
Roma, agosto 1920. Lettera di Valentino Soldani in risposta al senatore Benedetto Croce, ministro per l’istruzione.
Ero in giro quando fui colpito, quale istigatore a delitto, da Benedetto, filosofo per censo e ministro per filosofia, Croce.
Torno a Firenze e trovo sul Nuovo Giornale la escussione de’ testi già inoltrata. Facciamo un po’ di sosta. Decapitato dal Senatore Ministro, come un San Miniato qualunque io porto la mia testa in mano, pronto a gettarla io stesso in pasto ai cani.
La buonanima di Ferravilla ha già creato quel prodezzoso Tecoppa che fa accoppare dai frequentatori d’una bettola di Porta Ticinese il povero diavolo il quale tenta rimproverargli un’estorsione subita. E per fare accoppare il malcapitato che ha ragione, Tecoppa strepita a’ suoi colleghi d’osteria che colui: ha detto male di Garibaldi.
Se non ci fosse stato il Tecoppa ferravilliano, Benedetto Croce avrebbe avuta ‘na bbella penzata ad accusare il comitato fiorentino di voler metter Dante in cinematografo per le donne e i ragazzi.
Ma Tecoppa c’era prima e Benedetto Croce ha fatto una meschina figura e Ugo Ojetti, è tratto in errore non so da chi, né come, quando narra che una Società Cinematografica non solo non chiedeva denaro, ma ne offriva a certe condizioni.
M’importa chiarire questo fatto, anche perché, la Società in parola essendo artisticamente diretta da me, non mi capiti di essere fatto senatore per… censo e un giorno o l’altro — si sa, i Ministri cadono — non mi capiti di fare il filosofo e precedere il posto di Ministro.
Io, dunque, non offrivo denaro; ma semplicemente proponevo un po’ di collaborazione ai festeggiamenti.
Mi spiegherò con due esempi:
1° Occorreva al Comitato fiorentino fare un cartellone per bandire le onoranze in tutto il mondo?
— Ne occorrevano due, tre, dieci, anche per lanciare la film.
I premi del concorso indetto dal Comitato fiorentino potevano essere triplicati col nostro aiuto e noi avremo avuta amplia scelta per vari cartelloni, e i concorrenti avrebbero avuta maggior soddisfazione morale e pecuniaria.
2° Si parlava di feste coreografiche al cui pensiero tanti bene pensanti inorridiscono, impallidiscono e tremano?
— Noi, finito il nostro film, avremmo messo a disposizione del Comitato fiorentino, una ricostruzione di Firenze trecentesca sopra un’estensione di più che sessantamila metri quadri, migliaia di costumi esattissimi, attrezzi, strumenti, apparati, per questa parte coreografica.
La società costituita con mezzi ingenti per questa aborrita cinematografia, intendeva, solo per secondare la mia iniziativa, così a far più vasto il programma dei festeggiamenti. Altro che far cose per donne e ragazzi!
Però… però…
Adagio anche su questo.
Giorni or sono mi sono fermato in San Frediano — dico: San Frediano — ove un fitto agglomeramento di gente del popolo di quel quartiere, faceva cerchia intorno ad un uomo. E questi notissimo in Firenze ed ha ancora, nel suo modo di stare col pubblico qualcosa dell’antico cantastorie, qualcosa del rapsodo antichissimo. Egli spaccia le sue merci; ma prima parla al popolo di temi diversi; e sovente domanda agi ascoltatori stessi il tema da scegliere.
Una donna, con la prestezza delle popolane nostre chiese al rapsodo:
— Dante!
E il rapsodo della piazza parlò del Poeta del Paradiso. E ne parlò con parola facile e piana, con una competenza da far pensare; senza errori di San Pietro Scheraggio, lui, non Ministro.
E disse e citò versi. E quei popolani di San Frediano — dico: San Frediano — stettero attenti e commossi, sentendo qualcosa di più puro che le maldigeste dottrine sociali volare sopra le loro teste. E comprarono moltissimi, un canto della prima Cantica che il rapsodo vendè.
Molti si compiacquero nel nome di Dante, come gli antichi, forse in nome di un Dio tutelare o di un Santo…
Ah! Quell’uomo in quel momento sopra quella folla, fece bene più, assai più di quanto non sappia farne un Ministro per censo!
Sì, lo so! Parafrasando la celebre risposta di Dante al buffone, il Ministro filosofo mi potrebbe rispondere del rapsodo:
— Perché egli è più de’ tuoi che de’ miei!…
Un momento, Eccellenza! Come filosofo potrebbe darsi che aveste ragione; ma come Ministro dell’Istruzione di un popolo, avete torto, torto marcissimo! Bisogna conoscere l’anima del popolo che si pretende ministrare; se no, se si ha dignità, si torna a casa a far il filosofo ed anche Senatore per censo.
Tanto più quando, come Ministro dell’Istruzione, dopo aver affermato ad illustri stranieri ch’essi non hanno forse mai letto Dante… si vanta come bbella penzata, degna del nome di Dante, il restauro di San Piero Scheraggio che io farò per il mio film…
Ah! se la mia ditta fosse americana un suo amministratore, certo direbbe al Ministro della Istruzione:
— Noleggiatemi pulpito vero, per mettere esso in chiesa non vera. All right! Buono per réclame! Quanto costa? Non chiedete eccessiva moneta; Italia molto indigente! Basta pochi dollari.
Grande misfortuna per Dante! anche dopo morto nascere in un paese così estremamente povero. Aoh! Grande misfortuna!
Valentino Soldani