
La prima cosa da raccontare è che la crisi 2009 si sentiva eccome. Molti assidui frequentatori sono rimasti a casa per mancanza di fondi. Meno male, perché altrimenti non so come avremmo fatto per entrare tutti nel Teatro Verdi. Come ho scritto nell’ articolo di introduzione, alle ore di punta non c’era un posto libero.
Per il resto, tutto bene. Perfetti e disponibili il comitato direttivo, capitanato dal dinamico direttore David Robinson e l’ufficio stampa-accoglienza. Da parte sua, la città di Pordenone ha fatto, come al solito, del suo meglio per accontentare tutti gli ospiti.
Questa volta, come l’anno scorso, ho sacrificato alcune sessioni. Mi pento, ma non troppo. In cambio mi sono dedicata allo sport favorito di molti ospiti delle Giornate: la chiacchiera. In qualche caso, sormontando incredibili difficoltà per farsi capire, data l’internazionalità degli ospiti. Non mi domandate come ho fatto a conversare per circa venti minuti in italo-inglese-olandese, o in italo-inglese-coreano. Meno male che al ritorno puoi affidarti al traduttore automatico prima di rispondere alle mail.
Come sapete, in questo sito il tema di base è il cinema muto italiano e i film italiani proposti alle Giornate sono una piccola parte. Ma non per questo dovrei rinunciare alla cronaca. Vediamo come.
Sabato 3 ottobre ore 14,30, con La nuit du 11 septembre, film di produzione Ermolieff 1919, si aprivano le porte del Teatro Verdi. Per altri particolari su Ermolieff potete leggere questo articolo sul nostro fratello internazionale kinetografo. La rassegna dei film Ermolieff-Albatros era, dal mio punto di vista, una delle grandi curiosità di questa edizione. Questa Nuit du 11 septembre arriva in Italia come La notte dell’undici settembre due anni prima della prima visione francese (secondo il catalogo delle Giornate la versione francese è del 1922, mentre il visto di censura italiano è del 21 agosto 1919, metri 1355), incontrando subito alcuni problemi, infatti il film venne approvato “con riserva” dopo alcuni tagli:
1.) Nella parte 1ª accennare fugacemente le scene riproducenti battaglie; ed eliminare tutti i particolari in cui si vede il vampiro Jvab Gouline che si aggira per il campo derubando i morti. 2.) Nella parte 2ª eliminare i particolari truci e impressionanti dello strozzamento di Sofia e del conseguente incendio della casa. 3.) Nella parte 3ª attenuare sensibilmente le scene della lotta brutale fra Brucourt e Jobin, come pure nella parte 4ª dove la lotta si ripete nuovamente fra i due avversari. 4.) Nella parte 7ª ridurre a fugace visione la lotta ripugnante e brutale fra Belleden ubriaco, e Renata, e l’incendio che poi divampa mentre il paralitico Brucomt, immobilizzato, assiste con terrore all’avvicinarsi delle fiamme.
Dalla descrizione di questi tagli si capisce che il film ha un argomento nel migliore stile horror truculento. La copia proiettata a Pordenone è un restauro del 1994 da una copia di distribuzione dell’epoca e misura 957 metri. Manca qualche metro, ma scorre abbastanza bene.
Se il visto di censura non vi ha convinto posso aggiungere che protagonista del film è la ballerina Vera Karalli. Come ricorda il catalogo delle Giornate, fu sempre sospettata di far parte dei congiurati e di aver assistito all’omicidio di Rasputin nel dicembre 1916.
Edvard Radzinskij, autore di una monumentale biografia molto ben documentata su Rasputin (Le Scie, Mondadori 2000) racconta come trovò senza difficoltà il nome di Vera Karalli tra gli atti del Dipartimento di polizia a Mosca: “Ci sono diversi rapporti dedicati per intero a Vera Karalli, sospettata dalla polizia di aver preso parte alla notte di Jusupov “.
Le proiezioni riprendevano alle ore 16,00, lasciando abbastanza spazio per le riunioni nei vari ritrovi intorno al Verdi. Four Just Men, in italiano I quattro giusti, diretto da George Ridgwell nel 1921, da un romanzo di Edgar Wallace è un bel film molto divertente, ma non poteva essere altrimenti trattandosi di un romanzo firmato Edgar Wallace. E qui vi rimando di nuovo al nostro fratello kinetografo.
Finita la proiezione, tre ore e mezza circa di pausa prima dell’evento di apertura: La vedova allegra (1925), diretta da Erich von Stroheim.
Come avevo immaginato, un grande successo e pubblico così entusiasta che alla fine si alzò in piedi per applaudire il magnifico commento musicale e l’orchestra diretta da Maud Nelissen, autrice della partitura con motivi di Franz Lehar. Tutti bravissimi, serata indimenticabile.
Qualche spettatore rimase un po’ sorpreso nel vedere che alcuni di noi ci siamo alzati dalle nostre poltrone gridando Bravi! nel migliore stile teatro d’opera.
Nota: il film lo conosco a memoria, ma non per questo avrei rinunciato a vederlo nelle condizioni proposte dalla Giornate, vedere a casa il DVD non è proprio la stessa cosa… ma il DVD quando? (Mi raccomando la colonna sonora firmata Nelissen!)