Intorno a Rapsodia satanica (I)

Compagnia Gandusio-Borelli-Piperno, manifesto disegno di Aldo Mazza
Compagnia Gandusio-Borelli-Piperno, manifesto disegno di Aldo Mazza

GENNAIO 1914

Lyda…

« Nell’arte drammatica italiana, Lyda Borelli occupa senza rivali il posto della più brava tra le artiste belle, e della più bella tra le artiste brave: unisce cioè alla sua squisita personalità artistica il fascino di un fisico impeccabile. Anzi, fu questo che la fece prima rivelare e la impose all’ammirazione del pubblico: quando trionfava per la prima volta sulle scene del Lirico di Milano La figlia di Jorio di Gabriele D’Annunzio, ciascuno notava nella parte di Splendore, una delle tre figlie di Candia, una giovinetta che veramente rispondeva al suo nome e, per quanto non si potesse giudicare il valore per la rarità delle sue battute, ciascuno ne ricordava il perfetto viso da madonnina sotto i folti capelli biondi, ed il suo nome non si perdeva nella folla di tanti che appaiono sui cartelloni teatrali. La sua fortuna incominciò così: e nessuna fortuna fu più meritata. Assunta alla celebrità giovanissima, Lyda Borelli non si adagiò, come altre compagne d’arte, nell’incanto della sua bellezza, ma studiò con amore, poiché la sua era una vera passione, e sotto la successiva guida di Virginio Talli, Ruggero Ruggeri e Flavio Andò seppe progredire fino a diventare qual’è, una delle nostre migliori, ancora giovanissima. Essa è nata a Rivarolo Ligure nel 1884. Suo padre, Napoleone Borelli discendente da un’antica famiglia di Reggio Emilia, dopo aver combattuto con Garibaldi, lasciò la professione di avvocato per il teatro. Lyda debuttava sul palcoscenico giovanissima, nel 1902 nella compagnia di Virginia Reiter. Nel 1903 entrava a far parte della grande compagnia Talli-Gramatica-Calabresi che fu come il vivaio dove sorsero tutti i nostri attuali artisti più valenti, e con Talli rimase anche quando, sciolto dai soci, aveva fatto compagnia da sé. Nella parte di protagonista dei Maggiolini di Brieux ebbe un successo che non lasciava dubbi sul suo avvenire. Infatti scaduto il triennio, essa entrava come prima attrice nella compagnia diretta da Ruggero Ruggeri. Creò la parte di Adriana Champmorel nel Bosco sacro di de Flers e Caillavet, ed ottenne un trionfo clamoroso; si cimentò nella Salomè di Oscar Wilde, che replicò dieci sere consecutivamente al Manzoni di Milano. La gloria era raggiunta.

Nel nuovo triennio Flavio Andò la sceglieva a prima attrice della compagnia ch’egli ancora dirige, e s’ebbe a compagni Piperno e Gandusio. Le sue interpretazioni furono innumerevoli, ed in ciascuna seppe portare una nota di passionalità e nello stesso tempo di signorile eleganza. Perché oltre all’essere la più bella, Lyda Borelli è anche la più elegante tra le nostre attrici, per cui, sotto ogni aspetto, essa impera sulla scena, e forma veramente il centro d’ogni attenzione ed ammirazione. Dotata da una maschera mobilissima, col semplice gesto che le è abituale di ravviarsi i capelli sulle tempie, essa passa dalla gaiezza più birichina all’espressione del più irrimediabile dolore: per cui la vediamo interprete eccellente sia della tragedia in costume come Salomé, sia del dramma moderno come La raffica, La via più lunga, La donna nuda, Maternità, sia nella commedia frivola, del vaudeville, come L’asino di Buridano, La presidentessa. Al teatro essa dona tutte le sue qualità, e, se la via che ha percorsa è già molta, altra ancora ne percorrerà, perché ferma è la sua fede come appassionato è il suo amore. Ho lavorato molto – essa scrive – e lavoro molto. Spero di potere ancora lavorare molto. Adoro il teatro e per nessuna ragione al mondo lo lascerei.

In Lyda Borelli questa affermazione è tutto un programma.

Lyda Borelli e Fausto Maria Martini…

Un’intervista con Lyda Borelli
Fausto Maria Martini ha avuto un’intervista con Lyda Borelli, la quale ha detto delle cose notevoli anche rispetto agli autori italiani, che, in un’altra intervista lontana con un giornalista palermitano, aveva trattati, ahimè, maluccio.
Essa disse anzitutto che il teatro sale verso migliori destini. C’è nel nostro mondo, aggiunse, un respiro più vasto. Si anela a qualche cosa.
— Si anela alla poesia? chiese il giornalista. E Lyda Borelli rispose testualmente :
— Certamente. Il mondo comico e il pubblico sono egualmente maturi per un teatro di poesia, lo amano e lo invocano entrambi. La maggiore coltura, diffusa e nel pubblico e fra gli interpreti, permette che noi ci diciamo degni di nuove visioni per l’arte drammatica. Non v’accorgete dunque come diversamente oggi la folla aderisca al teatro di Gabriele D’Annunzio?
— Umanizzato però, osservò il giornalista.
Ma la bella attrice si affrettò a ribattere :
— No, quale esso sia, il teatro dannunziano deve necessariamente essere interpretato come il poeta lo concepì. E’ impossibile trarre le persone di Gabriele d’Annunzio dal loro mondo immaginario, per dar un’illusione di realismo, che sciupa e guasta la concezione lirica.
E la risposta non poteva essere più meditata e più acuta a un tempo.
Poi Lyda Borelli affermò non potersi dire che il teatro italiano sia, come intendimenti, retrivo di fronte a quello francese.
Se un tentativo, essa disse, sì osserva di liberazione dai ceppi del teatro borghese, lo si osserva in Italia più che in Francia. Le commedie, che hanno maggior successo a Parigi, sono quelle in cui, pur sotto l’abile truccatura, appaiono le vecchie ficelles. Il resto è, anche lassù, teatro d’eccezione. In Italia, forse perché mancano piccoli teatri per pubblico eletto che rappresentino opere d’audace poesia, i giovani, coloro che tentano vie nuove, bussano alla porta delle Compagnie più grandi. E, e per lo più i capi-comici tendono l’orecchio…. Vero è che esigenze sceniche impediscono a volte un pieno consenso: ma è altrettanto vero che siamo sulla via della evoluzione.
Prendiamo atto con piacere di questa onesta affermazione di Lyda Borelli.
(La scena di prosa, 13 gennaio 1914)

Madame Tallien di V. Sardou e E. Moreau al Teatro Valle
«Con arte squisita seppe Lyda Borelli far parere meno indeterminate e meno confuse le linee evanescenti di un personaggio, che ebbe invece, nella realtà, contorni spiccati e recisi, e gli tolse quello che poteva acuire contro la Tallien immaginata dagli autori, le antipatie del pubblico. Fu schiettamente applaudita: e con applausi sinceri furono salutati il Picasso nella parte di Tallien, e il Piperno in quella di Robespierre: un tiranno di cartapesta, a cui l’attore tentò infondere una scintilla di vita.»
Toma (Il Giornale d’Italia, 18 gennaio 1914)

Il ferro di D’Annunzio al Teatro Valle
Martedì 27 gennaio in tre città d’Italia contemporaneamente verrà rappresentato il novissimo dramma di Gabriele D’Annunzio dato già a Parigi sotto il nome di La Chevrefeuille. A Roma la Compagnia Borelli Gandusio Piperno, a Milano la Compagnia di Tina Di Lorenzo Falconi, a Torino la Compagnia di Virginia Reiter.

“per Lyda Borelli la recita di ieri sera ha costituito un trionfo nel vero senso della parola e che rimarrà tra i più cari ricordi della donna e della attrice. Nelle vesti di Mortella ella ebbe accenti strazianti di passione, d’ira, di dolore. La dea vendetta che ispirava il suo personaggio, infondeva nella interprete un singolare e impressionante vigore di dizione e di gesto. Il pubblico le fece feste indimenticabili.” Elvi (Il Giornale d’Italia, 28 gennaio 1914)