
Torino, settembre 1926.
Il personaggio di Beatrice Cenci, figura viva della nostra storia lontana, già più di una volta aveva attirato l’attenzione di direttori artistici dello schermo, ai quali non sfuggiva la constatazione del grande lavoro che con essa protagonista si sarebbe potuto ricavare. Ma anche quelli che, dopo molta esitazione e molto studio si erano accinti alla grande prova, sempre avevan poi piegato di fronte ad uno o l’altro ostacolo presentandosi improvvisamente dinanzi.
Luciano Doria, soggettista di grido e tra i migliori italiani, non ha invece esitato punto a trattare il difficile argomento allorquando la Pittaluga-Film gliene propose la sceneggiatura. Alacremente studiando, in breve volger di tempo egli è riuscito ad approntare un copione dalle linee grandiose e che, pur presentando il fatto storico della vita di Beatrice Cenci, svaria in una infinità di particolari, i quali, anche se la storia non ricorda, certo non hanno potuto a meno di integrare l’esistenza travagliata della bella figlia del Cenci. Questo soggetto affidato alle cure di un direttore artistico sperimentato quale è il Conte Baldassarre Negroni e con protagonista la nostra bella Maria Jacobini, non poteva a meno di far prevedere la creazione di un nuovo lavoro, non solo degno del massimo rispetto, ma destinato certo a lasciare una impronta duratura nell’arengo cinematografico nostro ed internazionale, oltre che segnare poi in maniera particolare una bella nuova vittoria per Maria Jacobini.
Ricostruite con attenzione massima e ricerca assoluta del particolare negli stabilimenti di Madonna di Campagna i quartieri popolari della Roma Papale del XVI Secolo, l’interpretazione vera e propria del soggetto ha richiesto quattro mesi ininterrotti di lavoro.
La ricostruzione e le scene sono opera pregevolissima di due noti scenografi italiani, di cui il primo già alla Pittaluga-Film da parecchi anni, Giulio Lombardozzi ed il secondo, Domenico Gaido, giuntovi in questi ultimi mesi appunto per la realizzazione di Beatrice Cenci a fianco del collega.
Dell’interpretazione del film, data la presenza nel complesso artistico di Maria Jacobini è quasi ovvio parlare, giacché la programmazione del film è già stata iniziata.
Ma anche gli attori, considerati ciascuno particolarmente a se, dicono alto il valore che può assumere un ruolo affidato alle loro cure.
Franz Sala, Raimondo Van Riel, Gemma De Santis, Maria De Valencia, Lillianne Lill, Caterina Collo, Ida Morus, Nino Beltramo, Celio Bucchi per non citare che i primi del lungo elenco, possiedono già tutti una spiccata personalità di fronte al pubblico, il quale quindi, con gli interpreti di Beatrice Cenci non si trova di fronte ad attori nuovi, bensì va incontro a cari amici, a figure già molto favorevolmente note della nostra arte muta.
Di Beatrice Cenci però, mentre si ottiene il giudizio italiano è già stata iniziata la vendita all’estero, ed esso (a parte la grande attrazione destata per la nuova grande interpretazione della regina delle dive del nostro schermo, Maria Jacobini), per il soggetto in se, molto rapidamente ha avuto un esito ottimo. La figura leggendaria della sfortunata figlia del Cenci, passata alla storia per la crudeltà del padre e per quanto di lei scrisse il grande Stendhal nel secolo scorso e più recentemente, in Italia, Corrado Ricci, non ha mancato di suscitare viva attenzione, tanto più poi che ancor oggi, a distanza di secoli, non si è certi nell’affermare che la dolorosa fanciulla abbia avuto veramente parte all’uccisione del suo perverso padre.
La figura di Beatrice, che viene presentata nel film interpretato da Maria Jacobini, ha assunto un aspetto di martire, quello cioè che pare più attendibile fra le due versioni storiche, ed accertante l’innocenza della donna, mentre in tutto il lavoro e poi il susseguirsi ininterrotto delle passioni torturanti e delle speranze vane nel domani di una donna dalla bellezza fatale.
(da Films Pittaluga)