In risposta al memento di Louis Gasnier

Lo abbiamo letto più volte (poi che quei signori entrando in casa nostra hanno forzato anche la nostra lingua) e ci ha procurato una pietosa impressione. Ci siamo subito domandati se non ci fossimo trovati d’innanzi ad un sillabario marinettiano di futurismo cinematografico! In verità la nuova tendenza che si vuole imporre all’arte nostra, ha molta somiglianza col movimento futurista, e come questo ha la unica preoccupazione di fare delle innovazioni, per noi inconcepibili, a colpi d’ascia! E non può essere che così, quando, senza ricorrere ad un’analisi profonda, si riscontra una contraddizione negli stessi postulati franco-americani.

Era meglio, molto meglio, che il fratello latino il 24 novembre 1914 fosse stato sui Vosgi!

E quel che è strano, è che tra i francesi che lottano contro il pangermanismo si possono trovare di quei che vogliono imporre l’americanismo! E pare che la civiltà latina da loro tanto decantata, inneggiata, difesa in Europa, debba invece mettersi a servile obbedienza del continente transatlantico!

Alcune Case, e per nostra iattura tra le migliori del nostro paese, hanno aderito in blocco; per tale ragione, e per un doveroso rispetto alle opinioni altrui, non vogliamo muovere loro osservazioni di sorta; d’altro canto però, non possiamo tacere una parola di plauso per le altre che hanno dato il gran rifiuto.

L’arte cinematografica, secondo l’illustre ignoto, acquisterebbe se le films fossero più lautamente condite da primi piani, e se gli attori agissero nello spazio il più ristretto possibile.

È cosa fuori di dubbio che i primi piani piacciono e interessano prima di tutti le belle attrici, poi gli attori e infine il pubblico; le Case si valgono di ciò per allungare le films e trarre, con minima spesa, sensibili benefici.

Io ho sempre pensato diversamente ed ho anche sempre trovato chi mi ha dato torto: ciò però non mi ha ancora convinto delle loro ragioni!

Il primo piano può piacere come visione, non come mezzo d’arte: può piacere come complemento, chiarimento di visione, non come svolgimento di lavoro.

Siamo ancora indecisi se la cinematografia sia arte o industria: per noi è arte; l’industria finisce quando l’arte comincia; noi vediamo manifestazioni d’arti, non manifestazioni d’industria. Non è ora il caso di addentrarci in questo tema: facciamo conto di averlo ampiamente trattato e di aver concluso che la cinematografia è un’arte.

Siamo ora seduti in una sala di proiezione ed assistiamo ad un lavoro condotto magistralmente ed interpretato con altrettanta maestria da artisti valenti; la scena che si svolge è una delle più forti, delle più passionali, delle più sentimentali. Siamo talmente presi da quell’azione, che vi partecipiamo quasi, e dimentichiamo di essere seduti su uno scanno di cinematografo, come dimentichiamo di stare in poltrona al teatro, quando sul palcoscenico si svolge una scena che rapisce e concentra tutta la nostra attenzione.

Tutto ad un tratto il nostro occhio è colpito improvvisamente da una visione nuova, molto diversa dalla precedente: più grande, come se avanti l’occhio ci avessero posto una lente d’ingrandimento; osserviamo bene e ci avvediamo che ciò che ci si para d’innanzi è una parte della scena che prima ci aveva tanto interessati. Questa fugacissima considerazione ci richiama alla realtà e ci fa dimenticare la psicologica compartecipazione derivante dalla maestria degli artisti.

Accennando così brevemente alla ragione della mia contrarietà ai primi piani, in lavori d’arte, debbo però dire che l’uso del primo piano dovrebbe, se si vuole, adattarsi per tutta una data scena, e non dovrebbe essere intercalato nello svolgimento della scena stessa ad un momento speciale.

Lasciando da parte la discussione generale, e rientrando ad esaminare i canoni artistici dettati dalla competenza del tourist francese, dubitiamo che un primo piano, contenente un uomo amputato delle gambe, dalla testa quasi rasente all’orlo dello schermo, possa contribuire alla buona qualità delle films.

Non comprendiamo poi come si possa curare l’ambiente quando la film deve svolgersi prevalentemente in primo piano, lo spazio deve essere il minimo possibile e le decorazioni e figurazioni devono sfumare all’occhio del pubblico.

Le note supplementari, poi, sono stupefacenti!

Le attrici e i primi attori debbono essere molto belli: la loro valentia viene in seconda linea. Oh Eleonora Duse!…

Le note hanno uno scopo: americanizzare gli italiani; condannare i nostri costumi, le nostre abitudini, stabilire la nostra inferiorità, la supremazia dell’americano.

Gli americani avranno l’arte per fare i dollari, ma noi i dollari per fare l’arte!

Vi figurate quando vedremo le films fatte secondo i dettami del memento?!: donne, uomini belli, senza gambe, a ridosso della cornice dello schermo, muovendo soltanto occhi e bocca, ed agenti in uno spazio ristrettissimo: oh come rivedremo il teatrino ambulante dei burattini napoletani!

Mario Caserini, Baldassarre Negroni e Giulio Antamoro passeranno sotto le forche caudine?

M.M.
(La vita cinematografica, Torino 7 marzo 1915)