La Sedia del Diavolo – Film d’Arte Italiana 1912

Una scena del film
Una scena del film

« Qui estiamo isolati senza poter Sortire di Napoli per che lastrada di qui a Roma epiena di Ladri che non si contentano di Rubar ma pure amazzano attuti che cascano in le sue mani, Dio vollia che non si arrivi nin suna disgrazia a Dio il mio caro Ricordi »
(lettera di Giovanni  Colbran a Giovanni Ricordi, Napoli 8 ottobre 1812)

Verso la prima metà del secolo XIX, mentre la Rivoluzione francese aveva solennemente promulgata la libertà, in Italia le campagne, le borgate e le città stesse erano infestate di criminali audaci e feroci, i quali, organizzati in bande gigantesche compivano gesta tanto singolari, che oggi sembrano quasi inverosimili e favolose. Quelle bande, spesse volte erano capitanate da uomini di forte ingegno, di coltura di alto lignaggio sì da farli sembrare, fuori dal cappello a punta e delle pistole, dei veri gentiluomini degni della più illimitata fiducia. Costoro frammischiavano sovente al delitto la generosità, la cavalleria, l’amore, cosa che li rendeva perfino ben visti dal popolo, che in certo casi si serviva di loro per vendicare i soprusi e le angherie dei potenti, e il governo molte volte dovette scendere a patto con essi, come da pari a pari, ben contento quando qualcuno d’essi si mettesse a penitenza e venisse a sospendere a una madonna il coltello insanguinato.

Lo Stato Pontificio più di ogni altro, dopo la coscrizione del 1813, era funestato da quella terribile piaga sociale, che spargeva il terrore fra gli Appennini e le Paludi Pontine, i Monti Albani e il Tuscolo, rendendo pericolosissimi i viaggi da Roma a Napoli.

La Film d’Arte Italiana, in una cinematografia sensazionale ed avvincente ha voluto illustrare quella pagina di storia e sui luoghi stessi, fra i ruderi dell’antico impero, le caverne secolari e le foreste, ha piantato le proprie perfettissime macchine da presa ricostruendo con una impressionante verità un dramma, che fa rivivere quei giorni di triste memoria.

Protagonista del dramma fu scelto Paolo, un capobanda cavalleresco e passionale. I briganti guidati da Paolo assaltano una diligenza postale diretta a Roma, uccidono i postiglioni, derubano i viaggiatori, manomettono i sacchi contenenti i valori e la corrispondenza, e, mentre stanno dividendosi il ricco bottino, Paolo rinviene una lettera nella quale si parla di una preziosa collana di perle che un certo Sizeland di Roma vuole acquistare. Il bandito rapidamente escogita il piano della impresa per venire in possesso del raro monile. Si sveste da brigante, indossa l’abito da gentiluomo, inforca un veloce cavallo e corre verso l’avventura. Per via il caso lo fa incontrare con Elena Sizeland, la ricca e bella giovane alla quale è destinata l’ambita collana; Paolo, che si presenta a lei come Marchese d’Arco, se ne innamora perdutamente. A notte, però, ignorando di entrare nella sala di Elena, egli e un suo feroce scaltro compagno riescono a entrare nella villa dei Sizeland. La presenza di Elena disarma l’audacia di Paolo, il quale, dimenticando di essere un bandito diventa appassionato amante. Ma l’altro malfattore, che non è animato se non dalla voglia di rubare, vuol portare via la collana a qualunque costo. Paolo impegna con lui una feroce lotta e riesce a strappargli di mano la collana ed a precipitarlo degli spalti di un loggiato nel sottostante parco. Elena Sizeland, grata all’eroico e forte suo salvatore, gli fa comprendere la sua riconoscenza e lo incoraggia a sperare. Paolo parte stringendosi al cuore una rosa che la bella gli ha donato come pegno d’amore.

L’altro brigante però non è morto nella terribile caduta, e tutto pesto e malconcio si trascina fino al covo dove lo attende la banda per svelare il tradimento di Paolo, incitando i compagni alla vendetta. I briganti, a mezzo di un messaggero, fanno pervenire ad Elena Sizeland un biglietto con la firma di Paolo, dandole appuntamento alla Sedia del Diavolo, luogo recondito e solitario ove attualmente si adunano. La povera Elena cade nel laccio tesole ed è catturata, maltrattata e, quasi svenuta, trascinata ai piedi di Paolo, che a quella vista non può resistere al tormento, in preda alla vergogna e alla disperazione, si spezza il cuore con un pugnale, dopo aver teneramente baciata la rosa che Elena gli aveva donato.

Interpreti principali: Vittorio Rossi Pianelli (Paolo) e Nora De Ferrari (Elena Sizeland).

720 metri circa.
Prima visione dal 15 settembre 1912.
Negativo originale su supporto nitrato conservato alla Cinémathèque Française.

Come si gira un film nel 1909

Il Tirso, settembre 1909. Molti fra i frequentatori dei cinematografi si sono certamente chiesti con curiosità come si preparino le films cinematografiche, specie nelle scene che si svolgono all’aperto, talvolta per le vie stesse di una città. Lo spettacolo è veramente interessante peccato che non vi si possa assistere con la stessa facilità con cui poi si assiste alla sua riproduzione! Riteniamo perciò di far cosa grata ai lettori pubblicando qualche impressione che un nostro collaboratore c’invia dopo aver presenziato all’allestimento di alcune rappresentazioni preparate dalla nuova Film d’arte Italiana.

Siamo in una atelier soffocante. In un salotto elegantissimo, improvvisato in un angolo, si svolge la famosa scena della Signora dalle Camelie in casa di Olimpia. Margherita è Vittoria Lepanto; Armando, Alberto Nipoti, Varville, Dante Capelli, intorno a loro, una folla di personaggi minori, La Zanchi, Alessandro Marchetti, Antonio Spano, ed altri tutti nomi ben noti in arte. Fra le dame, due eleganti acquisti del palcoscenico: la Pasta e la Cicogna.

S’incomincia. Non si accordano che novanta secondi per l’esecuzione di una scena: Ugo Falena e Alfredo Campioni impartiscono ordini, con la rapidità di due coreografi. Margherita supplica Armando, Armando chiama fremente gli invitati, getta sulla faccia di Margherita i danari vinti al gioco. Tutto ciò che nel teatro si è svolto in un ora, nel minuscolo spazio ha avuto la durata di un attimo. Gli attori sostenuti dai brevi suggerimenti dei Direttori : «Attention! Figure! Face! Marguerite! Armand!» sono stati abilissimi. Essi stentano quasi, tuttavia, a credere alla riuscita del quadro. Questo è invece riuscito ottimamente.

«Al Bois de Boulogne!» Gli attori cambiano toletta, montano sulle automobili, si recano ai Giardini Margherita…. in Bologna. È la scena dell’incontro di Margherita con Armando, al Bosco. Passano vetture elegantissime su cui sono sdraiate in abiti invernali — siamo di Luglio — le più ricche signore…. della società parigina. Ecco Margherita che invita nella sua vettura Armando e la sfilata delle vetture continua. I rari passanti si fermano stupiti, credendo quasi di sognare, ad osservare tanto insolito movimento, cosi in contrasto con la canicola che arde dattorno. A un tratto s’ode un diverbio. È il Duca (Campioni) che litiga con i cocchieri. Meraviglioso nella sua pelliccia e nella barba posticcia che gli scende fino al petto, ha dimenticato di essere… duca.

La carrozza di Margherita si ferma a… rue d’Antin. Margherita e Armando discendono, vanno per accomiatarsi, ma un signore l’autentico padrone della casa, passa tra di loro… E’ un grido d’indignazione. Il mal capitato è accolto dai peggiori titoli ; «animale, cretino, bestia!» E’ un coro di male parole che esce dalle bocche esasperate dei direttori e degli operatori. Il poveretto crede di essere capitato in mezzo ad una masnada di pazzi, e fugge come… un medesimo.

Vittoria Lepanto in Carmen (Film d'Arte Italiana 1909)
Vittoria Lepanto in Carmen (Film d’Arte Italiana 1909)

Non credo che Vergato abbia brillato per tanta animazione come nei giorni della riproduzione di Carmen. Neanche alle elezioni dell’on.. Rava! Quando, una mattina, per tempo, i buoni abitanti di Vergato hanno visto comparire sulla piazza, fieri nei loro cavalli, un buon nerbo di dragoni spagnoli, hanno crollato la testa dicendo: «Questo governo non pensa che a cambiare le uniforme dei soldati!» Ma quando hanno veduto traversare il magnifico corteo della Corrida non sono stati più sulle mosse: le scuole si sono chiuse, gli impiegati hanno scioperato e la prefettura ha dovuto, molto gentilmente, inviare i carabinieri col loro tenente per prestare omaggio a Escamillo (Annibale Ninchi) che incedeva scintillante di oro tra una folla meravigliosa di toreros, espada, alguaciles, banderilleros, ciulas. Aggiungete il sole trionfante che illuminava la scena, dandole una nota straordinaria di verità e convenite che il buon pubblico di Vergato aveva di che rallegrarsi.

«Attention!» i quadri incominciano e si susseguono. Eccoci in un piccolo mercato di Cordova, improvvisato in una viuzza: nulla di più spagnuolo! Carmen ascolta le dolci parole di Escamillo. Eccoci dinanzi alla caserma: Micaela (Marchetti) supplica José. Eccoci nell’interno della fabbrica: Carmen ferisce una compagna. Eccoci infine nel Guadalquivir: le sigaraie prendono il bagno nell’ora dell’Angelus: è la riproduzione del quadro che ha sedotto con tanto fascino la fantasia scintillante di Merimèe.

E tra un quadro e l’altro, fughe di automobili da un punto all’altro del paese, galoppo di Picadores e di dragoni, un continuo sbucare dalle fratte di contrabbandieri armati fino ai denti che attendono il loro turno, un mescolarsi tra la folla variopinta.

Da un tabaccaio trovo l’attore Tellini in abito da eremita, gravato da parecchie ore dal peso di una barba fluente, che bestemmia come un turco perchè non trova toscani che tirino.

Eccoci a Venezia. Jago e Rodrigo muovono in gondola, di fronte al palazzo dogale, per tramare contro Otello. Passa d’accosto una barca di popolani che guardano sorpresi; uno di essi più sapiente, però, la ragione della strana mascherata: «i xe spagnoli venudi pei funerali de Don Carlos». La gondola si ferma dinanzi al Gran Canal Hotel: una lancia a vapore aspetta. Ecco Otello (Ferruccio Garavaglia), magnifico di armi e di atteggiamento. È in compagnia di Falena (oh caducità degli umani rancori!) Un paggetto lo segue, porta in mano un anfora. e un veleno? No! È la cioccolata che deve servire ad Otello per imbrunire di tempo in tempo la sua moresca signoria. Ecco Desdemona (Vittoria Lepanto scintillante di gioielli) ecco il Doge, Brabanzio, le dame… Sulla terrazza dell’Hotel una folla di signori prende fotografie istantanee…

Andiamo a Cipro… cioè a Sant’Elena. Da un vapore scendono un centinaio di attori : Ciprotti, dame, ufficiali, soldati, dignitari, gondolieri, trombettieri, araldi, ciurme, mossulmani. La nave di Otello è ancorata: gli attori prendono i loro posti. Otello scende dalla improvvisata galea, tende al ciclo le sue braccia nere e bacia Desdemona, tra gli urrah della folla e i sorrisi di compiacimento delle molte signore che, reduci dal Lido, hanno sostato nelle loro gondole a godere lo strano spettacolo.

E ancora due scene; la riproduzione del famoso quadro di Celentano. «Il consiglio dei dieci che si reca in Senato» e la film comica, protagonista Teresa Mariani. Nulla di più delizioso che assistere alle pose della mirabile attrice: quanta prontezza, quanta efficacia, quanta comica malizia!

Chi sa che a qualcuno che ha assistito a queste rappresentazioni non sia venuto in mente come all’inventore nel monologo di Ermete Novelli, di creare una nuova forma d’arte… la Pantomina?
Spectator

Vittoria Lepanto dal teatro al cinema

Vittoria Lepanto, Il Tirso marzo 1909
Vittoria Lepanto, copertina Il Tirso marzo 1909

Marzo 1909. La settimana teatrale – Teatro Argentina. Il debutto di Vittoria di Lepanto.

Dunque Vittorina Lepanto ha debuttato. Ed è riuscita vittoriosa. Vittoriosa, naturalmente, perché è una donnina che ha molto, anzi moltissimo ingegno, e l’ingegno unito alla buona volontà può produrre molte cose; vittoriosa perché il suo è stato un bell’atto di coraggio, anzi direi quasi di eroismo, e il coraggio e l’eroismo finiscono sempre per imporsi. Questo debutto sulle scene di Roma era intatti una grande incognita; affrontare questa incognita doveva metter paura. E ricordiamo altre che, artiste oramai valorose, non hanno mai voluto avventurarsi sui teatri della capitale, che le aveva viste sbocciare e divenir celebri per la loro sovrana bellezza. Ma oramai si è visto che al pubblico alla fine nulla importa di tutto ciò e che esso giudica più serenamente di quello che si creda.

Vittoria Lepanto si è presentata di più per la prima volta sulla scena in una parte in cui la sua bellezza certo in nulla poteva contribuire al successo; ha mostrato così di avere un concetto d’arte puro severo. Non è stata una Gigliola perfetta, naturalmente; anzi i difetti di recitazione e d’interpretazione sono ancora molti nella giovane attrice. Ma poiché per trionfare possiede tutti gli atout (non è giuoco anche la vita?) cosi possiamo augurarci che l’arte drammatica acquisti non solo una bella attrice ma anche una attrice buona. Del che vi è altrettanto bisogno.

Amedeo Chiantoni nella Fiaccola sotto il moggio ha trionfato. Questo giovane, ad ogni nuova interpretazione, ascende dì un gradino la scala della maturità artistica; scopre in lui nuove espressioni di efficacia e verità scenica, scuote per la potenzialità dei suoi mezzi.

Accanto alla Lepanto ed al Chiantoni hanno meritati gli applausi la Lollio-Strini, il Cantinelli ed il Masi.

Vittorina Lepanto non dorme sui primi allori: si presenterà in Nellina di Bracco e nella Gioconda del d’Annunzio.

4 giugno 1909.  Sarah Bernhardt e gli artisti italiani.

L’altra sera a Parigi, durante la rappresentazione della Fedra al teatro Sarah Bernhardt, Mme Catulle Mendès e il comm. Re Riccardi presentarono alla divina Sarah, nel suo camerino, la nostra attrice Vittoria Lepanto, il collega Ugo Falena e Alfredo Campioni (attualmente a Parigi per la formazione del repertorio della sua compagnia).

La grande tragédienne accolse con molta cordialità e trattenne lungamente gli ospiti italiani. Ebbe parole di viva ammirazione per la bellezza e l’eleganza della nascente étoile italiana a cui augurò il più completo dei trionfi.

Giugno 1909. Falena e Campioni sono a Bologna dove cominceranno a fare le prime films cinematografiche per la nuova Società Pathé Italiana.

Le prime avranno per soggetto La dame aux camelias e Carmen su scenari che fece Falena e che trasse dai romanzi e non dalle produzioni teatrali. Fino a quando non sarà pronta la sede di Roma faranno queste films a Bologna, e vi prenderanno parte tutta una schiera di egregi artisti.

Agosto 1909. Garavaglia, la Mariani e la Lepanto cinematografate.

La filiale italiana della grande casa cinematografica Pathé a iniziato i suoi lavori a Bologna; e dal prossimo ottobre li proseguirà a Roma, dove sarà costruito un apposito teatro di posa.

Le films saranno poi confezionate dalla casa centrale di Parigi.

I primi esperimenti compiuti a Bologna hanno dato un ottimo risultato. Sono stati eseguiti, fra l’altro, l’Otello protagonista Ferruccio Garavaglia; la Signora dalle camelie; un’azione comica (soggetto parigino) con Teresa Mariani; e la Carmen con Vittoria Lepanto. Altri artisti nostri saranno invitati a posare, per la riproduzione di soggetti noti e originali. Le pose è superfluo dirlo, sono pagate profumatamente.

La nuova compagnia Capelli, Spano, Nepoti, di cui sarà attrazione principale Vittoria Lepanto, dopo una serie di prove, inizierà ai primi di settembre il suo giro artistico. Il primo debutto avverrà probabilmente a Ravenna. A quanto pare i proprietari di teatro hanno molta fiducia nel successo della nuova compagnia, essa ha già assicurato un gran numero di piazze. E da per tutto ha avuto assicurazioni variabili dalle 300 alle 350 lire per sera. La Lepanto avrà ad latere la signora Zanchi. La compagnia si presenta con largo repertorio.