
Quando il vecchio Garrigou annunziò al marchese di Croixmazenc che sulla strada davanti al castello c’era un uomo ferito e chiese dove lo si doveva ricoverare, Croixmazenc, preso da una strana commozione, sorse in piede a gridare: “No, non voglio, non voglio!”
Inutili furono le rispettose istanze dei domestici; inutili le preghiere insistenti della piccola Margot. Il vecchio fu inflessibile: “Che fate voi qui?” urlò ai domestici, “Via tutti! E tu”, aggiunse, rivolgendosi alla nipote, “continua la tua lettura…”.
Accanto al focolare, dove le fiamme serpeggiavano e scoppiettavano, Margot fa la lettura allo zio. Ma se lo sguardo della fanciulla corre lungo le linee del libro, se le labbra pronunziano le parole scritte, il suo pensiero non è lì. Ella pensa com’è triste la sua vita nell’ampio castello e fra le alte mura che chiudono il giardino dello zio. Certo egli fu buono con lei, quando la raccolse orfana e sola nel mondo: ma è un’anima di sedici anni, che s’apre alla vita, non basta la quiete per un’esistenza, che scorra giorno per giorno sempre uguale senza scosse e senza urti. E come vivere sempre così accanto ad un vecchio maniaco, che pare non veda le cose esteriori, perché il suo pensiero è sempre rivolto dentro di sé a scrutare nel suo intimo? Come vivere serenamente accanto a quest’uomo che ha paure e timori e allarga la pupilla a guardare nell’ombra e sobbalza ad ogni piccolo rumore, come se un terribile segreto fosse chiuso nel suo cervello? Il non voler vedere anima viva, il diffidare di tutti, il vivere lontano dai propri simili non sarebbero indizii di un cuore, che il rimorso pungola continuamente? E se così fosse, perché il vecchio Croixmazenc spingerebbe la crudeltà fino a negar ricovero a un povero ferito?…
A questo punto dei suoi pensieri Margot alzo lo sguardo in faccia allo zio. Dorme. Margot ferma la voce e chiude il libro. Il vecchio continua a dormire. E la fanciulla allora piano piano s’alza in punta di piedi, s’avvicina all’uscio, oltrepassa la soglia, accosta i battenti e corre in tutta fretta in cerca del ferito.
Alcuni contadini lo hanno coricato sull’erba e gli tengono il capo sollevato.
È un giovane ufficiale degli ussari, bello certamente. Ma in questo momento il suo viso è contratto dallo spasimo e un filo di sangue, sgorgando dalla fronte, ferita, gli solca la guancia e il mento.
“Passava a gran carriera”, dice Garrigou. “Il cavallo è scivolato… Sono caduti ed egli è rimasto così in mezzo alla strada, senza movimento”.
“È grave?” balbetta Margot, tutta pallida e commossa.
“Non credo, ma perde molto sangue e se non l’aiutiamo… chi sà?…”
“Ma aiutarlo come? Non c’è nessuno qui, siamo soli come in un deserto, e lo zio non vuole, non vuole, avete sentito… Pure… ah!” fa Margot con forza “Portatelo al castello”. E gli occhi le scintillano come se un pensiero di salvezza le fosse balenato nel cervello.
Infatti Margot ha un’idea.
C’è nel castello, in fondo a un corridoio, un uscio sempre chiuso e oltre l’uscio una stanza, dove nessuno ha mai posto piede. Perché? Margot non sa: ma sa che la chiave della stanza segreta è nel mazzo che lo zio custodisce gelosamente e porta sempre con sé.
E Margot pensa: Nessuno è entrato mai in quella stanza, nessuno entrerà mai. Se io posso farvi portare il ferito, egli sarà là al sicuro e nessuno lo saprà… E potrò curarlo di nascosto, e quando sarà guarito… quando sarà guarito egli partirà senza che nessuno se ne accorga.
E pensa ancora: Ora lo zio dorme. Io vado da lui pian pianino, stacco la chiave dal mazzo e tutt’è fatto.
Così la piccola Margot contro il volere dello zio dette ricovero al capitano Guillois del terzo reggimento degli ussari del re.
Parecchi giorni dopo il Marchese di Croixmazenec passeggiava con insolita agitazione. Forse la voce, che da tanti anni lo rampognava nell’intimo, vibrava con maggior forza, forse il ricordo del passato era più amaro e lo stringeva alla gola con uno spasimo più acuto.
Perché l’esistenza del Marchese di Croixmazenc racchiudeva un terribile dramma. Vent’anni prima il Marchese aveva sorpreso la moglie Bianca Maria col suo amante il Visconte di Cassart, capitano del 3° reggimento degli ussari dell’imperatore e aveva fatto murar vivo il giovane ufficiale. Poi la moglie era morta e il Marchese era vissuto così, solo col suo rimorso per vent’anni! Appena aveva portato un po’ di sole attraverso quella esistenza tragica la compagnia della piccola Margot: ma ora più il tempo passava e più i giorni di Croixmazenc si facevano neri. Il suo cervello s’indeboliva sempre più. Gli pareva talvolta che due fantasmi si levassero dall’ombra e piano piano gli si accostassero, gli pareva che strane voci risuonassero nel silenzio delle notti e che i muri del castello crollassero per dar passaggio ad uno scheletro bianco…
Allora Croixmazenc respirava a fatica. Le mani tremanti correvano a cercare nel mazzo la chiave della stanza segreta e, trovatala, serravano il ferro con strana energia, mentre le labbra borbottavano parole sconclusionate: “È chiuso!… È chiuso per sempre… non uscirà mai di là… mai più! mai più!…”. E l’eco delle ampie pareti ripeteva una risata stridula, che pareva il ridere d’un pazzo.
Quella notte il Marchese di Croixmazenc passeggiava con insolita agitazione. D’un tratto si affacciò alla finestra per ricevere sulla fronte il solito refrigerio di frescura. E mandò un grido strozzato. Quale lume si sprigionava dalla finestra aperta contro di lui, lì, lì di fronte? Chi aveva accesso quella luce? Chi aveva penetrato nella stanza da vent’anni chiusa? Croixmanzec, barcollando, s’appoggiò al muro e le mani tremanti correvano a cercare la chiave preziosa… La chiave della stanza segreta non c’era più!
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Film scomparso, produzione Società Anonima Ambrosio 1910, presentato come il seguito di Spergiura! del 1909.