
Ed ecco la piccola educanda prima attrice assoluta inquietare i fedeli della estetica con la minaccia del male, il male elegante per verità, una forma d’esaurimento che rivela sforzi di attuazione artistica, lavorio interno del pensiero riflessivo, applicazione indefinita, ardore di riuscita, infaticabile continua perseverante volontà, quella volontà che del modello di Paquin fa una donna temibile e che le darà i bei frutti duraturi anche nel pericoloso esercizio della cultura intensiva. Poiché Lyda Borelli è una volontaria, che la giovinezza ed il successo plurimo non distraggono dalle cure e dalle mire più degne. Figlia del secolo che corre all’impazzata pur di correre, ella nei gusti e nei desideri mostra intero il suo sentimento di bellezza, sentimento un po’ nostalgico che le fa amare con la frenesia del teuf-teuf, la poesia della mattutina cavalcata tra le siepi ed i rami visitati dall’albor solare; sentimento molto nostalgico che mentre l’assimila ad una figlia d’Inghilterra, adoratrice di tutto quello che è sport, la riconduce riflessiva ed assetata ad abbeverarsi di letteratura, smaniosa di adornare e coltivare la mente come se dovesse abbigliarla un Paquin ideale.
Quale strana creatura contraddittoria è la buona piccola educanda, semplice amica e compagna affettuosa, che salita ad essere l’esponente d’una potenza, il lusso, pure nel suo ieratico simbolo grave conserva la grazia ed il profumo della fanciulla, fanciulla nel senso più gentile e più squisito si, ma anche più nobile della parola!
Ed è pure la Circe, la fantasiosa Circe della favola, nata per ammaliare, educata e governata dal proprio istinto, per ammaliare, serena e tranquilla del suo destino, fiore di lusso che odora, fiore di serra che resiste, attrice bella insomma, esperimento della forza d’una teoria, piccola conquistatrice che conta all’attivo la nascita, se la bellezza è il dono divino ignoto inspiegabile tributato da una sconosciuta energia che vai meglio del sangue diretto, buono soltanto ad esplicarsi in un blasone.
Così Lyda Borelli, l’enigma femminile di fragilità, di contraddizioni, di volontà sentimentale racchiude sempre come un tesoro dall’occhio disceso nel cuore il battesimo visivo del nostro enigmatico, profondo, femminile mare nativo di Liguria che, soltanto fino al fortunato giorno ventiquattro del più fortunato mese di marzo, del fortunatissimo anno milleottocentottantotto si vide contendere la paternità della schiuma di Venere.
(Alessandro Varaldo, Fra viso e belletto – Riccardo Quintieri 1910)