Il mare di Napoli, Carmine Gallone 1919

Una scena del film

Argomento. Sergio Stierne (Alberto Capozzi), il grande musicista russo, era giunto a Napoli da tre giorni. Aveva preso in fitto Villa Mare, una delle più belle dimore di Posillipo, ma dalla sera del suo arrivo non si era ancor mosso dalla propria stanza.

Don Antonio (Achille Vitti) e sua moglie (Ida Carloni Talli), i custodi della villa, Chiarastella (Silvana) e le sue sorelle, le figlie di don Antonio, erano incuriositi da tanto mistero. Perché s’era chiuso così solo e non voleva vedere nessuno?

Una notte, precisamente la terza notte, Chiarastella che indugiava sulla loggia con le sorelline per godersi il meraviglioso spettacolo delle stelle cadenti, vide il forestiere affacciarsi al balcone, poi rientrare immediatamente.

Dopo qualche momento lo vide ancora scendere nel giardino, percorrere in fretta i viali, correre ad una balconata e salirvi, deciso a finirla, per precipitarsi… Chiarastella lo seguì, accorse, lo trattenne. Perché morire?

Per Sergio Stierne le mani di Chiarastella furono come un segno del destino e non osò più…

Sergio Stierne era venuto a Napoli per darsi pace di una passione infelice. Aveva amato Sofia Gorka (Mina d’Orvella) con tutta la speranza della sua giovinezza, ma presto ella fu stanca di lui e lo tradì con Stefano Gunder (Alfredo Barth). Sergio aveva creduto che un simile amore sarebbe stato senza fine e quando scoprì l’infedele, accecato dalla gelosia, fu lì per strozzarla… ma a che sarebbe giovato ?… Ed era invece fuggito lontano sperando di darsi pace.

E dopo la triste notte, lentamente, come un convalescente in cui ritorni la vita, la serenità tornò per Sergio Stierne: per virtù dei sorrisi di Chiarastella, per virtù del mare di Napoli.

Ma un giorno la triste realtà ritorna. Sofia Gorka, che neppure per Stefano Gunder è stata la felicità, ripresa dal desiderio dell’amante perduto, lo scova e lo raggiunge e Stafano Gunder la segue.

A Napoli, invano allontanata da Chiarastella che l’ha riconosciuta ed ha intuito il dramma per un lembo di velo nero e un ritratto trovati in un angolo della stanza di Sergio mentre l’adorna di fiori, Sofia Gorka, guidata da un marinaio, sorprende Sergio di notte nella sua stanza. Sergio la scaccia, davanti a Chiarastella che sopraggiunge.

Sofia Gorka, ferita, ma non domata, minaccia di uccidersi se Sergio non torna da lei. È questo il suo ultimo tentativo di seduzione ed indica dalla finestra uno scoglio dal quale si precipiterà.

Sergio, abbattuto e combattuto, la vede uscire dalla stanza… Chiarastella si getta ai suoi piedi e lo prega di non andare, ma Sergio non sa più resistere, è come trascinato. L’antica passione lo riprende e fugge per raggiungere Sofia.

Sofia è già sullo scoglio, certa che Sergio verrà. Stefano, che l’ha seguita, la scorge e la raggiunge, ma ella lo scaccia… Il nuovo amante, offeso nella sua passione, non sa più frenare la propria collera. Una tragica lotta s’impegna tra i due. Stefano vuole travolgerla con sè nel gorgo. Sergio scorge da lontano i due avvinghiati, sta per precipitarsi, ma Chiarastella gli si para davanti, gli si aggrappa, gl’impedisce di andare oltre… Stefano e Sofia scompaiono dalla sua vista, giù dagli scogli…

« Per te, per salvarti!…» grida Chiarastella a Sergio, tremante, e gli copre gli occhi perché non guardi…

Poi… il mare di Napoli cullò lungamente la serena felicità di Sergio e Chiarastella.

una scena del film

La critica. « È di Carmine Gallone e tanto nomini, ecc. ecc. Aggiungete che si tratta di un film scommessa, cioè ideato, scritto, girato e montato in quattro giorni. Solo la genialità italiana poteva battere un simile record. Gallone naturalmente ha fatto largo uso di esterni, e sulle dolcezze del golfo di Napoli, ha ricamato la sua trama d’un vago profumo lamartiniano o mussettiano. Bravo Carmine! Italy for ever! » (La rivista cinematografica, Torino, 10 ottobre 1920)

C’è una classifica al Guinness dei primati per il regista più veloce del cinema muto?

Avatar, Cines 1916 in London

Avatar 1916
Amleto (Hamlet) Novelli, André Habay, Soava Gallone in Avatar (1916)

A trade show unusual interest will take place at the West End Cinema on Thursday next, when Unicorn Films Ltd., will screen their first big exclusive, “Avatar,” founded on the novel of the same name by the famous french writer, Gautier. “Avatar,” a Cines production featuring Hamlet Novelli, of  Quo Vadis? fame, is now being shown a the Vaudeville Theatre, Paris, where, according to our Paris correspondent, it is booked for a run of some months. Unlike most of the films in which Signor Novelli has been featured, it is of moderate length (four reels), and this should commend it to exhibitors who do not care for the speculation involved in booking an exceptionally long subject.

The Unicorn Film Co. expect great things from the film, which has already met with an enthusiastic reception in Rome, Paris, and Madrid. The well-known french dramatic critic, Émile Bergerat, devoted over two columns of the Figaro to an appreciative review, and many other newspapers, which do not usually touch on film matters, have been equally prodigal of their space in dealing with Avatar. Until we have seen the film we must reserve our judgment, but we shall look forward to the trade show with curiosity.
(The Kinematograph and Lantern Weekly in La Cinematografia Italiana ed Estera, 15 luglio 1916)

More about this film in italian and french (the review of Émile Bergerat) here: Avatar 1916

Avatar – Cines 1916

Soava Gallona, interprete di Avatar 1915
Soava Gallona, interprete di Avatar 1915

E’ vero che in Italia è stato fatto tanti anni fa un film che si chiamava Avatar? Ha qualcosa a che vedere con l’Avatar di Cameron?
Ecco quello che più di uno mi ha domandato, ed ecco due o tre cose che so di Avatar, versione 1915, uscito nella sale nei primi mesi del 1916, dopo alcuni problemi con la censura.

Questo primo Avatar è una produzione della romana Cines. Messa in scena e riduzione per lo schermo, dall’omonima novella di Théophile Gauthier (1857), a carico di Carmine Gallone, prolifico regista del cinema muto e sonoro, amante (come James Cameron) delle mega-produzioni cinematografiche dove non si bada a spese, ma questa caratteristica la svilupperà qualche anno dopo. Per il momento, autunno 1915, Gallone è un regista-sceneggiatore di successo sotto la stretta vigilanza dell’amministrazione Cines che non navigava in buone acque, colpa della entrata dell’Italia nella Prima Guerra Mondiale (maggio 1915):

“I cartelli della réclame avvertivano che Gabriele D’Annunzio ha definito questo film come un primo tentativo di cinematografia dell’avvenire. Sia vero o no il giudizio del Poeta delle Laudi, questa riduzione della strana e suggestiva novella di Théophile Gauthier ci convince una volta di più come la cinematografia debba necessariamente allontanarsi da tutte le piccole vicende comuni, in cui l’amore, l’adulterio, l’intrigo, il delitto, si ripetono con una monotonia desolante, per elevarsi in quell’atmosfera di irrealtà e di sogno ove la fantasia può liberamente compiere ogni volo più ardito e sfrenato. (…) Avatar è, indubbiamente, uno dei lavori cinematografici più interessanti da questo punto di vista di rinnovamento: il caso tragico così mirabilmente narrato dalla prosa incisiva e profonda dallo scrittore francese poteva e doveva trovare nella cinematografia uno sviluppo grande e possente efficacia. Carmine Gallone ha compiuto il prodigio. (…) L’interpretazione di André Habay – attore magnifico che va rapidamente salendo l’aspra ascesa della celebrità -, di Amleto Novelli, di Soava Gallone e del Mastripietri e di tutti gli altri ha notevolmente contribuito a fare di Avatar un’opera cinematografica eccezionale.”

Altre recensioni ricordano il lavoro dell’operatore Domenico Grimaldi che “riuscì in effetti sorprendenti come le fiammelle che si sprigionano dai corpi e si ricongiungono nell’etere”.

Secondo Vittorio Martinelli, il titolo Avatar venne adottato solo per le prime visioni ed in seguito fu aggiunto il sottotitolo: Lo scambio delle anime.

Che fine ha fatto questo film? Difficile dirlo. Io provo a inserirlo nella lista di Lost Films.

Vi lascio con un recensione d’epoca pubblicata nel quotidiano francese Le Figaro e ripresa dalla rivista L’Arte Muta (15 ottobre-15 novembre 1916):

«Théophile Gautier, a été toute sa vie hanté des problèmes spiritualistes. Il y a exercé inlassablement les dons sans pairs de sa palette verbale. Depuis Albertus, son premier poème de jeunesse, dont le sous-titre est: L’Âme et le péché, jusqu’à Spirite, roman occultiste, en passant par la Comédie de la mort, Jettatura, le Chevalier doublé, et d’autres contes encore, son œuvre n’est qu’une longue incantation métaphysique aux mystères de l’Au-delà. Avatar est peut-âtre le cri le plus sonore de son angoisse. Il est aussi, pour les gens de l’art, un prodige de «patte» littéraire.

Un jeune Parisien, Octave de Saville, a conçu pour une merveilleuse créature, Prascovie Labinska, femme du comte polonais Olaf Labinski, l’un de ces amours qui tuent parce qu’ils sont sans espoir et il en meurt. La comtesse adore son mari et nul autre que lui ne féra jamais battre son cœur. La mère et les amis d’Octave, désespérés de le voir succomber de jour en jour a une neurasthénie dont aucun d’eux ne comprend, ni ne devine la cause, avarement cachée, profitent, de la présence a Paris d’un médecin extraordinaire, sorte de Docteur Noir, pour qui ni maux ni douleurs n’ont de mystère, et qui, de retour des Indes, s’y est initié a la science brahmanique. Ils l’envoient donc au malade. D’un coup d’œil et après quelques mots échangés, le thérapeute infaillible juge le malade incurable et perdu. Un seul moyen de salut reste encore, mais quel moyen, et comment en proposer l’emploi a un homme qui, délibérément, veut mourir ?

Le docteur a connu aux Indes, dans l’ile Elephanta, un fakir de la secte de Vichnou (on les appelle : Vichnou-baktas) qui, grâce a des austérités terribles, était parvenu a détacher, vivant, son âme de son corps et a l’y faire rentrer à volonté après un exode plus ou moins prolongé hors de sa gaine. Cet ascète illuminé lui a passe son secret. «Voulez-vous en essayer?», offre-t-il a Octave. Mais a quoi servirait au pauvre amoureux de se prêter a un pareil miracle et de lancer en pérégrination une âme dont les yeux de Parscovie sont le port et l’élan ? Il en irait tout autrement, si par un troc consécutif, cette âme allait se loger dans le corps du mari, évacué de la sienne, et, par un procède d’échange renouvelé de l’Amphitryon de Plaute et de Molière, conférait a l’amant les privilèges conjugaux de l’ayant droit sans que l’Alcmène y perdit l’honneur invulnérable de sa fidélité de Pénélope.

Revêtu donc des apparences matérielles d’Olaf, Olivier se présente a l’hôtel Labinski, s’y perd d’abord fort comiquement, n’en connaissant pas les aîtres ni les domestiques, et pénètre enfin jusqu’à la vertueuse comtesse. C’est, eut dit Francisque Sarcey, la scène a faire, mais il y fallait un grand poète spiritualiste. Avec son instinct quasi virginal d’honnête femme, Prascovie, sans comprendre son propre trouble et sa gêne physique devant un maitre dont l’amour la fait esclave, s’étonne, se débat, finalement se refuse pour la première fois a la domination adorée, et elle déjoue le sortilège.

D’autre part, le comte polonais, sous des espèces physiques qui ne sont pas les siennes, rivé a des habitudes contradictoires à sa volonté, brulé par un corps d’emprunt comme par la tunique du Centaure et secouant son avatar à tous les angles de la réalité, en arrive a concevoir un doute interne. Prascovie serait-elle le prix de la métamorphose? Il court éperdument à son hôtel, veut y pénétrer de force et en est chassé par ses gens qui ne le reconnaissent point et le prennent pour un dément. Une carte enfin lui révèle le nom de son voleur d’identité. Il le provoque et les voilà sur le terrain.

Duel étrange, hyperbolique, dont le docteur indien est le médecin assistant, et qui, par l’effet de la métamorphose, arme les combattants contre eux-mêmes. Ils ne peuvent se tuer sans suicide. Mais Olaf-Olivier fait sauter l’épée d’Olivier-Olaf ; tous deux s’arrêtent, se regardent, et l’honneur de la comtesse étant démontré par les preuves que le mari en a trouvées dans le journal même du malade, ils somment Balthazar d’opérer le contre-avatar où ils doivent retrouver, avec l’âme de leur corps, l’équilibre de la vie.
La translation cinématograhique de ce conte célèbre est tout a fait remarquable et constitue elle-même un avatar véritable. Je ne croyais pas, je l’avoue qu’il fut possible de le réaliser sans le déformer et le mettre au point, au triste point, du théâtre tel que la scribolatrie régnante l’impose encore au public. Est-ce le signal tant attendu de la rentrée des poètes sur la scène française et, de ce côte aussi, allons-nous enfin refouler le grossier matérialisme de la muse allemande? Ce serait la gloire de l’art du film et sa part de victoire. Rien ne vaut, en somme, sous le lustre, la mise en œuvre d’un beau poème exécuté et conçu par un grand manieur de rêves, et je me suis laissé dire que Shakespeare n’y a guère fait d’autre travail, notamment dans son Hamlet, de psychique mémoire.»
EMILE BERGERAT (Le Figaro)