
(Dalla stampa, agosto 1921). Come sviluppo di programma connesso al graduale ampliamento della Zona di influenza nello esercizio dei Cinematografi, la Società Anonima Stefano Pittaluga, anche in unione a spiccate personalità del mondo commerciale e finanziario, ha favorito l’iniziativa della Costituzione di Enti Immobiliari aventi per finalità diretta l’acquisto e la costituzione di Locali di Pubblico Spettacolo.
Così in Roma venne costituita la Società Anonima Immobiliare Pinciana, il suo Consiglio di Amministrazione venne formato dai Signori: Conte Ludovico Taverna; Aboaf Comm. Alessandro; Stefano Pittaluga; Levi Isaia; Cav. Pietro Ceriana; Ing. Orti Manara; Ing. Guglielmo Olivetti; Cav. Vecchio Verdarame; Comm. Avv. Alfredo Foligno; Avv. Vittorio Sacerdote.
Il capitale di Lire 1.000.000, è in corso di aumento a Lire 2.400.000 per sottoscrizioni già assicurate.
In Firenze venne inoltre costituita la Società Anonima Immobiliare Cinematografica Toscana, col capitale di Lire 1.000.000, interamente versato, colla nomina ad unico Consigliere d’Amministrazione del Signor Stefano Pittaluga. Trattasi di iniziative che pure essendo dirette a finalità distinte vengono ad integrare la Società Anonima Stefano Pittaluga rinforzandola e consolidandola nella sua posizione.
Un gruppo di fiorentini insieme ad un lungo manoscritto, ci ha fatto pervenire la seguente lettera:
Spett. Direttore:
La presente “orazione” per la verità delle cose, per il decoro delle genti e per tale decoro che almeno le genti sappiano e che insieme alle genti corbellate anche Messer Pittaluga sappia il pensiero nostro.
Orazione
L’invasione Pittaluga e l’industria cinematografica
Anche in Toscana come in Piemonte – Liguria, come a Roma è piovuta la disgrazia nell’Industria Cinematografica.
La ridda dei milioni ha danzato la danza macabra dell’assolutismo; ha segnata l’ora triste e desolata in cui il marchio vergognoso della servile sete di oro impresso alle coscienze comprate, è apparso alla piena luce del giorno senza più alcun pudore e ritegno: vittorioso di quelli che volenti o nolenti hanno dovuto sentire immediatamente dopo il turpe mercato bruciare nelle mani quei fogli di grosso taglio; di quelle coscienze che hanno dovuto sentire nella strozza un singulto di amaro come il tossico per il pentimento della moneta raccolta con servile sollecitudine, e una lama che non perdona (il rimorso), deve aver loro inciso una parola terribile nel cuore per non aver saputo resistere all’abbarbagliamento dei milioni che Satana gli ha posto davanti agli occhi, e difendere invece la propria industria come la propria creatura: vile… e piangeranno lacrime di acqua scipita e si batteranno il petto senza rimedio: vile… e quella lama che ha scolpito così nel loro cuore, ha scolpito così fendendo profondo, e per molto e molto resterà il solco nel loro sangue.
Perché hanno aperto la Casa all’invasore? Erano al crollo della loro azienda? No, erano al benessere dell’Industriale che ha accumulata la ricchezza con le fatiche di molti anni di lavoro: Che bisogno impellente hanno avuto?
Il bene dell’Industria? No.
L’invasione Pittaluga non può essere un bene ma è un male grande dell’Industria stessa. È un ciclone enorme che schiaccia e demolisce e frantuma quella che è già per sé una male organizzata Industria Cinematografica.
Il Pittaluga piomba a volo di corvo sul desolato campo di battaglia perduta, ed irride ai morti, ai moribondi ed ai feriti, e fa accozzaglia di tutto.
Buono, cattivo, zavorra…
« Qua a me cosa avete in bottega » egli dice.
Pelle nuova e vecchia, cenci, bardature, scarpe vecchie, ferramenta, rottami, mota… che importa? Quanto? Quanto pesa?
L’interpellato non ha più fiato… Teme sognare…
« Sono cinquanta chilometri di negativo e 250,000 di positivo…».
Pittaluga è marmoreo… non batte ciglio:
« Quanti quintali? ».
« Faccia lei ».
L’interpellato è sgomento; non ha parole, ma il miliardario, ripete secco, impassibile come nella conquista dell’Europa:
« La Nota: fatemi avere la nota dei films che avete in magazzino e dei Cinematografi di cui disponete… ».
L’interpellato respira appena.
« Un milione a quintale; Va bene? » offre Pittaluga.
« Anche i Cinematografi… ?? ».
L’interpellato teme gli crepi il cuore dall’emozione: col capo ciondoloni si genuflette fino a terra. Il sogno si avvera: C’è la ridda dei milioni.
E dove porterà tutti quei vagoni di rottami? Per chi saranno tutti quei rimasugli di guerra? Tutti quei fondi di magazzino? Chi pagherà tutte quelle tonnellate e tonnellate di zavorra? Chi??? Il pubblico d’Italia. Diamine… Il popolo Italiano…
L’ardito genovese è convinto che il popolo Italiano sia un grande imbecille; è convinto che del pubblico se ne può fare quel che si vuole; è convinto che il pubblico che vuole andare al Cinematografo andrà a vedere tutto ciò che lui vorrà; tutto ciò che gli imporrà di vedere; tutto quello che da lui fu comprato a tonnellate e a suon di milioni, per spazzare il terreno al suo trono di cartone, il pubblico sarà obbligato ripagarlo a once con il biglietto d’ingresso. Spettacolo per spettacolo. Una volta padrone di tutti i locali d’Italia le case produttrici se vorranno vendere nel loro paese saranno e già sono alla sua mercè. Senza più temere concorrenza alcuna egli può comprare e non comprare; scegliere e non scegliere; pagare venti e pagare due a seconda che gli piacerà. E se pagherà due là dove sarebbe stato giusto pagare venti (a parte se ciò può essere o no un beneficio all’Industria) chi ne ritrarrà l’utile maggiore se il pubblico dovrà sempre pagare il suo biglietto a quota fissa come d’abitudine stabilito?
In mezzo a tanta pusillanimità CHE ALMENO IL PUBBLICO SAPPIA:
In Italia c’era un’Industria sola rimasta in piedi poderosamente: IL CINEMATOGRAFO. Ed il pubblico, nella città in cui era curata la scelta delle films con criteri d’Arte, come da un Cinema Corso di Roma, aveva dimostrato di accettare con grande entusiasmo lo studio e perfezionamento della scena muta. E questo studio che doveva essere sprone ed incitamento a correggere, a tentare vie nuove e vincere e sorpassare il tragico momento di una forte crisi all’Estero, è stato travolto tragicamente dal ciclone Pittaluga. Egli raccontò un giorno alle sue Banche amiche che il Pubblico porta a bizzeffe tutti i suoi quattrini ai Cinematografi: « Immaginate che affaroni se potremo essere i padroni di tutti i locali d’Italia?!!… ».
I banchieri per un attimo si sentirono svenire poi si riebbero, spalancarono gli occhi; corsero alle rispettive Casse e indicandole a Pittaluga esclamarono in coro genuflettendosi dinanzi a lui: « Tutto è nelle tue mani… ».