Intolerance di D. W. Griffith

Intolerance, disegno del pittore Carlo Nicco 1917
Disegno del pittore Carlo Nicco 1917

Che chiedi mai, tu, ignoto spettatore dal cuore sensibile, al teatro muto, ma pure parlante, un misterioso linguaggio ai tuoi occhi mortali e alle tue fibre vibranti? Che domandi tu, mai, spettatore dalla fantasia sempre ansiosa, sempre anelante, sempre sognante visione incomparabile, al bianco schermo che è la tua croce e la tua delizia? Che vuoi tu, mai, spettatore dalle sottili curiosità intellettuali, dalla mente indagatrice delle grandi figure antiche e dei grandi fatti storici, che il tacito palcoscenico ti mostri e ti descriva? Ognuno di voi tre, spettatori multiformi, spettatori multanimi, ma, infine, serrati in queste tre grandi categorie, domanda una impressione, una sensazione differente! Chi vuol esser commosso sino al lieto sorriso, sino alle lacrime; chi vuol esser lanciato in un vasto sogno, in un sogno senza confine; e chi vuole imparare, conoscere, apprendere e di giudicare, con la sua ragione e col suo criterio… Ebbene, Intolerance, la maestosa, la imponente, la insuperata pellicola che viene d’oltre terra e d’oltremare, la pellicola che la magnifica produttrice, l’America del Nord, manda a noi, manda a voi, spettatori dal triplice desiderio, la pellicola che Griffith, il poeta metteur en scène americano, ha creato e lanciato all’ammirazione del mondo intero, Intolerance è fatta per sorprendere ed esaltare ogni spettatore, nel suo intimo bisogno di conoscenza, di sogno, di emozione!
Matilde Serao, Napoli Ottobre 1917

Convien ricordare che, oggi, l’uso dell’aggettivo “colossale” va diventando oltremodo antipatico e sospetto.
Esso, più che ogni altro, ci sarebbe sembrato spontaneo e preciso per definire la somma di sensazioni che s’affollano tumultuanti al nostro spirito dopo una prima visione di Intolerance.
I critici dei maggiori quotidiani europei e d’oltremare, sebbene adusati a giudicare più complesse e grandiose opere d’arte, battono invano la campagna, ricercando affannosamente, tra le sterili aiuole della fantasia, i fiori enfatici del panegirico per costellarne la loro prosa in onore di Intolerance.
Infatti, ogni tentativo di critica deve ritenersi ozioso e disutile. Intolerance, come i grandi capolavori, sfugge ad una disanima pettegola e minuziosa. La sontuosa magnificenza delle sue linee, la vastità del suo contenuto morale, la perfezione ineguagliabile dell’esecuzione provocano in noi piuttosto un senso di stupore e di orgasmo estetico, tale da paralizzare i nostri poteri critici, incitandoli soltanto ad un’ammirazione ingenua ed incondizionata.
D. W. Griffith, che ha pensato e diretto le scene di Intolerance, può considerarsi un innovatore. Questo giovane americano, sconosciuto fino a pochi anni fa, trova dentro di sé tutte le audaci energie della sua razza e, d’un balzo, si mette all’avanguardia della cinematografia con una film, Intolerance, che è costata sei milioni di dollari, vale a dire circa trenta milioni di nostra moneta, facendovi muovere poco meno di settantamila attori, ricostruendo con fedeltà storica e coscienza d’artista i fastigiosi palagi e le turrite castella di civiltà remote, rievocando, innanzi al nostro spirito commosso, i grandi fatti storici, l’avvento del Messia nel suo divino epicedio, le gesta dei condottieri insigni, le costumanze di popoli dispersi, le battaglie, gli odii, gli amori, strappando alla Bibbia e alla Storia pagine inobliabili, documenti immortali dei tragici fatti dell’umanità, ricollegando questi con un tenue nastro ideologico e fantastico alla tesi che, soverchiandolo, incombeva sul suo intelletto di artefice ispirato e temerario.
(…)
Il soggetto di Intolerance non va narrato.
Si è già troppo deplorato l’abitudine dei critici dei quotidiani che s’abbattono sull’ultima commedia, ne rabberciano il contenuto ed offrono sollecitamente ai loro lettori una favoletta insipida, sempliciotta, irriconoscibile dallo stesso autore.
Chi, ad ogni costo, si accingesse alla dura fatica di raccontare quello che si vede nei tre lunghissimi atti d’Intolerance, compirebbe un ingrato fuor d’opera, tanto più inutile in quanto che allo spettatore, che esce dalla sala di proiezione, non occorre rileggere cosa che già sa di propria scienza.
Silvino Mezza

Immagine e testi dalla brochure italiana del film: Teatro-Film D. Cazzulino, Torino 1917 (Archivio In Penombra).

Vita breve della David-Karenne Film

annie_vivanti_circe

Vita breve e poco nota della David-Karenne Film, casa di produzione fondata da Diana Karenne. Ovvero: la signora (Circe) scompare…

Gennaio 1917.

David-Karenne Film. La nuova casa, della quale è parte importante Diana Karenne, inizierà presto i lavori ed annunzia di mettere in scena, per primo un film dal titolo Pierrot.

L’avv. Lombardi, col quale abbiamo scambiate poche parole, ha delle ottime idee, e noi gli auguriamo la migliore riuscita.

Pare che il primo lavoro della David-Karenne Film sia terminato, colla interpretazione di Diana Karenne ed Alberto Capozzi; quest’ultimo sarà poi il solo interprete di alcune films di questa nuova casa.
(La Vita Cinematografica)

Febbraio 1917.

A. A. Capozzi. Si dice che il noto attore abbia veramente deciso di lavorare a Roma a fianco di Diana Karenne, in una serie di soggetti della David-Karenne Film, nei quali sarà protagonista l’attrice polacca. Ma per ora Capozzi è tranquillamente a Torino.
(La Via Cinematografica)

Marzo 1917.

In altra parte della rivista, pubblichiamo un disegno originale di Diana Karenne, la quale oltre ad essere una straordinaria attrice è anche una squisita artista del disegno.

La signora Karenne è ora l’anima di una nuova Casa Cinematografica, sorta sotto i più lieti auspici a Milano, e che ha sede in un sontuoso stabilimento a S. Cristoforo. Essa si intitola David-Karenne Film ed ha per marca di fabbrica la vigorosa testa del David di Bernini. Già da due mesi ferve il lavoro nella nuova grande Casa, piazzatasi in breve volgere di tempo in uno dei primi posto della cinematografia italiana.

Il primo film che la David-Karenne editerà in questi giorni avrà per titolo Pierrot. La signora Karenne, che interpreterà la parte di Pierrot, ha promesso di dare una delle più salienti sue manifestazioni di arte, che il mondo cinematografico e il pubblico attendono con grande ansia.

Ogni lavoro di Diana Karenne è infatti un avvenimento artistico della massima importanza, tanto la squisita, intelligentissima attrice ha ormai conquistato il pubblico intero, con la originalità della sua arte. E’ quindi legittima l’attesa!

Poche attrici posseggono una personalità artistica così completa come Diana Karenne. Essa, infatti, non è soltanto la interprete squisita, ma è altresì la creatrice e la fattrice più poderosa di ogni suo lavoro. Dotata da una grande versatilità nel campo artistico, squisita musicista, abile pittrice, essa tutto chiede a sé stessa, al suo talento, al suo cervello, al suo gusto raffinato; poco le donano gli altri. Il disegno che pubblichiamo, dimostra come, da pochi tratti, con un impiego rudimentale di mezzi, si possa far scaturire una espressione piena di pensiero e di significato! Esso ci dimostra altresì come la Karenne abbia compreso e vissuto, nella sua anima di artista, questa singolare maschera di Pierrot, che oggi va ad eternare sullo schermo bianco.

Dopo Pierrot, la David-Karenne Film annunzia un lavoro sensazionale. Nientemeno che il romanzo della Tarnowska, tratto dal Circe di Annie Vivanti!

Chi delle nostre lettrici non ricorda il famoso processo alle Assise di Venezia di questa donna così fatale e così anormale, chi non ha rivissuto — attraverso le pagine della Vivanti — tutta la sua vita singolare e drammatica? La Vivanti, che aveva ricevuto offerte insistenti e cospicue da altre Case, ha ceduto solo dinanzi all’arte di Diana Karenne. Ciò che è sicuro affidamento di una interpretazione veramente straordinaria.

Circe della David-Karenne Film costituirà sicuramente l’avvenimento artistico più interessante dell’annata, nella industria cinematografica italiana, e formerà — per il pubblico femminile — la più attraente novità!
(La Donna)

Maggio 1917.

Karènne Film Milano
Proprietà Diana Karenne

La produzione cinematografica italiana conta da oggi una nuova Casa Editrice, una nuova marca di fabbrica che è sicuro segno di brillanti vittorie in nome dell’Arte!

Diana Karenne non fa più parte della David-Karènne, anzi la David-Karènne non esiste più, e nasce invece, al suo posto, la Karènne-Film, la nuova Casa nella quale la ormai celebre artista, russa di origine ma italiana di adozione, riconquistando tutta la sua indipendenza, affermerà come mai prima d’ora aveva potuto fare, la sua potente personalità artistica, tutta l’altezza dei suoi ideali.

Diana Karènne è di quegli artisti di razza per i quali la libertà è la ragione della propria vita e della propria arte; di quegli artisti che, a quella guisa che sentono più potentemente degli altri l’infinità della natura, sentono più prepotente il bisogno di tuffarsi in quell’infinito, di respirarlo liberamente, di viverlo completamente, perché dalla loro anima sgorghi completa e limpidissima la luce dell’arte.

Scritturata per fare sotto la guida di altri, per comporre un carattere non completamente come ella lo sentiva, ma in parte anche come appariva ad altri, ella è pur riuscita a darci dei lavori nei quali il segno dell’artista è evidente. Che non ci dobbiamo aspettare da questa prima Serie nella quale sono uniti due nomi così belli e così simpatici al pubblico, Karènne-Capozzi?

E’ un programma giocondo di pura Arte, del quale la cinematografia italiana aspetta ansiosamente l’attuazione!
(La Vita Cinematografica)

Justice de femme, di Daniel Lesueur. Il primo lavoro della Karenne-Film e della promettentissima Serie Karenne-Capozzi sarà Justice de femme, riduzione cinematografica del notissimo romanzo di Lesueur, che Diana Karenne stessa ha inquadrato e sceneggiato. In esso vedremo finalmente tutt’intera la personalità artistica di Diana Karenne, per la completa libertà di azione e di movimento ch’essa ha acquistato col crearsi la propria marca di fabbrica: potremo in esso giudicare tutto il complesso valore di quest’artista che oggi s’è imposta, e che sopra gli altri com’aquila vola. E avrà agio di farsi valere in Justice de femme, oltre che per la direzione artistica di tutto il lavoro, anche per la potenza dell’interpretazione, giacché dovrà creare la parte della protagonista, una parte che spaventerebbe qualsiasi attrice.

Il soggetto si presta mirabilmente a riduzione cinematografica, perché contiene in abbondanza e in giusto contemperamento tutti gli elementi di psicologia, di problemi sociali e di azione che sono indispensabili all’ottima riuscita di un film che deve allettar l’occhio e interessar la mente e toccar il cuore.

E dal talento e dal temperamento artistico di Diana Carene, e dall’interpretazione sua e di Capozzi e degli altri attori, e dal buon gusto che presiede all’arredamento scenico e alla scelta degli esterni, abbiamo diritto di aspettarci qualche cosa di grande.

Il Cav. Emidio de Medio, proprietario della Novissima Film di Roma, è l’editore di tutta la produzione della Karenne-Film.
(La Vita Cinematografica)

L’antica fiamma, azione cinematografica di Luciano Zuccoli

Brochure del film
Brochure del film

Edizione Milano Film 1917 – Un prologo, due parti e un epilogo. 1390 metri. Interpreti principali: Suzanne Armelle e Giuseppe Sterni. Direttore di scena: Giuseppe Sterni. Operatore: Della Valle.

Il soggetto

Annuccia Delbene è una bimba di quattordici anni, carina, intelligente, ambiziosa e bizzarra, che campa stentatamente la sua vita come piccola commessa di un negozio di mode. Ha un piccolo amico, Fausto Lovelli, ragazzo sedicenne, anch’esso intelligente e sbarazzino ed operaio presso un mosaicista.

La vita dei due giovani è un complesso di miserie e di allegre monellerie, di desideri insoddisfatti e di castelli in aria.

Fausto, infatti, sogna di diventare un gran pittore, ed alla sua piccola amica che, alle sue confidenze, lo guarda con musetto beffardo, spiattella in pochi istanti un ritratto, quasi somigliante e con al collo un piccolo boa graziosissimo. Annuccia, poiché la rivelazione artistica avviene fuori di porta, è entusiasmata tanto della bravura del suo amico, che si lascia baciare sulla bocca.

Ma anch’essa ha il fuoco sacro dell’arte… Portando gli abiti in una scuola di recitazione, scopre in sé delle grandi attitudini alla drammatica, riesce dopo molte peripezie ad essere accettata alla scuola ed in poco tempo sbalordisce tutti, allievi e maestra che scoprono in lei una futura grande attrice.

Anche Fausto comincia a farsi notare. I due giovani si ritrovano fuori porta e si confidano le loro speranze.

Annuccia declama un brano drammatico, e Fausto mostra i suoi disegni.

Ma una nube offusca il visetto di Anna:

— Sono tutti nudi di donna, i tuoi studi!

— Tu, tutte le sere devi parlare con altri d’amore! — ribatte Fausto.

***

Anna è diventata un’attrice celebre ed alla moda. Fausto è un illustre e ricercato pittore ritrattista.

Si ritrovano, si ripiacciono, si riamano, si riadorano. Ma la gelosia punzecchia irrequietamente entrambi.

Fausto vorrebbe provocare tutti gli adoratori di Anna e Anna detesta tutte le eleganti e civette ammiratrici di Fausto.

Fausto fa il ritratto di Anna che, esposto al Salone, aumenterà la sua celebrità, ma Anna, nel posare gli dice:

— Io sola possiedo il tuo vero capolavoro! — e trae dalla borsetta lo scarabocchio col boa al collo che tanti anni prima Fausto le aveva fatto fuori porta, quando erano poveri ed ignoti, ma pur tanto felici…

Fausto è commosso e si stringe ardentemente al petto della donna.

Ma l’incidente non vale a tranquillizzare che per poco i due irrequieti amanti.

La vita diviene sempre più insopportabile. Anna decide di partire per un lungo giro artistico all’estero. Fausto non osa o non sa trattenerla.

***

Il tempo cancella ogni dolore, ma l’immagine di Anna non scompare mai dal cuore di Fausto, e ripetutamente e continuamente gli si affaccia alla mente paralizzandogli la possibilità del capolavoro.

Invano Fausto chiede ad Elena Castani di posargli per un nudo; questa rifiuta.

Elena, commessa in un negozio di antichità che Fausto frequenta, gli ha già posato per le mani, per la testa, per la linea.

Elena ama intensamente Fausto e non si mostrerà mai nuda a lui freddamente e per mestiere.

Fausto è desolato. La notizia che Anna ha sposato in Russia il ricchissimo Conte Ivan Fiodorovic Slascinski lo abbatte completamente, ma Elena viene a lui tenera ed appassionata.

— Volevi fare il capolavoro?… Aspetta!… — ed appartatasi per alcuni istanti ricompare avvolta in un lungo e purpureo mantello.

— Eccomi!… Lavora!… — e gettando il mantello gli si mostra in tutta la sua candida e splendida nudità…

Il quadro, esposto poi al Salone, entusiasma critici, amatori e pubblico…

Elena e Fausto si sposano e partono per un lungo viaggio.

***

Sono passati venti anni. Il Conte Ivan, un corrotto, un libertino, un bevitore, è morto. Anna, rimasta vedova, è tornata in Italia con la figlia Pervinca.

Pervinca è tutta fisicamente la madre, ma come animo, ha ereditate le cattive qualità del padre. Maligna, insolente, frivola è il cruccio continuo ed il pensiero di Anna.

Fausto si reca, naturalmente, a salutare Anna, nella bella villetta che questa ha affittato, ma non ritrova più la giovane appassionata e impetuosa di un tempo, ma bensì una splendida dama, seria, un po’ stanca, un po’ scettica, che pensa solo alla figlia e desidera vivere tranquilla. Alle proteste di amore di Fausto, ribatte con signorile freddezza:

— Siatemi amico, vi prego. Nulla più!…

Fausto se ne va mortificato ma si imbatte in giardino con Pervinca. Fausto crede sognare!… Pervinca è  il ritratto di Anna, di Annuccia la monella carina che tanto ha amato!… La presentazione fra i due ha del comico. Ma Fausto torna e ritorna spesso, e col tempo nell’animo suo turbato si riaccende più veemente, più crudele l’antica fiamma, poiché rivede in Pervinca, piuttosto che Anna, tutto il suo passato.

Pervinca si innamora pur essa perdutamente di Fausto.

Un fidanzato timido, ma appassionato, l’occhio vigile di una vecchia e fedele governante, la tenerezza materna, si illudono di avere scongiurato ogni pericolo vietando a Fausto l’accesso al villino.

Pervinca e Fausto si rivedono nel Parco e poi tutte le notti in giardino, mentre tutti dormono.

Anna decide allora di partire per la Russia con la figlia, ma Pervinca trova il modo di avvisare Fausto e decide di fuggire con lui la notte che precede la partenza.

La vigile governante scopre tutto ed avverte Anna. Alla fanciulla che silenziosamente si prepara alla fuga, compare la madre addolorata…

Fausto impaziente dell’attesa entra cautamente nel villino. Si trova di fronte Anna.

— Tu!… — essa gli grida — tu, amore di tutta la mia giovinezza, meditavi di togliermi Pervinca!… A questo punto è arrivata la tua, la vostra follia!… — e va ad uno scrigno e ne toglie l’antico piccolo ritratto, il ritratto di Annuccia col boa al collo, il primo, timido lavoro del pittore principiante e lo getta ai piedi di Fausto.

Fausto si lascia cadere in una poltrona, piangendo. Pervinca guarda esterrefatta.

— Non mi hai capita, Fausto! — continua Anna. — Non ti perdonerò mai!… Ora vi separo per sempre!

Prima che si immagini, punta una rivoltella al cuore e rotola ai piedi dei due, separati così per sempre.

L’antica fiamma è spenta!…

L’autore

Luciano Zuccoli, eminente romanziere e giornalista, già direttore della Gazzetta di Venezia, della Provincia di Modena, redattore del Popolo Romano e di molti altri giornali politici e letterari. Polemista vigoroso ed abilissimo a maneggiare la spada come la penna, ha avuto duelli e processi.