
Alcuni personaggi del cinema muto sono particolarmente sfortunati perché del suo lavoro non è rimasto un metro di pellicola. Questo è il caso di Sandro Camasio. Da una prima ricerca nelle abbottonatissime e misteriose cineteche, non mi risulta che sia sopravvissuto niente dei quattro titoli della sua filmografia come regista: T’ho ancora baciato, or muoio lieta!; La zingara; L’antro funesto, e la prima versione cinematografica di Addio giovinezza!, Itala Film 1913.
Sandro Camasio (Alessandro C.), nato a Isola della Scala il 5 novembre 1886, morì a Torino il 23 maggio 1913. Siamo ancora in tempo per ritrovare i suoi film prima del centenario del 2013.
Come introduzione al personaggio, vi propongo questo ritratto di Renato Simoni pubblicato nel Corriere della Sera, 25 maggio 1913:
« L’ultima volta che l’ho visto cenava gagliardamente al Molinari di Torino con un cappuccino e un numero cospicuo di paste. Il suo indivisibile amico e collaboratore Nino Oxilia non partecipava al banchetto, ma aveva un magnifico paio di guanti nuovi. Erano tutti due allegri: possedevano in comune una decina di lire. Oxilia pareva toccare appena con un pensiero leggero e ironico quel capitale favoloso: Camasio ne parlava con un grosso, violento, burlesco disprezzo. Era un giovane di ventisei anni, con le spalle quadrate, un po’ di baffi sotto il naso forte, un viso tra infantile e malizioso con il mento accentuato, un ciuffo calato di sghimbescio sulla fronte. Era tutto acceso di spiriti romantici e di appetiti giovanili. Giocava con la vita atteggiandosi ad un certo sussiego di uomo spregiudicato ed esperto ; ma in realtà era fresco, ingenuo, curioso e baldanzoso come un ragazzo. Quella sua esistenza scapigliata di disordine avventuroso e di vivace povertà gli piaceva. Dava la caccia ai denari come si da la caccia alle farfalle, vedendo in essi solo le infinite cose variopinte che avrebbero potuto procurargli.
Tutto in lui era istintivo, facile e gaio. Scriveva le commedie con una disinvoltura impetuosa. Insieme con Oxilia costruiva piani su piani, sceneggiava atti su atti. C’è un numero grande di lavori dei due giovani scrittori, dei quali venne a galla solo il titolo: L’uomo in frak, L’amica delle nuvole. Le opere non sono giunte alla ribalta. Furono o abbandonate dagli autori o non gradite dai capocomici. Ma le difficoltà non inasprivano i due soci. Essi si consolavano enumerando il milione di anni che avevano ancora da vivere, e vedevano l’avvenire come un alberone d’alloro con una cartella da mille appesa ad ogni ramoscello. Il presente intanto aveva il suo bello e il suo buono. Già due commedie erano state coronate da un vivissimo successo : La Zingara e Addio giovinezza! La Zingara era stata portata alla ribalta dal Comitato di lettura della Società degli Autori. Il festoso battesimo ebbe luogo al nostro Manzoni. I due Autori partirono da Milano ebbri e squattrinati. Per venir qui Sandro Camasio aveva accettato l’obolo spontaneo e commovente della sua vecchia donna di servizio: centocinquanta lire che sparirono in poche ore in quell’alba di fama, in quell’entusiasmo del primo applauso.
Da quel momento egli lasciò il giornalismo, dimenticò la laurea d’avvocato e non pensò che al teatro. E scrisse presto, sempre in collaborazione con Oxilia, Addio giovinezza ! Di questa commedia dura ancora la fortuna nei nostri teatri. L’altra sera appunto, mentre Camasio moriva, Armando Falconi dava a Roma con questo lavoro la serata d’onore. E non sapeva forse quanto era vero quel saluto, quale tremendo addio il buon ragazzo fiducioso e irrequieto dava alla vita! Ma il teatro in Italia è una povera zecca per gli autori: non fabbrica che soldi contati e piccolini. Camasio accettò un posto da direttore artistico in una Casa di films cinematografiche. Adesso girava col fischietto del comando nel taschino, e ogni tanto squillava un sufolo acuto da lacerare gli orecchi. Il fischietto era però ancora l’unico metallo che popolava le sue tasche. Gli altri più considerati e correnti si ostinavano a disertarle. E allora egli inventava i più sottili espedienti per batter moneta. Aveva i! discorso persuasivo, una certa graziaccia putibonda e guascona che avrebbe strappato un anticipo al più duro degli amministratori. Una volta scrisse appunto per averne uno, a chi gliene aveva già concessi parecchi. « Questa volta — gli fu risposto — devo dirle di no ». E Camasio a volta di corriere : « Ha avuto ragione, e mi rassegno al rifiuto. Ora torno a chiederle l’anticipo perché questa è un’altra volta ». Poi aggiungeva: « Mi insulti ma mi accontenti ».
Tuttavia non si ride sempre. Cento volte si può prendere per il bavero la necessità, giocare alla trottola con la povertà, vivere allo sbaraglio, con un fiore all’occhiello, una fantasia nel cervello, un esercito di speranze nel cuore; alla centunesima un po’ di malinconia scivola fredda anche nell’ottimismo più canterino e spumeggiante. In quei momenti il povero ragazzo, che non aveva altro che il suo ingegno e non poteva pazientemente maturarlo per i cimenti che pur aveva il diritto di affrontare, esclamava: « Se non avessi una bella bocca da baciare perderei la fede ! ».
Ma prima che la fede ha perduto la vita. Si è ammalato una settimana fa. La casa povera della sua allegra bohème lo prese e lo imprigionò. Pareva colpito da tifo: si sviluppò invece una violenta meningite. Egli perdette prima la vista. Quei suoi occhi pieni di fanciullezza e dì riso non videro più nulla, neanche le speranze che sono le ultime a dileguarsi. I medici raccolti intorno al suo letto dissero la fatale parola: « è finita! ». Allora la sorella di Camasio, sentendo che egli le sfuggiva per sempre, ingoiò disperatamente alcune pastiglie di sublimato corrosivo, per precedere nel buio il fratello morente. Non ci riuscì. Egli è partito prima. Ma la poveretta è ora agli estremi. Addio giovinezza anche per lei! In tal modo termina una storia di vita e di teatro che era appena incominciata. Si riassume in due commedie, in alcune mattine di gioia fresche e spensierate, e in un funerale. Così ci si sveglia sorridendo: si ha il ciuffo per traverso ed il fervore nel sangue: con ardente solidarietà si descrivono gli amori degli studenti e delle sartine; si coglie il primo applauso, si lascia la porta di casa socchiusa perché entri la gloria che dev’essere già in portineria… La porta cigola: entra la morte. »