
Danni rilevanti
Roma, 3 aprile 1907
Sulla via Appia Nuova, a circa un centinaio di metri dalla porta S. Giovanni, tra la trattoria di Faccia Fresca e l’osteria Onofri, si apre a destra una nuova strada alla quale non è stato dato ancora il nome.
Percorsi circa duecento metri si trova a destra un fabbricato fatto costruire un paio di anni or sono dal cav. Filoteo Alberini, e dal sig. Santoni, proprietari del Cinematografo Moderno in piazza delle Terme e del cinematografo Lumière, in via del Gesù.
Il fabbricato serviva per una industria tutta moderna, e cioè lo Stabilimento di manifattura cinematografica.
Un anno fa, e precisamente il primo aprile 1906, passò alla società italiana Cines, di cui fanno parte noti banchieri.
Il fabbricato si compone dei sotterranei e di due piani.
Nei sotterranei vi è il laboratorio dei positivi e sviluppo.
Nel piano terreno, in una grande sala, si trova il palcoscenico dove si compongono svariatissime scene che i fotografi ritraggono sulle pellicole di celluloide che dovranno poi essere proiettate nei saloni cinematografici, nei caffè-concerti, ecc.
Al piano superiore si trovano la camera del direttore, cav. Carlo Colombo, di anni 60, da Palermo, abitante in via Napoli n. 43, i laboratori con magazzini per le sarte, per la coloritura delle pellicole, e quello della riveditrice.
A sinistra del fabbricato, sulla fronte principale del quale si legge: Primo Stabilimento Italiano di Manifatture Cinematografiche, sorge un altro edificio.
Al piano terra sta il laboratorio dei meccanici, e al primo piano il laboratorio delle coloriture, e al secondo piano il magazzino vestiario.
I due edifici, in materiale, sono chiusi tutt’intorno da una cancellata.
In fondo alla nuova strada si trova l’osteria di Maria Savelli.
Nei vari laboratori lavorano circa centocinquanta operai, tra uomini e donne.
Ieri, alle 4.30 pom., il direttore del laboratorio di coloritura, sig. Emilio Poulard, si trovava nella sala di proiezioni facendo provare un nuovo lavoro, il ballo dal titolo: Fauno.
Improvvisamente un contatto elettrico appiccò il fuoco alla celluloide, e la fiammata attacco subito anche gli strumenti, le negative e le macchine che trovavansi nello stabilimento.
Gli operai che si trovavano al lavoro, diedero subito mano al salvataggio per porre al sicuro quanta più roba potevano.
Il direttore dello stabilimento cav. Colombo, che si trovava nel suo ufficio, fece avvertire telefonicamente i vigili, che accorsero con la consueta lodevole sollecitudine dalla caserma in via Genova, agli ordini del comandante cav. Fuoci, del capitano De Magistris e dei tenenti Giuliani, Olivieri, Venuti e De Paolis.
Mentre si aspettavano i pompieri, furono portati fuori un grande armadio contenente attrezzi, pellicole, ecc.; scenari, mobili, pianoforte e quanto altro si poteva senza pericolo di disgrazie.
Un’altra parte degli operai con 36 tubi estintori Minimax tentarono di spegnere l’incendio, che già aveva preso vaste proporzioni.
I vigili giunti subito con la macchina a vapore, carri di quarta classe e carro attrezzi, si misero all’opera, ma il loro lavoro diligente ed energico non riuscì però a salvare che poca parte della roba.
Andarono distrutti 250 mila metri di pellicole, varie vergini, parte colorate, quasi tutte le negative, varie macchine, una grande scansia a muro per deposito delle pellicole: rimase anche danneggiato il cielo del teatro.
Sul posto si recarono subito il cav. Adolfo Pouchain, consigliere delegato della società Cines, l’ing. Filoteo Alberini, il signor Santoni cassiere, l’ing. Gino Coari.
Accorsero pure il cav. Moccia, commissario di P. S. dell’Esquilino, con molte guardie, il maresciallo dei carabinieri Gastaldo, comandante della stagione di fuori porta S. Giovanni, con alcuni militi.
Il cav. Moccia fece chiamare un plotone del 2° granatieri, di stanza a Santa Croce in Gerusalemme, ma fu inutile la loro opera.
Il fotografo Luigi Bertini di Arnaldo, di 18 anni, romano, abitante in via di Santa Sabina n. 16, mentre si adoperava a spegnere il fuoco con il tubo Minimax, fu colpito alla fronte da una lastra di vetro.
All’ospedale di San Giovani lo giudicano guaribile in 8 giorni con riserva.
I componenti della società Cines fanno ascendere i danni a dodici mila lire, mentre il cav. Fucci, comandante dei vigili, e le altre autorità lo fanno arrivare a circa 200.000 lire.
Lo stabilimento non era assicurato, perché le società assicuratrici non fanno tali operazioni dove vi sono materie infiammabili, come la celluloide.
Sulla terrazza si trovavano dodici conigli, che si crede siano rimasti vittime del fuoco.
La floridezza della Cines
La società Cines è una delle più floride di Roma benché delle più recenti.
Alla metà di febbraio si radunò la prima assemblea degli azionisti ed il presidente sig. Ernesto Pacelli, che ormai è l’anima di tutte le imprese finanziarie di Roma, presentò il bilancio del primo esercizio.
La Cines ebbe inizi oltremodo favorevoli, giacché contemporaneamente al lavoro di organizzazione dell’impianto potè subito produrre e vendere affermandosi sui vari mercati, collocando una grande produzione e preparandosi a collocarne una molto superiore.
Così con un capitale di 400 mila lire si ebbe un utile di L. 101.579,09; utile che prudentemente non fu distribuito alle 4 mila azioni da 100 lire, che ne avrebbero avuto diritto.
Il capitale era poi stato portato ad un milione, collocando le azioni a 200 lire per modo che la Cines aveva realizzato un beneficio di 500 mila lire.
Le azioni, che come abbiamo detto, costarono all’inizio, cioè appena un anno fa, 100 lire, e pochi mesi or sono, alla nuova emissione 200, erano ieri negoziabili a 419 lire.
(Il Messaggero)
Ma poveri conigli! 😊
Vero? Chissà perché questi conigli sul tetto…