutto lo studio accurato che ha speso per raggiungere lo scopo che si era prefissa, che poi realizza con mezzi tecnici suoi. La ricordo in Casentino al castello di Stia, sotto il sole implacabile d’agosto, esposta al riverbero degli specchi, lavorare con Amleto Novelli nel film Dante nella vita dei tempi suoi, ebbene allora soltanto ho capito veramente con quanto slancio, con quanto amore interpreta i suoi film. Non lascia correre una cosa sbagliata, non lascia sfuggire un dettaglio; se l’effetto non è buono ricomincia sei, sette volte pur che il quadro riesca perfetto. Una delle cose che mi colpì era che lei agiva senza parlare, mentre Novelli recitava se fosse a teatro, il che faceva un effetto assai strano. Avendole chiesto perché lei non parlasse ad alta voce, mi rispose che lo faceva apposta per meglio concentrare il pensiero che doveva essere manifestato dalla fisionomia soltanto. Le domandai una volta quali erano i pregi e i difetti della produzione cinematografica mondiale. Mi rispose:

« Gli americani hanno certamente la supremazia, con i loro denari possono fare cose grandiose per messa in scena e costumi, inoltre perché ognuno dei loro attori fa un genere differente dall’altro. Non si copiano: gli americani hanno una sola Mary Pickford come hanno un unico Charlie Chaplin. Il grosso difetto dei tedeschi è di essere terribilmente metodici, ma siccome hanno una grande forza di volontà e studiano le cose a fondo così riescono ad avere buoni risultati. Gli italiano sono troppo caldi e entusiasti e credono molto nel loro “ego”. Questo popolo che ha una storia piena dei più diversi avvenimenti, che ha le città antiche con ricordi dei tempi lontani, è forse il più adatto per fare quelle magnifiche ricostruzioni storiche che hanno successo anche all’estero. La produzione francese è certamente la più fine e, se vogliamo, la più elegante che esista: piena di brio, di vivacità, di delicate sfumature. Basta aver visto Atlantide e Yocelyn con degli attori come Jean Angelo e Armand Tallier per capire che cosa può essere un film francese ».

Avendole anche chiesto quali sono i suoi metteurs en scène preferiti e quali gli attori che maggiormente ammira mi rispondeva così:

« Lillian Gish è la più fine e la più squisita delle attrici e Rodolfo Valentino ha il gran pregio di non posare pur sapendo di essere uno degli uomini più belli dello schermo, non ché il beniamino di tutte le ragazze. È spontaneo, sincero e lavora con talento. Douglas Fairbanks è un simpatico attore. Raquel Meller dà al pubblico ottimi lavori come Violette Imperiali  e Gli Oppressi. Abel Gance e Griffith sono certamente i migliori metteurs-an-scène. Griffith è superiore a tutti, e il mio più grande desiderio è di lavorare con lui ».

Gabriella Amati

(Immagine e testo archivio in penombra)