La Morsa della Morte Giglio Films 1915

Cinema Splendor, Torino, 18 gennaio 1915

La film veramente appare con la marca della Ditta Giglio, perché Mario Bonnard, il titolare della nuova Casa, trovandosi richiamato in servizio militare, non potè prender parte alla esecuzione della sua prima film, la quale perciò, vergognosa di essere della «Bonnard» senza Bonnard, si riparò sotto le pudiche virginee insegne del Giglio.

Se volessi ricercare la paternità del soggetto, o almeno la provenienza prima, dovrei forse recarmi in Silistria. Certo la trama è diversa, ma chi può negare che i caratteri generali dell’azione cinematografica immaginata dal Mazzolotti non ricordino molto da vicino quella serie di avventure che la Casa Pasquali ha fatte accadere nell’immaginario Stato di Silistria?

Un intrigo dinastico, piccolo e anacronistico, è la base della commedia drammatica del Mazzolotti. Un matrimonio morganatico, un figlio di principe che non sa l’essere suo, una principessa sua cugina che ricerca il cugino scomparso, e lo ritrova nell’ufficiale che la accompagnava e del quale si era innamorata, una Società segreta creata dal ministro che vuole sbarazzarsi dell’incomodo cugino, e, infine, la scoperta di ogni cosa, la punizione del ministro fellone e traditore, e la felicità dei due giovani, uniti dal destino e dalle avversità. Questo lo scheletro del soggetto, incarnato con molta abilità dal Mazzolotti che seppe trarne un dramma interessante e suggestivo.

La messa in scena, molto pregevole in alcuni punti, è, in altri, un po’ trascurata. Occorre del resto pensare che in quel tempo il Mazzolotti fu anch’esso richiamato sotto le armi, e ognuno può comprendere che non poteva avere il tempo e la calma per condurre alla perfezione l’opera sua.

Eccellente l’interpretazione artistica. Squisita Cristina Ruspoli dalla grazia e dall’incesso veramente principesco, ottime la signora Fosca ed Elide De Sevre. Discreto il Casaleggio che fece quanto poteva in una parte superiore alle sue forze. Discreto anche il Metellio, ed efficacissimo Luigi Duse nella parte del ministro.

Belle le scene, ricchi e armonici gli ambienti. Assai bella la fotografia.

(La Cinematografia Italiana ed Estera)

Elvira Coda e Nicola Notari

Cartolina ricordo della sala di Menotti Cattaneo, pioniere dell’esercizio napoletano e cliente abituale della famiglia Notari nei primi anni del ‘900 © Collezione Archivio In Penombra

Le biografie socioculturali di Elvira Coda e Nicola Notari si intrecciano al costituirsi di una modalità napoletana di produzione cinematografica. Quanto si sa del loro retroterra e del loro ingresso nel mondo del cinema è illuminante. Di famiglia modesta, Elvira Coda era nata a Salerno il 10 febbraio 1875, da Diego Coda e Agnese Vignes. A differenza di tante donne del suo tempo, soprattutto al di fuori dei circoli socialmente elevati, venne mandata a scuola a farsi un’educazione. (…) Conclusi gli studi, Coda si trasferì a Napoli con la famiglia, dove si mise a lavorare come modista. (…) Il 25 agosto 1902, a ventisette anni — un’età decisamente avanzata rispetto ai costumi meridionali dell’epoca sposò Nicola Notari. Ebbero tre figli: Edoardo, che divenne attore nell’impresa familiare; Dora, che le fornì il nome; e Maria, che non prese parte agli affari di famiglia.
Nicola Notari fu costretto a guadagnarsi da vivere fin da bambino. Di indole artistica, si dedicò alla produzione di dipinti di soggetto popolare, ma i suoi paesaggi, nature morte e scene del genere non gli davano da vivere. Scoraggiato, cominciò a colorare a mano fotografie, attività che si rivelò assai più lucrativa, e collaborò da esterno con vari fotografi napoletani. Gli fecero da assistenti prima la sorella Olga, poi Elvira, che nel frattempo aveva sposato.
Dalle fotografie, i Notari passarono alla colorazione di film, facendo così il loro ingresso nella montante industria cinematografica napoletana. Cominciarono a colorare film su commissione per la casa di Roberto Troncone e per Menotti Cattaneo. Nel 1906, a detta di Edoardo Notari, i genitori presero a produrre film in proprio.
Giuliana Bruno (Rovine con vista – Alla ricerca del cinema perduto di Elvira Notari; La Tartaruga edizioni 1995 pp. 92/95)

Come regola generale non bisogna affidare una ricerca alla memoria orale per molto utile e soprattutto comodo che a prima vista possa sembrare. Edoardo Notari poi, nato a Napoli il primo gennaio 1903, aveva 3 anni nel 1906, difficilmente può diventare un testimone attendibile, e tutti gli altri sono morti da lungo tempo. In mancanza di sopravvissuti, facciamo parlare i morti, in questo caso una lapide al cimitero di Verano. In un post di Flavia Amabile su Instagram del 28 febbraio scorso si vede la lapide sulla tomba di Elvira, Nicola e… Olga Notari. Di quest’ultima nessuno, nelle numerose biografia dedicate a Elvira Notari, prima regista cinematografica italiana, si trattiene molto. Una perfetta sconosciuta, o quasi. Vediamo un po’ chi è, o meglio, chi fu.

Stabilimenti Cines, Roma 1907. La coloritura delle pellicole per la cinematografia colori.

La giovinetta che si avvelenò in via degli Ernici

Roma, Venerdì 13 dicembre 1907. In via degli Ernici 43, fuori porta San Lorenzo, aveva preso alloggio da oltre un mese fa la famiglia del coloratore di pellicole cinematografiche Edoardo Notari, composta dalla moglie di questi Ippolita e dei figli Umberto d’anni 27 ammogliato, e Olga d’anni 17.

La famiglia, d’origine napoletana, proveniva precisamente da Napoli, dove si erano avviati nell’arte esercitata dal vecchio Notari anche i figli, però qualche mese fa per ragione di lavoro vennero nella deliberazione di cambiar studio e venire a Roma previo accordo di essere occupati presso lo stabilimento Cines.

Questo cambiamento di residenza però non piacque molto ad Olga che, giovane e bella aveva accettato la corte del fratello di sua cognata, Giovanni Bilodono, d’anni 23, da Reggio Calabria, ufficiale postale.

Prima di lasciare definitivamente Napoli, la graziosa giovanetta si fece giurare dal suo Giovanni che le avrebbe scritto e non l’avrebbe dimenticata.

Giovanni le fece tutte le promesse e i giuramenti possibili, ma Olga dopo la sua venuta in Roma per quanto abbia scritto non ha potuto mai avere risposta.

La povera ragazza impensierita e preoccupata da questa trascuranza non ebbe più pace e in questi ultimi giorni nella sua mente balenò la triste idea del suicidio.

Ieri mattina alle 10, dopo aver scritto una lunga lettera all’ingrato fidanzato, presa da uno scaffale una boccettina contenente della liscivia, la bevve d’un sorso e si ritirò nella sua stanza in attesa che la morte venisse a toglierle l’ambascia che la divorava.

Però dopo qualche tempo, presa da dolori terribili viscerali, confessò al fratello il folle suo tentativo.

Nel momento della dichiarazione questi preso da furore, credendo che la cosa fosse lieve diede alla sorella uno schiaffo poi tentò da sé di praticarle le prime cure: ma assicuratosi poi della gravità del caso, in unione della madre Ippolita e della guardia municipale in borghese Enrico Santucci, condusse la sorella all’ospedale di S. Antonio.

Qui giunta il dottor Ferretti che la visitò, la trovò in stato gravissimo, tanto che non gli fu possibile poterle praticare la lavanda dallo stomaco, e la giudicò in pericolo di vita.

La guardia Ruggeri di servizio all’ospedale, sequestrò nelle tasche della giovinetta la bottiglia di cui essa si era servita per darsi alla morte, completamente vuota.

Alle 19.40 la povera Olga fra spasmi atroci cessava di vivere.

Il cadavere è rimasto a disposizione del pretore del sesto mandamento per constatazioni di legge.

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Questa primizia fa parte delle 150 cose che so di Elvira Coda Notari in occasione del 150° anniversario della nascita.

Comportati bene e ricorda dove hai letto questo post, grazie. Sono 25 anni che un numeroso gruppo di simpatici storici del cinema cercano di cancellare ogni mia traccia, altro che Damnatio Memoriae...

I cinema aboliscono le orchestre

Leda Gys in Santarellina, messa in scena di Eugenio Perego, produzione Lombardo Film Napoli 1923, soggetto dall’operetta Manz’elle Nitouche (1883) di Meilhac e Milhaud, musicata da Hervé

Torino, 18 aprile 1925

Quando venne reso noto il Decreto Governativo col quale si affidava alla Società Autori l’incarico dell’esazione dei diritti erariali sui biglietti dei cinematografi, abbiamo consigliato gli esercenti di tutta Italia a scuotersi una buona volta dalla loro proverbiale apatia, e guardare un pò più in là della punta del proprio naso, poiché prevedevamo a quali risultati ci avrebbe condotto la tutela di un Ente notoriamente avverso al cinematrografo.

In un primo tempo ci è sembrato che la nostra voce fosse stata accolta; infatti si è delineato subito un movimento tendente ad ottenere dal Governo una proroga per avere il tempo di prospettare poi, con più calma, la vera situazione della maggior parte dei locali di proiezione, ed il danno che ne avrebbero risentito. Ma dopo pochi giorni i propositi di resistenza sono sfumati, ed accontentandosi delle solite vaghe promesse i dirigenti del movimento ritornarono sui loro passi e tutto finì come finiscono le cose… cinematografiche. Il decreto ebbe la sua piena effetuazione e la Società degli Autori si è potuta insediare – troneggiante e dispotica – in tutti i locali cinematografici del bell’italo suolo.

Da quel momento gli esercenti finirono di essere padroni in casa propria, per venir guardati e sorvegliati con occhio sospetto, quasi con propositi ostili.

Comunque, ciascuno si assoggettò alle nuove disposizioni, sperando sempre che un giorno o l’altro il Governo si sarebbe persuaso della giustezza dei loro reclami, ed avrebbe concesso un’equa riduzione della tassa, per non mandare in malora una buona parte dei locali, specie di provincia; che non possono sopportare oltre gli enormi tributi a cui sono assoggettati.

In questi giorni si delinea all’orizzonte una nuova minaccia: la Società degli Autori intende elevare di molto la percentuale sui diritti musicali, tanto che a Roma è già avvenuta una riunione dei proprietari di cinematografi, e dopo una lunga discussione è stato votato all’unanimità il seguente ordine del giorno, con la nomina di una Commissione perché lo presenti e lo illustri alle autorità cittadine, e sottoscrivendo un accordo per la eliminazione di una parte della produzione musicale del repertorio dei cinematografi, con conseguente modificazione radicale del complemento orchestrale delle proiezioni:

«L’assemblea generale dei cinematografisti della Sezione Romana, tenuta il 14 aprile 1925, di fronte alla nuova pretesa della Società Italiana degli Autori che con lettera dell’7 aprile 1925 ha comunicato, dal primo di detto mese, l’aumento dal 100 al 150 per cento della tassa mensile per i diritti di autore nella produzione musicale usata, e preannunciato un ulteriore aumento dal 1° novembre p. v. pur sapendo che gli esercizi cinematografici sono in viva attesa dello sgravio del tributo supplementare promesso dal ministro delle Finanze, per garantire la continuità degli spettacoli cinematografici;

mentre richiama l’attenzione del Governo sui gravi effetti del principio che informò la concessione dell’esazione di un tributo erariale ad un Ente privato concorrente del cinematografo e costata che le prevenzioni dei cinematografisti erano pienamente giustificate;

dichiara che il compenso all’autore per la musica eseguita nel cinematografo a secondario complemento dello spettacolo, non può essere di molto inferiore a quello fissato per gli altri spettacoli, che la produzione musicale è parte principale, e necessaria;

chiarisce che le considerazioni avanzate dalla Società degli Autori sugli utili dei cinematografi sono totalmente arbitrarie ed esagerate, poiché all’Ente predetto non sono cognite le ingenti spese imposte agli esercizi in misura molto superiore a quelle delle altre categorie di spettacoli;

conferma che gli esercizi non possono sopportare l’aumento della tassa mensile preteso dalla Società e lo respinge;

e riservandosi di procedere alla radicale immediata modificazione del complemento musicale agli spettacoli cinematografici;

domanda la solidarietà della. Federazione nazionale esercenti Cinema e commercianti in Films per questa importante questione che minaccia gravemente l’intero commercio cinematografico italiano ».

Approviamo incondizionatamente la decisione dei cinematografisti della Capitale e vogliamo credere che di conseguenza si uniformeranno anche quelli delle altre città.

A smorzare gli appetiti della Società degli Autori basterà; per intanto, che si mettano tutti d’accordo onde formare un repertorio cinematografico proprio con musica di pubblico dominio e musica nuova scritta appositamente.

In seguito si potrà pensare alla creazione di un Ente musicale, che potrebbe avere vita rigogliosa e prospera.

Torneremo sull’argomento.