
I cespi di viola vi nascondono / un nome che nessuna eco ha mai ripetuto! / Eppur talvolta il passante, arrestandosi, / vi legge tra le erbe una data e un’età, /e sentendosi salire una lagrima agli occhi / dice: «Aveva sedici anni! Troppo presto per morire!»
Questi versi immortali di Lamartine sono la conclusione del più toccante degli idilli, e per molto tempo il mondo vibrerà ascoltando la storia di Graziella. Nel 1808, Alfonso di Lamartine ed il suo amico di Virieu, durante un viaggio in Italia, si erano fermati a Napoli. Potete immaginare la vita di due giovani in quel tempo, davanti al più bel paesaggio del mondo! Pensavano soltanto a vivere intensamente, sognare, ubriacarsi di luce; erano tutti e due in quell’ età piena di entusiasmo dove si tentano i progetti più pazzi; decisero tutti e due di condividere la vita rude dei pescatori napoletani, ed essi cercarono sul porto un padrone che consentisse di assumerli. Sulla spiaggia incontrarono un vecchio pescatore che, in compagnia di suo nipote, rammendava le sue reti, seduti sulla sua barca.
— Volete impegnarci come rematori? disse uno dei giovani.
Il pescatore considerò i due ragazzi dall’aria elegante, guardò le loro mani così fini ed ebbe un movimento di esitazione.
— Saremo dei marinai zelanti, attivi, insiste Lamartine. Il vecchio tentennò la testa.
— Sia! Venite domani. Chiederete del pescatore Andrea.
All’indomani, i giovani cominciavano il loro nuovo mestiere, remando senza stancarsi nel porto meraviglioso. Tuttavia, la stagione della pesca si concludeva, ed Andrea ritornava a Procida, dove rimaneva la sua famiglia, composta della sua donna e da sua nipote, Graziella, una bambina di sedici anni che, dalla morte dei suoi genitori, curava i suoi giovani fratelli con una tenerezza materna, I pescatori contavano di arrivare la sera stessa, ma un temporale di una violenza inaudita si abbatte sulla baia. Fu la tempesta, l’oscurità ostile solcata di lampi, il mare impazzito cercando di inghiottire le imbarcazioni. I rematori lottarono, mentre, nella casetta, Graziella e sua nonna, tutte tremanti, pregavano appassionatamente la Madonna. Infine, arrivò l’alba, pescatori e rematori arrivavano, ma la barca era in uno stato molto pietoso. Graziella corse davanti ai due giovani, e fu per Lamartine una visione indimenticabile: questa bella ragazza, ancora fremente delle angosce della notte, apparendo leggera, fine, il viso irradiato di gioia, nella dolcezza e la pace improvvisa dell’aurora. Nella casa del vecchio Andrea, i giovani furono accolti come gli amici. La vecchia nonna aveva dimostrato in principio un poco di ostilità, invece Graziella aveva preso la difesa degli stranieri.
— Mentre ringraziamo la Madonna, ho visto delle lacrime negli occhi dei più giovani! esclama lei, facendo allusione a Lamartine.
Alla sua insaputa l’amore aveva penetrato già nel suo cuore.
— Ci riposiamo oggi. Domani, ripareremo la barca, disse Andrea.
Ma l’indomani la barca non c’era più; si vedevano soltanto dei poveri relitti, tra i quali Beppo, il nipote del vecchio pescatore, aveva potuto ritrovare, non senza fatica, la tavola dove era tagliata grossolanamente l’immagine del santo che li aveva protetti.
Lamartine ed il suo amico di Virieu ebbero insieme lo stesso pensiero: andarono verso il villaggio più vicino ed acquistarono una barca nuova, che fecero condurre alla punta di Corricella, vicino alla barca distrutta.
— Questa barca è per voi, dissero ad Andrea.
Un’ammirazione appassionata, un’umile gratitudine cresceva nel cuore ardente di Graziella.
I due amici si erano installati dal pescatore, ed essi facevano parte della famiglia. Lamartine si abbandonava alle dolcezze del presente così luminoso, dove i giorni si succedevano, imbalsamati e pacifici. E poi, c’era Graziella, ed il loro amore, che non osavano confessare nessuno dei due, sbocciava lentamente come una bella rosa al sole. Ma la povera piccola era fidanzata già da molto tempo col suo cugino Cecco, un bravo ragazzo, che non amava più da quando aveva conosciuto Lamartine, ma che egli, Cecco, amava sempre.
Virieu aveva deciso di ritornare a Parigi, e aveva invano supplicato il suo amico di accompagnarlo.
— Non ancora, aveva detto Lamartine, resto ancora un poco. Di a mia madre che penso a lei e che non tarderò.
Ed egli era rimasto a Napoli, scrivendo e sognando, incapace di ritornare, incapace soprattutto di allontanarsi da Graziella.
Cadde malato; fu la ragazza che lo curò e lo guarì. Questa convalescenza creò dei legami nuovi ed affascinanti tra i due giovani. L’amore che soffia dove vuole aveva incatenato questi due giovani cuori. Ahimè! i fidanzamenti ufficiali di Graziella si avvicinavano; il giorno fu fissato. Pallida e triste, Graziella fu una fidanzata rassegnata; ma, l’indomani, troppo sofferente, incapace di mentire, fuggì, lasciando questa semplice parola,: “Ho promesso troppo…. scusatemi, preferisco diventare religiosa. Consolate Cecco ed il signore…” Il signore, era Lamartine, e, quando costui ritrovò Graziella a Procida, lasciò parlare il suo cuore, confessò il suo amore. Alcune settimane benedette passarono troppo rapidamente, I due innamorati non si lasciavano più e passavano insieme delle ore nelle deliziose fantasticherie. La felicità è cosa fragile. La madre di Lamartine, molto malata, chiamava suo figlio e lui dovette partire, chiedendo a Graziella di aspettarlo. Dei mesi passarono. La malattia di sua madre, poi gli amici, il mondo riprese il poeta. Graziella l’aspettava sempre. Le notizie del poeta diventavano sempre più rare, l’innamorata che non aveva dimenticato, languì come un uccello delle isole privo di sole. Poco tempo dopo, il poeta riceveva questa lettera toccante:
Caro amato,
Il dottore dice che morrò fra tre giorni.. Se tu fossi qui vivrei!… Ama la mia anima, sarà sempre tua…
GRAZIELLA.
Molto più tardi, Lamartine, invecchiato, doveva far rivivere Graziella nelle pagine immortali, è il genio del poeta che fece amare per il mondo intero il nome di Graziella, l’umile figlia di un povero pescatore napoletano. (testo dalla brochure del 1927, il titolo del film in Italia è La canzone del mare)
Graziella, diretto da Marcel Vandal, Film d’Art Vandal e Delac, Francia 1925, proiettato lunedì 5 ottobre alle Giornate del Cinema Muto di Pordenone, sezione Riscoperte Bois d’Arcy 40. Pianoforte Antonio Coppola. Fotografia bellissima e sontuosa (esterni a Napoli, Capri, Procida), Antonin Artaud indimenticabile… consigliato. Grazie Bois d’Arcy!