Il canto del cigno – Milano Film 1914

Il canto del cigno Milano Films
Locandina del Teatro Iris di Pesaro Lunedì 14 Settembre 1914

Episodi della vita del celebre musicista Richard Hoffmann.

Fu in casa della Duchessa Oreziakosky che Riccardo Hoffmann incontrò la bella Elvira Vassili e la tutrice di lei Chiara Pobiensky. Quell’incontro segnò il triste destino del grande musicista polacco. Mentre egli s’innamorava di Elvira, Chiara s’invaghiva perdutamente di lui e il Principe Dimitri, fratello di Chiara e ufficiale dell’esercito, vedeva mal volentieri l’assiduità di Hoffmann in casa sua, temendo che in Elvira la passione per la musica potesse cangiarsi in amore per il musicista e che ne restassero così deluse le sue speranze sulla ricca dote della bella ereditiera.

Diventato Hoffmann assiduo in casa Pobiensky, la situazione non tardò a delinearsi nettamente e non tardò a manifestarsi tutto il male che doveva scaturire. Mai Hoffmann aveva palesato a Elvira il suo amore, mai Elvira aveva tradito in modo alcuno il suo profondo desiderio di essere amata da lui. Quelle due anime s’intesero senza l’aiuto della parola. Sedevano al piano eseguendo una delle mirabili composizioni del grande maestro ed erano soli nel salottino discreto. Fosse l’acre profumo dei fiori, o la suggestione delle note sublimi che dolcissime si diffondevano intorno, o il contatto casuale delle mani scorrenti agili sulla tastiera, fatto sta che alla forza arcana delle cose Elvira e Riccardo non seppero resistere. Si vedevano senza guardarsi, s’indovinavano senza palesarsi, le loro anime erano comprese dallo stesso sentimento, il loro sangue bruciava della stessa febbre e, mentre il piano taceva dopo le ultime note della divina Canzone del Cigno, le loro labbra parlavano eloquenti unendosi in un bacio che fu tutta una dolce, tutta una lieta promessa… di tremenda sciagura.

Chiara, la giovane tutrice, entrando a caso in quel momento, sorprese quel bacio e, fatta severa dalla gelosia, ebbe accenti di sdegno e parole d’ira, scacciò poco garbatamente Hoffmann e incrudelì sulle lacrime della pupilla più addolorata che vergognosa. Dimitri, edotto poi del fatto, approvò pienamente l’operato della sorella e giudicò essere ormai necessario un provvedimento radicale per liberarsi di quel pallido Hoffmann che aveva già ottenuto una prima vittoria contro le speranze di lui. Pensò… e trovò.

Nella cassaforte dell’archivio militare, della quale egli teneva la chiave, erano custoditi alcuni piani di mobilitazione contro il territorio polacco. Ed egli corse nel suo ufficio, allontanò con un pretesto due subalterni intenti al loro lavoro, sottrasse uno dei documenti e poi, di notte, s’introdusse furtivo in casa di Hoffmann e nascose quel foglio nell’interno del pianoforte. Occorreva una denuncia ed egli non poteva scriverla di suo pugno né poteva affidare a chiunque il suo triste segreto. Ricorse alla sorella e non gli fu difficile sottometterla al suo volere essendo ancora vibrante di malintesa gelosia e di sdegno eccessivo l’anima delusa di lei. Accusato Hoffmann di segrete intese con la nazione nemica, una perquisizione fu operata in casa sua in presenza di Elvira, ch’erasi recata a visitarlo. Il documento accusatore fu rinvenuto e l’innocente calunniato venne tratto in arresto senza nemmeno il conforto di una parola buona da parte di Elvira, la quale anzi, lo respinse con acerbe parole. Il piano delittuoso è così riuscito felicemente e lo sdegno di Elvira serve mirabilmente a secondare lo scopo di Dimitri il quale riesce a ottenere da lei la promessa di matrimonio, e le nozze si compiono nel giorno stesso in cui il povero Hoffmann veniva dal tribunale di guerra condannato a morte, dopo lunghi giorni di tristissima prigionia da nessun altri confortata che dalla piccola Marta, la figlioletta del Comandante della fortezza dov’era stato rinchiuso. Ma Dio vegliava!

Tornava appena dall’aver celebrato le nozze Dimitri, quando un ordine del Comandante di guerra gl’impone di partire immediatamente pel campo.

Dimitri, obbedisce, parte, e giunge al suo posto alla vigilia della battaglia. Solo, nella sua tenda, il rimorso l’assale: Se una pallottola nemica mi uccidesse domani — pensava — il mio delitto diventerebbe inutile, quell’innocente morrebbe disonorato senza che alcun beneficio me ne derivasse. Scrisse allora la sua confessione e la nascose nella giberna dicendosi: Se vivo, nessuno saprà nulla, se muoio troveranno questo scritto ed Hoffmann sarà liberato.

L’indomani il Comandante gli ordina una ricognizione e Dimitri parte a cavallo seguito da alcuni soldati. Una pattuglia nemica se ne accorge, un attacco s’impegna, e durante la mischia, Dimitri perde la giberna, che poi vien trovata da un soldato e da questi consegnata al Comandante di guerra. Apertala, il Comandante vi rinviene il foglio ed apprende la grave colpa della quale si è macchiato il giovane ufficiale, e, quand’egli gli si presenta per rendere conto della ricognizione eseguita e dell’importante attacco che ne è seguito, con acerbe parole lo rimprovera e gli dice che soltanto una morte onorata sul campo di battaglia potrà redimerlo dalla disonorante azione compiuta. E Dimitri giura solennemente che saprà redimersi nel fuoco nemico. Era forse sincero nel momento in cui giurava, ma poi… rimesso dall’emozione, decide di disertare il campo, correre a casa sua e fuggire con la moglie, avvertendo con una lettera la sorella della sua fuga e della scoperta dell’infamia commessa.

Mentre Dimitri fugge con Elvira, Hoffmann viene condotto nel cortile della fortezza per essere fucilato, ma un espresso del Comandante di guerra giunge al Comandante della fortezza, ordinando di liberare immediatamente Hoffmann e di procedere subito all’arresto di Dimitri e Chiara Pobiensky.

La piccola Marta corre, seguita a stento dal vecchio padre, e giunge miracolosamente in tempo. Un attimo ancora e il picchetto avrebbe eseguito la scarica. Hoffmann è salvo e libero! Appena fuori dalla sua prigione, egli si reca alla casa di Chiara in cerca di Elvira. Ma Elvira non c’è e Chiara che, elusa la sorveglianza dei soldati che erano andati per arrestarla, aveva ingoiato un veleno, gli muore tra le braccia invocando il suo perdono.

Cinque anni dopo, a Parigi, in una riunione della Società fra gli esuli polacchi, mentre Hoffmann, cedendo alle insistenze degli invitati e soprattutto a quelle di Marta, diventata sua allieva prediletta, esegue al piano una nuova composizione, un proclama patriottico viene comunicato egli astanti. Si fa in esso appello al loro patriottismo occorrendo uomini pronti a sacrificarsi per la patria comune. Uno dei primi ad offrirsi è Dimitri che , sotto falso nome, è entrato a far parte di quella Società. Hoffmann lo riconosce e lo apostrofa acerbamente dicendogli: « Non potete voi, traditore e disertore, offrire il vostro sangue alla Patria! » Poi si accascia non resistendo la sua fibra indebolita alla violenza dell’emozione. Fra Elvira e Dimitri avviene poi una spiegazione. Dimitri, costretto a confessare, tenta di commuovere la moglie dicendole che fu  soltanto per amore di lei che calunniò Hoffmann Ma Elvira non perdona e Dimitri, schiacciato dal peso della sua onta, fugge con evidente intenzione di sopprimersi.

Le condizioni di salute di Hoffmann si aggravano. Il pensiero del grande infermo ricorre a Elvira, è Marta, che sola lo assiste amorosamente, aderendo al desiderio di lui va a chiamarla. Elvira accorre sperando che il suo amore possa salvarlo. Ma è tardi! E il grande artefice di melodie sublimi che corsero e corrono il mondo si spegne serenamente, confortato dallo sguardo dolce di Elvira e dalle note dolcissime del suo Canto del Cigno che Marta esegue al piano non sapendo che fu appunto al suono di quelle note stesse che Hoffmann ed Elvira si diedero l’unico loro bacio d’amore, quell’innocente bacio che fu poi causa di tante e così gravi sciagure.

Produzione Milano Films – 3 atti – 1500 metri.

Lyda Borelli ne La Donna Nuda di Bataille

La Donna nuda Cines 1914
Una scena del film “La Donna nuda”, riduzione e messa in scena di Carmine Gallone, al centro Lyda Borelli

Roma, Lunedì 13 aprile 1914. Lyda Borelli la più affascinante attrice del nostro teatro di prosa ha voluto darci ancora una delle sue perfette interpretazioni cinematografiche. La Donna nuda di H. Bataille, la passionale commedia che tanta universalità di consenso ha suscitato nel suo giro trionfale per i Teatri del Mondo, ridotta per Cinematografo sarà proiettata al Teatro Cines.

Il pubblico e la critica non si potranno dolere se una delle più ascoltate ed applaudite commedie del nostro Teatro Moderno ha subìto una opportuna riduzione cinematografica: la cura che la Cines ha posto nell’adattarla, la precisione della mise en scène, la bontà della fotografia, faranno degna corona all’interpretazione mirabile di Lyda Borelli.

Il pubblico di tutto il mondo da molto tempo oramai ha fatto della insigne attrice il suo idolo: e non poteva essere da meno. Lyda Borelli è l’attrice della grazia e dell’eleganza, i suoi atteggiamenti scenici sembrano la umanizzazione del gesto che i capolavori dell’arte scultorea hanno fissato nel marmo, ma questo certo non è imitazione, è frutto di uno squisito istintivo sentimento d’arte che è quasi in Lei una seconda natura. Tutta la infinita gamma della passionalità, dalla tristezza accorata all’ardore folle trova in Lyda Borelli, nel suo corpo divino, nel suo volto bellissimo, la sua giusta misura.

Il pubblico sia che la oda o la veda in persona, sia che la ammiri sull’immagine, ama, soffre, con Lei, giacché l’arte sua non deriva soltanto da una coscienziosa interpretazione del personaggio quale la vede l’autore, ma deriva altresì da tutto quello che Ella pone di suo nella figura che deve animare. Lyda Borelli è artista di razza, è attrice spontanea, nelle sue interpretazioni non si può stabilire quello che è frutto dell’opera dell’autore e quello che nasce dalla di Lei partecipazione. È un tutto unico che si presenta in una saldezza indivisibile, accoppiando l’arte alla naturalezza, la leggiadria al sentimento. Per questo Lyda Borelli è grande, per questo il pubblico l’adora. Domani vedremo la grande attrice in una delle sue interpretazioni favorite: La Donna nuda di H. Bataille.

Roma, 14 aprile 1914. Fiumane di spettatori hanno ieri varcato il sontuoso atrio del Teatro Cines per recarsi ad assistere alla grande attesa première della Donna nuda la finissima commedia di Henry Bataille, in cui si annunciava l’interpretazione sublime di Lyda Borelli. Per quanto fosse stato aumentato il numero dei posti, per quanto molti spettatori si rassegnassero a voler rimanere in piedi, pur non ostante molti cittadini dovettero rassegnarsi e tornarsene via coartati dal fatidico: Tutto esaurito! Affisso innanzi al botteghino.

Del resto tale concorso di pubblico non ha sorpreso alcuno: l’interesse destato dal fortissimo lavoro di Bataille, intorno al quale tanto si è accapigliata ed ha discusso la critica dei maggiori giornali delle due nazioni sorelle; la curiosità di vedere come la stessa commedia fosse stata adattata allo schermo cinematografico; la sicurezza dello sfarzo e della cura posta dalla Società Cines perché la traduzione fosse riuscita degna dell’alto nome dell’Arte Italiana cinematografica e del nome della stessa società; e sopra tutto l’annuncio che la parte della protagonista sarebbe stata affidata a Lyda Borelli, alla grande, sublime artista italiana, hanno contribuito ad assicurare a questa première l’importanza di un grandissimo avvenimento artistico.

E l’aspettativa intensa, febbrile, non è andata delusa. Migliaia di spettatori hanno seguito col più forte interesse lo svolgersi della magnifica commedia, gioendo, soffrendo, palpitando alle or liete, or tristi vicende della povera Lolette, impersonata in modo meravigliosamente umano e realistico dalla divina Lyda Borelli.

La grande attrice italiana ha fatto di questa Donna nuda una vera e propria creazione, incarnando in modo sublime la parte della protagonista.

I suoi atteggiamenti voluttuosi, le sue movenze feline, i suoi scatti di passione hanno profondamente commosso, turbato, le moltitudini di spettatori, che hanno palpitato, vissuto la vita dell’infelice Lolette come se questa creatura, ideata dall’osservazione profondamente psicologica del Bataille, fosse diventata improvvisamente viva, palpitante e carne della loro carne.

A Lyda Borelli degna corona formarono nella loro efficacissima interpretazione, gli altri valorosi artisti, U. Piperno, M. Picasso, A. Capodaglio.

Meravigliosa se non addirittura stupefacente apparve la serie di quadri, uno più interessante, più affascinante dell’altro, che facevano da magnifica cornice all’intreccio interessantissimo della commedia.

Ed il pubblico ha voluto sanzionare con ripetuti, unanimi applausi il successo pieno, incontrastato della Donna nuda e di Lyda Borelli ad ogni finale d’atto.

Un elogio va anche dato incondizionatamente al bravo e valente maestro Peroni per il modo sagace intelligente col quale ha saputo sincronizzare il commento orchestrale che accompagna la bellissima film.

Ed un elogio infine va dato alla Direzione del teatro Cines che ha saputo offrire al pubblico romano, in un ritrovo così elegante, uno spettacolo così completamente riuscito. Basti dire che con tanta affluenza di spettatori non vi è stato da lamentare il minimo incidente, né si è avuto da parte del pubblico il più piccolo lagno.

Dato quindi questo successo, pieno, incontrastabile ottenuto è facile prevedere che le repliche saranno affollatissime di pubblico.

Oggi intanto la Donna nuda si replica alle 17.30 ed alle 21.00.

Le Mal (la concurrence)

Le Courrier Cinématographique 3 janvier 1914

La semaine du Nouvel An, par suite des écarts de temperature que nous subissons à Paris depuis une dizaine de jours, est extrêmement mauvaise pour les salles de spectacle cinématographique. Les recettes baissent partout irrésistiblement, et les Directeurs altérés ne savent plus à quel saint se vouer.

En effet, aucune salle n’échappe à la loi générale dictée par le baromètre. Et tel beau parleur, qui prétendait , il y a quelques semaines à peine, réaliser de mirifiques recettes et des bénéfices considérables, se demande aujourd’hui, non sans inquiétude, comment il réglera sa facture de location, si cela continue.

En effet, rien ne semble produire d’impression sur la foule. Les premières semaines passent inaperçues; les exclusivités coûteuses n’ont pas plus de bonheur.

Les grands Boulevards, promenoir du monde entier, aujourd’hui balayés par la neige et le froid, sont déserts; les rues les plus fréquentées de Paris ne comptent que de rares passants qui fuient d’un pas pressé pour regagner le logis. Et le miroitement électrique des façades de Cinémas ne leur fait plus tourner la tête.

L’observatoire, heureusement, nous annonce un changement de temperature et tout rentrera bientôt dans l’ordre normal des choses. Toutefois, on a pu remarquer l’inanité de certaines manœuvres devant l’inclémence du temps. Et le fait d’avoir manqué la recette pendant une quinzaine a déséquilibré bon nombre d’exploitations que je connais, et qui, il y a quelques semaines à peine, se livraient sur leurs concurrents à une surenchère aussi folle que ruineuse.

Il est probable que beaucoup d’Exploitants sont revenus à de meilleurs sentiments  et à une plus juste appréciation des affaires commerciales. Si cette douche glacée, qui vient de leur choir sur la tête, pouvait provoquer une telle transformation, elle leur aurait rendu un signalé service à tous.

Le mal dont on se plaint est imputable, à n’en point douter, aux Exploitants. Les hausses de tarifs dont ils meurent sont également créées par lui-même, parce qu’il suit une mauvaise orientation générale.

En effet, dès qu’un film quelconque est signalé, on ne sait pourquoi tous les Exploitants, comme un seul homme, se précipitent dessus, alors que la même semaine, beaucoup d’autres films seraient autant dignes d’attirer leur attention.

Non! Un tel a commandé tel film, il le faut à tel autre et a tel autre encore. Les Loueurs achètent un grand nombre de copies, haussent les tarifs pour faire tout de même une sélection, et tout Paris affiche en même temps la même vedette. La clientèle vient, se répartit entre tous les cinémas et attend la semaine suivante pour revenir.

Si, au contraire, nos amis mettaient toute leur ambition à passer un programme différent de celui du voisin d’en face, d’à-côte ou de plus loin, les amateurs de cinémas iraient d’un établissement dans l’autre et chacun en ferait son profit:

1° En réalisant un moyenne de recette à peu près constante;
2° En payant des tarifs rémunérateurs;
3° En évitant une concurrence directe qui amène avec elle mille obligations coûteuses.

D’autre part, les achats des Loueurs se répartiraient sur toutes les marques. Ils loueraient leurs films et les amortiraient plus aisément, puisqu’ils fourniraient aux exploitants des pièces différentes.

Les Editeurs auraient une vente plus stable; les Loueurs pourraient se constituer une clientèle moins fugace et le public, lui-même, en trouvant un aliment à sa curiosité, viendrait plus fréquemment au Cinéma.

En un mot, tout le monde y trouverait son compte et nous en aurions fini avec toutes ces chicanes qui désolent et amoindrissent notre corporation.

Puisque nous entrons dans une ère nouvelle, secouons donc à son seuil, avec la poussière du chemin, les erreurs et les abus du passé, et repartons sur des bases plus équitables, plus fermes, et plus commerciales.

Tels sont les souhaits que le Courrier formule aujourd’hui, à l’aurore de l’an 1914.

Charles Le Fraper
(Le Courrier Cinématographique, Paris 3 Janvier 1914 – archivio in penombra)