
Milano, settembre 1929. Un giudice, innanzi ai giurati che devono giudicare una giovane donna vestita di nero e velata, la quale non sembra troppo commossa né troppo impressionata per la sorte che l’attende, rievoca il mito di Pandora.
— La donna che sta dinnanzi a voi, è una nuova Pandora. Gli dei, per vendicarsi di noi deboli mortali, hanno accumulato in lei tutte le grazie e tutte le perfidie. Bisogna liberarne l’umanità sopprimendola. Chiedo la pena capitale.
I giurati però, e il pubblico tutto che assisteva al processo, erano spensierati come Epimeteo e Lulù poté scendere dal banco degli accusati e riprendere la vita dopo la grigia pausa che aveva seguito il delitto.
Figlia del popolo, per atavismo ed educazione piena dei più perversi principi, era stata raccolta, ancora giovanissima, dal direttore di un grande giornale, Peter Schoen, il quale fu la sua prima vittima. Avendola sposata, costretto a ciò dal fascino strano e terribile che da essa emanava, la sera stessa del matrimonio era stato trovato ucciso, il cranio fracassato da un colpo di rivoltella.
Lulù, per quanto arrestata sotto l’accusa di omicidio, non era stata la materiale esecutrice del delitto ma ne era certo moralmente la responsabile.
Che fare dopo l’assoluzione?
Il giovane segretario dell’ucciso, anche lui soggiogato dal fascino della novella Pandora osa affrontare il terribile destino e parte con lei. Dopo qualche tempo la loro vita diventa difficilissima e finiscono per ricorrere a degli espedienti, anche i meno onesti, le risorse per continuare a vivere. Arrivano in tal modo in un club malfamato, che ha la propria sede su di una vecchia nave che non può più affrontare il mare e rimane perciò eternamente ancorata lungo la cala.
Ogni sera numerose persone vi si recano per giocare clandestinamente.
Anche Lulù e il suo amico, Mark Hending, vanno nel club a tentare la fortuna, ma in breve, invece di guadagnare perdono anche il poco che era loro rimasto. Un cattivo consigliere consegna a Mark Hending un mazzetto di carte in precedenza preparato e il giovane vince a ogni colpo. Vince anzi troppo sfacciatamente, tanto che qualcuno degli altri giocatori si insospettisce e può sorprenderlo in flagrante. Il baro riesce a fuggire insieme a Lulù ma deve abbandonare la città e rifugiarsi a Londra. Dopo nuovi giorni di nerissima miseria, quando Lulù sta per abbandonare l’amico per scendere ancora e sempre più in basso, una sera di Natale passa l’Esercito della Salute, con trombe, prediche e doni e i due disgraziati si accodano al corteo incamminandosi verso la via della salute e della redenzione.
A dire il vero Zeus non aveva previsto questa fine edificante e nemmeno Vedekind nel suo dramma: La scatola di Pandora; che diventando però Lulù e passando dalla scena allo schermo è stato modificato per ragioni di pubblica morale.
La vicenda, in questo riassunto sembra breve, mentre al contrario il suo sviluppo è notevole per i molteplici episodi che vengono svolti nel film e le numerose scene d’ambiente che lo rendono molto interessante.
G. W. Pabst, realizzatore del lavoro, notissimo per una lunga serie di produzioni come questa di genere realista e anche super-realista, ha compiuto opera veramente notevole portando sullo schermo la vicenda di Vedekind.
L’illogicità della fine, non tanto in se stessa ma perché arriva troppo imprevista e improvvisa sorprendendo lo spettatore, non è certo idea sua o gli è stata imposta ed è stata eseguita come una misura di ripiego.
Questo fatto risulta tanto più evidente in quanto che nel film la vicenda, pur essendo condotta con tempo veloce, non trascura mai i particolari che devono collegare fra di loro i vari episodi e prospettarli in successione logica.
Assai piacevoli in questo lavoro, sono alcune scene d’ambiente fra cui, divertentissime, quelle che si svolgono fra le quinte di un music-hall.
La messa in scena, molto varia aderisce sempre al soggetto che inquadra, diventando, da gaia e luminosa nelle prime scene in casa di Peter Schoen o al teatro, triste e cupa quando deve mostrare il club nella stiva della vecchia nave e più ancora la topaia in cui i due disgraziati giovani si sono rifugiati a Londra.
Anche per la messa in scena, gli ultimi quadri, quelli dell’esercito della Salute, sono inferiori a tutto il resto del film e denotano una realizzazione affrettata e eseguita a parte.
In un lavoro come questo, come è facile immaginare, gli interpreti hanno una importanza capitale.
La parte della protagonista, sopratutto, presentava difficoltà grandissime, consistenti nel dover dare alla figura di Lulù un carattere di donna che fa il male quasi al di fuori della propria volontà, perché trascinata da un destino impostole dalla natura, incoscientemente.
Certe situazioni dovevano inoltre essere messe in valore ma in maniera tale da non offendere il buon gusto e la suscettibilità del pubblico.
La scelta dell’artista è stata felicissima.
Luisa Brooks ha saputo comprendere la parte e viverla con un sentimento artistico veramente notevole, dando a Lulù un rilievo tale da renderla la figura dominante in tutto il film. Ha saputo inoltre contenere sempre il suo personaggio nei giusti limiti non scendendo mai a manifestazioni volgari come sarebbe certo capitato a un’artista meno abile di lei.
Fritz Kortner ha interpretato assai bene la non felice parte del giovane segretario.
Anche in questo un tipo di debole più che di malvagio, un cavaliere Des Grieux moderno, un uomo che scende sempre più nella scala del vizio non perchè a ciò lo induca la sua volontà ma perchè attratto, affascinato, dalla potenza che emana dagli occhi della donna fatale. Peter Schoen, il direttore di giornali, la prima vittima di Lulù, ha avuto come interprete un attore di valore, Karl Goetz, il quale ha saputo presentare un personaggio che difficilmente si dimentica. Tutti e due assecondano in modo mirabile la protagonista.
Notevoli sono pure alcune figure di secondo piano fra cui quella assai caratteristica del padre adottivo di Lulù e suo cattivo consigliere. La tecnica e la fotografia sempre ottime.
Concludendo, questo film, se non è uno spettacolo eccezionale è, però, come abbiamo detto, sempre interessante. Specialmente per chi va a vederlo colla disposizione di assistere ad un lavoro pensato e saggiamente costruito anzi che a uno dei tanti fuochi di artificio che ora ci vengono presentati sullo schermo.
Ho cercato dappertutto ma non sono riuscita a risolvere il mistero: Che fine ha fatto il visto di censura del film Die Büchse der Pandora prima visione italiana agosto-settembre 1929?