
Mi riservavo di parlare su questo primo tentativo cinematografico di Alessandro Blasetti in un’altra sede, ma visto quel che è successo poche settimane fa al Cinema Ritrovato di Bologna, sarà meglio non pensarci più, e così, ecco qualche nota su questo primo ed inedito film della casa di produzione Augustus, fondata a Roma nel 1928, direttore artistico (e fondatore), Alessandro Blasetti.
Si tratta di un piccolo film sperimentale, titolo Augustus Soc. An., 58 metri, visto di censura 24102, secondo l’elenco delle pellicole cinematografiche approvate dal Ministero dell’Interno, in data 31 marzo 1928 (vedere l’immagine sotto), operatore Antonio Cufaro, soggetto e sceneggiatura, Alessandro Blasetti, supervisione di Ernesto Cauda. Per il momento è tutto, vi lascio con uno degli articoli, dove si parla di questo primo film italiano della rinascita, cedo la parola a Marcello Gallian e ricordo che siamo nel 1928:
Sono stati proiettati l’altro giorno, fra un atto e l’altro del film Il Gaucho interprete principale Douglas Fairbanks, cinquanta metri di cinematografo italiano.
Ovverosia, i primi cinquanta metri del nuovo cinematografo italiano, così come lo intendiamo noi, contro tutti i vecchi carichi d’anni e d’esperienza e contro alcuni nuovi, che ricalcano, a modo loro, senza fantasia, preoccupati dalla paura e dalla responsabilità delle nuove intenzioni che creano nemici dovunque, le nostre idee ed i nostri propositi. Fra qualche anno, come di consueto, tutti grideranno alla scoperta e si daranno da fare di qua e di là, per accaparrarsi un posticino d’onore, o un angolo di responsabilità nella battaglia quotidiana di realizzazione, che noi, soli e senza scrupoli, abbiamo incominciato oggi, nel tempo nero, fra accuse di ogni sorta, pericoli da sormontare, barricate da abbattere, pezzi grossi da dimenticare, tradizioni, usi e costumi da gettare in soffitta o nei burroni della spazzatura.
La réclame dell’Augustus (50 m. di pellicola) è il primo film italiano della rinascita; osiamo dir questo, col tono del grido dell’allarme o con la frase improvvisa dello spaccamontagne o dell’arruffapopoli, perché siamo sicuri che a voler fare i prudenti, i compassati, i giusti, ci sia tutto da rimettere e nulla da guadagnare, in un’epoca cinematografica di banditori, di morigerati, di timidi, di gente che non vuoi compromettersi ad ogni costo per la paura di perdere il pane o di essere rasa al suolo da un ritardo di pubblicità improvviso.
Nè oggi perderemo il pane, come lo abbiamo sempre perduto, ché il mondo è pieno di straccioni e di pezzenti e di affamati dall’economia e della pubblicità non abbiamo bisogno: perciò parliamo chiaro; l’unica rabbia di cui pascono i nostri avversari, proviene dal fatto che non ci vedono legati a questo e a quello, non facciamo parte di combriccole o di consorzi, non accettiamo riserve e postille alle leggi che devono governare per la nuova cinematografia, e andiamo avanti, tra le fanfare degli imbecilli, o singhiozzi dei vinti, e il suono rauco della tosse cronica dei vecchi. Tutti, chi più chi meno, giornaletti e riviste, impresari e tecnici, hanno un programma da tornaconto e che si basa sulle opinioni correnti, le opinioni della tradizione cinematografica che ha imperversato malamente, per molti anni; l’Augustus, società di giovani per lo sfruttamento di films italiani, ha un programma rivoluzionario e si basa fortemente, audacemente, su una scoperta della massima importanza: (così io interpreto il programma-azione dell’Augustus): dare all’Italia un cinematografo italiano che eviti i difetti e gli errori della vecchia cinematografia e avanzi in valore e in fantasia le così dette invenzioni della cinematografia americana: fare cinematografo del cinematografo e non fotografia animata di scene teatrali. Cinematografo è antiteatro, dice S. A. Luciani nel suo ultimo libro; per noi è qualche cosa di più: riuscire a far sì che tutto che è non possibile avvenga sul teatro, sia unico elemento caratteristico di una visione cinematografica.

E ci spieghiamo, oggi, che cinquanta metri di film ce ne danno il destro. Alcuni, gli americani in ispecie, i quali dispongono di esuberante denaro, credono di far cinematografo, fotografando, ad esempio, una mandria di centomila bufali (Il Gaucho), un mare in burrasca (I fanti del mare) od una enorme folla di gente (Il Re dei Re) o un infinita carovana di automobili in corsa (La Grande Parata). Tutto ciò, sia detto una volta per sempre, non è cinematografo, secondo il nostro avviso: è vasto teatro, è anfiteatro di personaggi, è enorme palcoscenico; non è la quantità dì cose o di persone che fa il cinematografo, ma la qualità e sopratutto il modo col quale vengono riprodotte: cinematografo non è fotografia, che altrimenti tutti, chi più chi meno, sarebbero grandi cinematografisti, come purtroppo si crede: ma è interpretazione fotografica, di una data cosa o di una data persona, a seconda del momento, dell’epoca, dell’atmosfera nelle quali dette cose e dette persone sono viste. Cinematografo non è oggettivismo, ma soggettivismo; non è realtà, ma realismo magico; non è riproduzione, ma interpretazione. In teatro, Reinhardt vi sa rendere con cento comparse una folla di mille persone; Bragaglia con un arco, a seconda delle luci e delle prospettive, vi da il risultato di un sotterraneo o di un palazzo. Quello che Reinhardt e Bragaglia, ad esempio, per citare un tedesco e un italiano, non possono assolutamente rendere, è il successivo ed infinito modo di vedere un sotterraneo o una folla, a seconda del momento, e dello stato d’animo; non possono insomma fare di un sotterraneo un movimento d’archi infiniti nel buio o di una folla una montagna.
Nuovamente, si crede che il cinematografo non si distingua dal teatro, per il solo fatto che sul palcoscenico, dinanzi ad una platea cruda, non possano apparire cavalli in corsa, automobili e trams, ad esempio; gli è che, nel caso nostro, non era possibile rendere in palcoscenico, la sensazione di un automobile che si rovescia con lo spettacolo del paesaggio visto come lo vedrebbero gli occhi smarriti di un uomo che cade; come avviene nella réclame cinematografica dell’Augustus: risulta chiara e disastrosa la caduta e non si vede l’automobile che si rovescia. Per un uomo che cade si rovescia il mondo dalla parte opposta nella quale egli è caduto; e così appare il mondo sullo schermo.
Così, e ci piace spendere due parole ancora sopra una fatica di giovani, l’atmosfera del disastro appare ancora violentemente nell’uomo che telefona; è una faccia spaventata, un microfono nero e un tempo buio di ombre intorno, ombre solide, ombre-architettura, che non avevo mai visto in un film italiano, ad onore del vero. I competenti i teorici, i fotografari, insomma, avrebbero ripreso la strada e l’automobile, la mano che spara, poi l’altra automobile che ribalta, così, in natura, in realtà senza interpretazione e senza avventure di sensazioni, come un qualsiasi fotografo di provincia; i paesaggi, le figure, le cose appaiono nei nostri films, sempre, come i soldati e le serve nelle loro pose privilegiate, nelle vetrine dei sobborghi.
Ho detto figure e non personaggi: poiché nella réclame cinematografica dell’Augustus, a Dio piacendo, esistono figure e non personaggi: figure all’ordine della bacchetta magica del direttore artistico che le regola, le inventa, le plasma, le trucca a seconda delle passioni e degli avvenimenti.
Si trovano dunque riuniti, in questi pochi metri di pellìcola impressionata, i mezzi e gli espedienti di una tecnica nuova, o meglio, della nuova estetica cinematografica, la quale non vede il mondo come è, ma come appare, e come tale lo dimostra sullo schermo. Preludio ad un’epoca immensa di scoperte; di esperienze e di fatiche disumane: prima azione per le imprese future della cinematografia italiana.
Come è stato realizzato questo piccolo film, oggi non è conveniente dire: lo sapranno chissà come i competenti della cinematografia di domani, quando sarà possibile fare un parallelo storico fra i quattro ragazzi che con dieci bastoni e qualche rivoltella hanno cambialo fisonomia all’Italia e questi quattro ragazzi che con una macchina presa in prestito e un automobile gentilmente concessa, hanno iniziato la rivoluzione cinematografica italiana.