Elvira Coda e Nicola Notari

Cartolina ricordo della sala di Menotti Cattaneo, pioniere dell’esercizio napoletano e cliente abituale della famiglia Notari nei primi anni del ‘900 © Collezione Archivio In Penombra

Le biografie socioculturali di Elvira Coda e Nicola Notari si intrecciano al costituirsi di una modalità napoletana di produzione cinematografica. Quanto si sa del loro retroterra e del loro ingresso nel mondo del cinema è illuminante. Di famiglia modesta, Elvira Coda era nata a Salerno il 10 febbraio 1875, da Diego Coda e Agnese Vignes. A differenza di tante donne del suo tempo, soprattutto al di fuori dei circoli socialmente elevati, venne mandata a scuola a farsi un’educazione. (…) Conclusi gli studi, Coda si trasferì a Napoli con la famiglia, dove si mise a lavorare come modista. (…) Il 25 agosto 1902, a ventisette anni — un’età decisamente avanzata rispetto ai costumi meridionali dell’epoca sposò Nicola Notari. Ebbero tre figli: Edoardo, che divenne attore nell’impresa familiare; Dora, che le fornì il nome; e Maria, che non prese parte agli affari di famiglia.
Nicola Notari fu costretto a guadagnarsi da vivere fin da bambino. Di indole artistica, si dedicò alla produzione di dipinti di soggetto popolare, ma i suoi paesaggi, nature morte e scene del genere non gli davano da vivere. Scoraggiato, cominciò a colorare a mano fotografie, attività che si rivelò assai più lucrativa, e collaborò da esterno con vari fotografi napoletani. Gli fecero da assistenti prima la sorella Olga, poi Elvira, che nel frattempo aveva sposato.
Dalle fotografie, i Notari passarono alla colorazione di film, facendo così il loro ingresso nella montante industria cinematografica napoletana. Cominciarono a colorare film su commissione per la casa di Roberto Troncone e per Menotti Cattaneo. Nel 1906, a detta di Edoardo Notari, i genitori presero a produrre film in proprio.
Giuliana Bruno (Rovine con vista – Alla ricerca del cinema perduto di Elvira Notari; La Tartaruga edizioni 1995 pp. 92/95)

Come regola generale non bisogna affidare una ricerca alla memoria orale per molto utile e soprattutto comodo che a prima vista possa sembrare. Edoardo Notari poi, nato a Napoli il primo gennaio 1903, aveva 3 anni nel 1906, difficilmente può diventare un testimone attendibile, e tutti gli altri sono morti da lungo tempo. In mancanza di sopravvissuti, facciamo parlare i morti, in questo caso una lapide al cimitero di Verano. In un post di Flavia Amabile su Instagram del 28 febbraio scorso si vede la lapide sulla tomba di Elvira, Nicola e… Olga Notari. Di quest’ultima nessuno, nelle numerose biografia dedicate a Elvira Notari, prima regista cinematografica italiana, si trattiene molto. Una perfetta sconosciuta, o quasi. Vediamo un po’ chi è, o meglio, chi fu.

Stabilimenti Cines, Roma 1907. La coloritura delle pellicole per la cinematografia colori.

La giovinetta che si avvelenò in via degli Ernici

Roma, Venerdì 13 dicembre 1907. In via degli Ernici 43, fuori porta San Lorenzo, aveva preso alloggio da oltre un mese fa la famiglia del coloratore di pellicole cinematografiche Edoardo Notari, composta dalla moglie di questi Ippolita e dei figli Umberto d’anni 27 ammogliato, e Olga d’anni 17.

La famiglia, d’origine napoletana, proveniva precisamente da Napoli, dove si erano avviati nell’arte esercitata dal vecchio Notari anche i figli, però qualche mese fa per ragione di lavoro vennero nella deliberazione di cambiar studio e venire a Roma previo accordo di essere occupati presso lo stabilimento Cines.

Questo cambiamento di residenza però non piacque molto ad Olga che, giovane e bella aveva accettato la corte del fratello di sua cognata, Giovanni Bilodono, d’anni 23, da Reggio Calabria, ufficiale postale.

Prima di lasciare definitivamente Napoli, la graziosa giovanetta si fece giurare dal suo Giovanni che le avrebbe scritto e non l’avrebbe dimenticata.

Giovanni le fece tutte le promesse e i giuramenti possibili, ma Olga dopo la sua venuta in Roma per quanto abbia scritto non ha potuto mai avere risposta.

La povera ragazza impensierita e preoccupata da questa trascuranza non ebbe più pace e in questi ultimi giorni nella sua mente balenò la triste idea del suicidio.

Ieri mattina alle 10, dopo aver scritto una lunga lettera all’ingrato fidanzato, presa da uno scaffale una boccettina contenente della liscivia, la bevve d’un sorso e si ritirò nella sua stanza in attesa che la morte venisse a toglierle l’ambascia che la divorava.

Però dopo qualche tempo, presa da dolori terribili viscerali, confessò al fratello il folle suo tentativo.

Nel momento della dichiarazione questi preso da furore, credendo che la cosa fosse lieve diede alla sorella uno schiaffo poi tentò da sé di praticarle le prime cure: ma assicuratosi poi della gravità del caso, in unione della madre Ippolita e della guardia municipale in borghese Enrico Santucci, condusse la sorella all’ospedale di S. Antonio.

Qui giunta il dottor Ferretti che la visitò, la trovò in stato gravissimo, tanto che non gli fu possibile poterle praticare la lavanda dallo stomaco, e la giudicò in pericolo di vita.

La guardia Ruggeri di servizio all’ospedale, sequestrò nelle tasche della giovinetta la bottiglia di cui essa si era servita per darsi alla morte, completamente vuota.

Alle 19.40 la povera Olga fra spasmi atroci cessava di vivere.

Il cadavere è rimasto a disposizione del pretore del sesto mandamento per constatazioni di legge.

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Questa primizia fa parte delle 150 cose che so di Elvira Coda Notari in occasione del 150° anniversario della nascita.

Comportati bene e ricorda dove hai letto questo post, grazie. Sono 25 anni che un numeroso gruppo di simpatici storici del cinema cercano di cancellare ogni mia traccia, altro che Damnatio Memoriae...

Come si prepara uno spettacolo cinematografico

Roma, estate 1907

L’aumento prodigioso delle sale di spettacolo cinematografico in ogni città, dimostra la verità di quanto è stato da molti predetto; che cioè il cinematografo prenderà a poco a poco il posto dei giornali illustrati di varietà e di attualità, costringendoli, se vogliono uscir vittoriosi dalla seria concorrenza , a modificarsi, a trasformarsi con una evoluzione più consona ai nuovi gusti del pubblico. Il cinematografo ha, sul giornale, il vantaggio di essere un espositore imparziale, di non cercar di correggere o spiegare con inopportuni o interessati commenti, la storia del corso di un avvenimento.

Specialmente per l’attualità, il desiderio del pubblico di vedere e giudicare le cose coi propri occhi, ha prodotto nei giornali un aumento singolare della parte illustrativa ed una conseguente diminuzione del testo, ridotto ad indicazioni puramente schematiche, con le quali il lettore possa ricostruire e rivivere la scena riprodotta dalle incisioni. Il cinematografo contenta anche meglio il gusto del pubblico, con la rapidità delle sue proiezioni che dànno l’attrattiva della vita e del movimento a fatti ed avvenimenti colti solo in qualche loro aspetto dalla fotografia ordinaria. Ma, poiché, come dicevamo, il cinematografo tende sempre di più, a prendere il posto del giornale illustrato, avviene che la sola attualità non basta più al pubblico: occorre che anche la fantasia abbia la sua parte e che in uno spettacolo vista anche quello che in un giornale si chiama «articolo di varietà».

La coloritura delle pellicole per le cinematografie a colori

Dato lo sviluppo enorme preso dalla fabbricazione delle pellicole cinematografiche sono sorti appunto teatri speciali, ove si mettono in posa quelle curiose «scene comiche» che ottengono tanto successo di ilarità, o si prendono le proiezioni di avvenimenti storici retrospettivi, o addirittura si falsificano avvenimenti contemporanei. Il «teatro di posa» è necessario per la formazione di scene di varietà, ed indispensabile in una fabbrica di pellicole cinematografiche.

Ogni movimento che al nostro occhio appare continuo è composto invece di una serie di atti consecutivi. Fissandoli per mezzo di apparecchi celerissimi e riproducendoli poi con la stessa celerità con cui si svolgono, la fotografia può dare al nostro occhio l’illusione del movimento reale. Su questa constatazione di fatto è fondato il cinematografo. La pellicola su cui le successive fotografie vengono impressionate è un lunghissimo nastro di celluloide, che vien trattato con metodi speciali, dopo prese le consecutive istantanee. Quando le cinematografie sono fissate, ed asciugate, vengono sottoposte al ritocco e alla coloritura, per le scene che si vogliono riprodurre in colori.

Il montaggio delle pellicole in bobine

Le nostre illustrazioni ci mostrano come questo sia un lavoro compiuto quasi interamente da operaie. E le donne ancora conducono a termine l’ultima preparazione, il «montaggio» della pellicola, avvolgendo il lungo nastro impressionato in rocchetti o bobine, che svolti poi da una macchinetta a movimento regolato in modo preciso, innanzi ad una forte sorgente luminosa, riproducono in proiezione le scene che la luce rapidamente vi segnò, prolungandone la vita oltre il breve momento dell’esistenza reale, conservando così il documento, che ha maggior forza di convinzione, di ciò che passa e perisce.

L’incendio della Cines fuori porta S. Giovanni

Pianta di Roma 1909
Pianta di Roma 1909 (archivio in penombra)

Danni rilevanti

Roma, 3 aprile 1907

Sulla via Appia Nuova, a circa un centinaio di metri dalla porta S. Giovanni, tra la trattoria di Faccia Fresca e l’osteria Onofri, si apre a destra una nuova strada alla quale non è stato dato ancora il nome.
Percorsi circa duecento metri si trova a destra un fabbricato fatto costruire un paio di anni or sono dal cav. Filoteo Alberini, e dal sig. Santoni, proprietari del Cinematografo Moderno in piazza delle Terme e del cinematografo Lumière, in via del Gesù.
Il fabbricato serviva per una industria tutta moderna, e cioè lo Stabilimento di manifattura cinematografica.
Un anno fa, e precisamente il primo aprile 1906, passò alla società italiana Cines, di cui fanno parte noti banchieri.
Il fabbricato si compone dei sotterranei e di due piani.
Nei sotterranei vi è il laboratorio dei positivi e sviluppo.
Nel piano terreno, in una grande sala, si trova il palcoscenico dove si compongono svariatissime scene che i fotografi ritraggono sulle pellicole di celluloide che dovranno poi essere proiettate nei saloni cinematografici, nei caffè-concerti, ecc.
Al piano superiore si trovano la camera del direttore, cav. Carlo Colombo, di anni 60, da Palermo, abitante in via Napoli n. 43, i laboratori con magazzini per le sarte, per la coloritura delle pellicole, e quello della riveditrice.
A sinistra del fabbricato, sulla fronte principale del quale si legge: Primo Stabilimento Italiano di Manifatture Cinematografiche, sorge un altro edificio.
Al piano terra sta il laboratorio dei meccanici, e al primo piano il laboratorio delle coloriture, e al secondo piano il magazzino vestiario.
I due edifici, in materiale, sono chiusi tutt’intorno da una cancellata.
In fondo alla nuova strada si trova l’osteria di Maria Savelli.
Nei vari laboratori lavorano circa centocinquanta operai, tra uomini e donne.
Ieri, alle 4.30 pom., il direttore del laboratorio di coloritura, sig. Emilio Poulard, si trovava nella sala di proiezioni facendo provare un nuovo lavoro, il ballo dal titolo: Fauno.
Improvvisamente un contatto elettrico appiccò il fuoco alla celluloide, e la fiammata attacco subito anche gli strumenti, le negative e le macchine che trovavansi nello stabilimento.
Gli operai che si trovavano al lavoro, diedero subito mano al salvataggio per porre al sicuro quanta più roba potevano.
Il direttore dello stabilimento cav. Colombo, che si trovava nel suo ufficio, fece avvertire telefonicamente i vigili, che accorsero con la consueta lodevole sollecitudine dalla caserma in via Genova, agli ordini del comandante cav. Fuoci, del capitano De Magistris e dei tenenti Giuliani, Olivieri, Venuti e De Paolis.
Mentre si aspettavano i pompieri, furono portati fuori un grande armadio contenente attrezzi, pellicole, ecc.; scenari, mobili, pianoforte e quanto altro si poteva senza pericolo di disgrazie.
Un’altra parte degli operai con 36 tubi estintori Minimax tentarono di spegnere l’incendio, che già aveva preso vaste proporzioni.
I vigili giunti subito con la macchina a vapore, carri di quarta classe e carro attrezzi, si misero all’opera, ma il loro lavoro diligente ed energico non riuscì però a salvare che poca parte della roba.
Andarono distrutti 250 mila metri di pellicole, varie vergini, parte colorate, quasi tutte le negative, varie macchine, una grande scansia a muro per deposito delle pellicole: rimase anche danneggiato il cielo del teatro.
Sul posto si recarono subito il cav. Adolfo Pouchain, consigliere delegato della società Cines, l’ing. Filoteo Alberini, il signor Santoni cassiere, l’ing. Gino Coari.
Accorsero pure il cav. Moccia, commissario di P. S. dell’Esquilino, con molte guardie, il maresciallo dei carabinieri Gastaldo, comandante della stagione di fuori porta S. Giovanni, con alcuni militi.
Il cav. Moccia fece chiamare un plotone del 2° granatieri, di stanza a Santa Croce in Gerusalemme, ma fu inutile la loro opera.
Il fotografo Luigi Bertini di Arnaldo, di 18 anni, romano, abitante in via di Santa Sabina n. 16, mentre si adoperava a spegnere il fuoco con il tubo Minimax, fu colpito alla fronte da una lastra di vetro.
All’ospedale di San Giovani lo giudicano guaribile in 8 giorni con riserva.
I componenti della società Cines fanno ascendere i danni a dodici mila lire, mentre il cav. Fucci, comandante dei vigili, e le altre autorità lo fanno arrivare a circa 200.000 lire.
Lo stabilimento non era assicurato, perché le società assicuratrici non fanno tali operazioni dove vi sono materie infiammabili, come la celluloide.
Sulla terrazza si trovavano dodici conigli, che si crede siano rimasti vittime del fuoco.

La floridezza della Cines

La società Cines è una delle più floride di Roma benché delle più recenti.
Alla metà di febbraio si radunò la prima assemblea degli azionisti ed il presidente sig. Ernesto Pacelli, che ormai è l’anima di tutte le imprese finanziarie di Roma, presentò il bilancio del primo esercizio.
La Cines ebbe inizi oltremodo favorevoli, giacché contemporaneamente al lavoro di organizzazione dell’impianto potè subito produrre e vendere affermandosi sui vari mercati, collocando una grande produzione e preparandosi a collocarne una molto superiore.
Così con un capitale di 400 mila lire si ebbe un utile di L. 101.579,09; utile che prudentemente non fu distribuito alle 4 mila azioni da 100 lire, che ne avrebbero avuto diritto.
Il capitale era poi stato portato ad un milione, collocando le azioni a 200 lire per modo che la Cines aveva realizzato un beneficio di 500 mila lire.
Le azioni, che come abbiamo detto, costarono all’inizio, cioè appena un anno fa, 100 lire, e pochi mesi or sono, alla nuova emissione 200, erano ieri negoziabili a 419 lire.

(Il Messaggero)