Nei labirinti di un’anima, Volsca Films 1917

Lola Visconti-Brignone, Alfredo Martinelli, Nei Labirinti di un'anima (1917)
Lola Visconti-Brignone, Alfredo Martinelli, Nei Labirinti di un’anima (1917)

Soggetto per il cinema di Roberto Bracco, anno 1917, regia di Guido Brignone, interpreti principali Lola Visconti-Brignone (Lea di Pontevedra, Arturo Falconi (Giorgio della Fondara), Alfredo Martinelli (Mauro della Fondara), Fanny Ferrari (Anna), operatore Sandro Bianchini.

Il fascino del bene

I due fratelli, il Principe Giorgio e il Duca Mauro della Fondara, son vissuti sempre assieme, amandosi vivamente, Giorgio sposa Anna, una mite e dolce creatura, più giovane di lui. E a Mauro, per cui Giorgio è stato anche un padre, sembra che nella casa avita non ci sia più posto per lui. Sente di dover lasciare Giorgio ed Anna alla loro felicità. Egli è uno strano tipo malinconico, al quale una lieve deformità fisica, affondandogli il capo fra le spalle, pare che faccia di tutto il suo corpo un che di pesante e di dolente. Se ne va, coi suoi libri, che sono la sua unica compagnia, nell’incantata isola di Capri, per sognare tra il sole e il mare. Laggiù la sua beata solitudine è turbata dalla visione di una bella e bizzarra creatura – una giovanissima e ricca vedova -, la quale ha soggiogato un po’ tutti col mistero in cui si avvolge, con la sua allegrezza festosa, col suo cuore tenero delle altrui miserie. Anche Mauro è preso dal fascino del bene che da lei si sprigiona. E la segue nelle gaie peregrinazioni di lei, ombra dolente e trepida. Un grave disastro finanziario schiude di colpo alla festante giovinezza di Lea un avvenire oscuro. Ella è per lasciare i cari luoghi della sua gioia, quando Mauro, commosso, le offre, timidamente, di diventare Duchessa della Fondara. Ed ella, sperando di trovare nell’uomo che l’adora un conforto, una guida, un appoggio, dopo qualche esitazione, accetta. Il principe Giorgio – che vive lontano con la sua sposina – alla notizia che Mauro gli comunica con una lettera mista di gaiezza e di malinconia ha come un presentimento di sciagura.

Passa il demone

Mauro ha acquistato per Lea, diventata sua moglie, una sontuosa villa a Capri, ed ella è piena di gratitudine e di affetto per lui, cercando di dissimulare una tristezza che la consuma e che non sfugge a Mauro, il quale, desideroso di restituire a quella vita la lietezza di un tempo, la induce a organizzare una gran festa campestre nel parco della sua villa. Lea riprende tutte le sue forze con evidente fatica e folleggia e danza; ma troppo ha chiesto a se stessa e all’improvviso si abbatte sfinita. E’ raccolta in uno stato gravissimo. Una schiera di dotti medici, al suo capezzale, confessa che il male si sottrae alla scienza, e dichiara che ella muore. E quando Lea, terrorizzata, vede l’abisso della morte, un grido blasfemo le sfugge: «Non voglio morire! Non voglio morire! Anche la mia anima al demonio per non morire!»

Lola Visconti-Brignone, Nei Labirinti di un'anima (1917)
Lola Visconti-Brignone, Nei Labirinti di un’anima (1917)

E come per un prodigio, ella risorge, la vita ritorna poco a poco, in quel corpo che già pareva appartenere alla morte, ma ritorna una vita cupa, concentrata, sinistra, quasi fosse tormentata e corrosa dal demoniaco dominio che Lea ha invocato su di sè. Mauro atrocemente ne soffre. E i servi, il popolo, quanti amavano Lea per il fascino di bene che esercitava, ora la temono. Anche Lea è ormai cattiva con tutti. Tetra, chiusa, diffidente, ella vive nella solitudine della sua anima e non più padrona di sé. Uno dei fenomeni delle sue condizioni morbose è il sonnambulismo. Ella vaga di notte, come uno spettro, per le rocce e le balze che sapevano i salti lieti della sua lieta vita luminosa.

– «Che vuoi da me? – ella dice una volta a Mauro, che la supplica di tornare a lui – Io non ti appartengo più, e non appartengo più neppure a me stessa. Lasciami, lasciami alla mia infelicità!».

E Mauro, oppresso, esaurito, scoraggiato, vinto, decide di liberarla di sé. Egli non sa avere il coraggio di condannarla al rimorso, ma neppure sa rassegnarsi alla certezza che ella debba ignorare per sempre la ragione della sua terribile decisione. Chiude, perciò, una lettera rivelatrice in un libro, affidandola così al destino. Se il destino vorrà, accadrà qualche cosa, per cui gli sguardi di Lea dovranno frugare in quel libro!

Alfredo Martinelli, Nei Labirinti di un'anima (1917)
Alfredo Martinelli, Nei Labirinti di un’anima (1917)

E in una notte nera scende il Monte Croce per precipitarsi dal suo picco più alto. Lea, nel delirio sonnambulo, lo segue con la vista, passa accanto al cadavere di lui come attratta da esso e va, spettrale nelle tenebre. Due contadini la scorgono, e ne sono atterriti.

Nella prima luce dell’alba, il corpo di Mauro è trasportato alla villa.

L’Accusatore

Giorgio è profondamente colpito dalla morte del fratello. E l’atroce dubbio d’un delitto sorge e ingigantisce nella sua anima.

«Se egli si fosse ucciso, avrebbe lasciato una lettera per voi o per me» – dice a Lea, che ha raggiunto a Capri. E Lea non parla, sente il sospetto che la circonda e non si difende. I due, non sono, ormai, l’uno di fronte all’altro che due nemici…

Giorgio indaga. Tutto è contro la donna: il testamento del morto in favore di Lea, la voce pubblica, la servitù, i due contadini che la videro nella notte fatale, il suo contegno chiuso, aspro, la sua fisonomia cattiva. Egli l’accusa. Lea è condannata. Ma Giorgio, lunghi dall’esserne soddisfatto, si sente oppresso dal peso del suo compito da giustiziere!…

L’angoscia della responsabilità lo attanaglia.

Tra le tristi ombre silenziose della sua casa egli ripone i libri del povero morto negli scaffali, e da un volume di un poeta caro a Mauro per affinità fisiche e spirituali cade la lettera rivelatrice. Giorgio è atterrito. Il rimorso lo dilania: rivela tutto alla giustizia, ottenendo la revisione del processo; e in una cella del penitenziario, dove Lea si dibatte come una tigre in una gabbia, implora il perdono della sua vittima, promettendole che tutto farà per restituirla alla libertà e alla vita. Lea si placa un poco e lo guarda a lungo, stranamente.

Il fascino maligno

Giorgio, fedele alla promessa, restituisce alla libertà Lea. E Anna, la piccola creatura di bontà e di dolcezza, ottiene da Lea il perdono per il marito. Lea perdona, e Anna, vedendo lo sguardo che essi si scambiano, intuisce che qualche cosa di fatale accade in quelle due anime!… Chi potrà mai scrutare in fondo ad esse? Una serie di fatti, però, rivela che Giorgio è sotto il fascino maligno di Lea, e Anna tenta di sottrarglielo. Fino a qual punto Giorgio è consapevole del fascino che subisce? Forse egli ignora. Sente e ignora! Onde è per lui stesso una terribile rivelazione il fremito che lo pervade quando sotto una bufera egli stringe il corpo palpitante di Lea che è svenuta. Una colonna e una lapide sorgono dove cadde e ristette esanime il corpo di Mauro. Essi vi han recato fiori e Lea è caduta innanzi alla visione di Mauro che la respingeva e le vietava di pregare. Poi, sotto l’uragano, Giorgio l’ha raccolta, l’ha avvolta in una scialle, che la vecchietta d’un casolare gli ha dato, è corso verso la villa lontana, mentre l’anima di Anna gemeva alla violenza del medesimo uragano e si tendeva tutta in una attesa trepida.

Il giorno dopo, Lea vuole andare a ringraziare la vecchietta che la soccorse e invita Giorgio a raggiungerla lassù. Il fascino è più forte di lui. Egli va. E Anna ansiosa, tremante, lo segue a distanza, lo vede entrare nel casolare con Lea mentre il cuore le si spezza e, spiando da un finestrino, ha la certezza di non poter scongiurare il tradimento. Che resta alla piccola anima trafitta se non di morire? «Vado a raggiungere Mauro» ella scrive col suo sangue sul colletto inamidato che si è strappato dalla veste: e, folle di dolore, lo getta dal finestrino nell’interno del casolare.

Ma quei caratteri di sangue, che cadono davanti a Lea e Giorgio, rompono l’incanto malefico. Il terrore invade tutti e due. Lea, esce dal casolare e insegue Anna che corre verso la morte. E la raggiunge proprio sul ciglio del Monte fatale e le si avvinghia per non farla cadere. Nella tragica lotta, Lea si sostituisce ad Anna e precipita nel burrone. Laggiù, Lea gravemente ferita è dopo pochi minuti, soccorsa da Giorgio e da Anna. Ma agonizza. Il soccorso è vano.

Riaccostandosi a Dio serenamente, con la coscienza purificata, con lo spirito assorto di nuovo nel Bene, ricongiunge Giorgio ed Anna, e muore. Dio è con lei!