Nella perdurante inoperosità delle principali case di films, Domenico Gambino, l’ineffabile Saetta, non ha esitato ad affrontare coraggiosamente la crisi. Così come nei suoi films a sensation affronta le più inverosimili avventure per divertire il suo pubblico che lo ama e lo segue amorosamente nell’aspro cammino artistico.
Saetta ha piantato le sue tende a Torino dopo una non breve permanenza a Degli, dove, mi si dice, ha compiuto alcune pregevoli opere, profondendo in esse la sua inesauribile « verve », il suo brio indiavolato, la sua eterna ironica filosofia del « me ne frego ».
Infatti Saetta — senza essere fascista — è un perfetto « menefreghista ». Le situazioni più scabrose, i passi più difficili, le vicende più dolorose, le raffiche più violente passano e si agitano freneticamente intorno alla sua figura, senza che egli ne sia turbato. Compare talora una lacrima sul suo ciglio: non è che un’attimo di commozione che le fa arrossire, poi lacrima e rossore scompaiono sotto il suo sorriso motteggiatore.
Quella che ho visitato in questi giorni è una nuova Saetta Film. Una Saetta Film creata a somiglianza del suo titolare e direttore generale. Tutti scapigliati, tutti allegri, tutti spensierati. Mossi unicamente dal desiderio di creare dei films che piacciano al pubblico, che lo ricreino, che gli facciano dimenticare per un’ora le melanconie di questa ignobile cosa che è la vita.
Alla Saetta è finito recentemente Saetta e la Ghigliottina, e si inizia ora la lavorazione di Quel ficcanaso di Saetta! dovuto alla fervida fantasia di Emilio Vardannes.
Di questo soggetto si parlerà diffusamente nei prossimi numeri: ora, mandiamo a Saetta e ai suoi valorosi collaboratori il nostro augurale saluto e l’espressione della più viva ammirazione.
Torino, gennaio 1923