
Il cinema dei delitti, della cronaca nera, è un classico intramontabile, un genere di successo fin dai primi tempi del cinematografo. C’è chi lo vuole nato in Francia, il cinema dei “faits divers”, secondo altri sarebbe nato in Inghilterra, altri ancora sono sicuri di attribuire agli Stati Uniti il battesimo… Ma io non voglio occuparmi adesso di questo “giallo” irrisolto, voglio parlarvi di come nasce questo genere nel cinema italiano.
In mancanza di prova contraria, i primi “delitti” del cinema italiano sono del 1906.
Ah, dimenticavo! Prima di “rivedere” questi film, sulla carta perché quasi tutti sono “scomparsi nel buio”, voglio chiarire che si tratta di storie ambientate nel mondo contemporaneo, contemporaneo del ‘900, storie scritte per il cinematografo, non trasposizioni dei classici della letteratura o del teatro
Uno dei primi film dovrebbe essere Nozze tragiche, prodotto dalla Cines di Roma nel 1906. Vi propongo la descrizione del soggetto in un famoso articolo di Giustino L. Ferri, pubblicato nella rivista La lettura, settembre 1906:
« una bella figliuola dell’Agro Romano, sedotta dal padrone. In assenza del padre l’ingenua villanella permette al signore di entrare nel tugurio; il vecchio ritorna improvvisamente, e il padrone se la svigna da una finestra. Ma nella fretta egli ha lasciato un indizio d’accusa, il suo carniere da cacciatore. Il vecchio maledice e scaccia l’imprudente figliuola, che ripara a Roma, dove il signore, giovine e ricco mercante di campagna, largheggia con lei in tutte le soddisfazioni della vanità e del lusso. Intanto è nata una bambina. Sarebbero felici, ma il signore deve prender moglie. Per liberarsi di lei, le offre un fascio di biglietti di banca, naturalmente rifiutati con quel nobile disprezzo che a teatro piace tanto alle persone più avide e meno scrupolose. Sopraggiungono i guai : la soffitta, la penuria, la malattia mortale della bambina. Il pensiero della derelitta vola angosciato all’infedele, che si apparecchia alle nozze. Una proiezione sulla parete di fondo della soffitta precisa questo pensiero in un salottino elegante, dove il traditore fa la corte alla ricca fidanzata. La bambina muore, e il coltello della tradita, che colpisce il seduttore mentre esce dalla chiesa dando il braccio alla sposa, giustifica il titolo di Nozze tragiche imposto alla composizione.
Mentre i quadri si succedevano, una brava donnetta popolana spiegava al marito le varie parti e le ragioni del dramma, dandogli anche notizie che rivelavano l’assidua frequentatrice di cinematografi.
— Guarda la sposa, — gli aveva detto alla scena della firma dei capitoli, — è quella che l’altra sera faceva Pierrot.
Alla fine, dopo la pugnalata, riassunse il suo giudizio in un’esclamazione sincera:
— Poveretta ! E che doveva fare con un assassino come quello lì?
Per lei l’assassino era l’assassinato. La sua pietà per la tradita era inesorabile per l’ucciso.»
Pare che sia il primo film italiano del francese Gaston Velle, contrattato dalla Cines, e si dice che fosse un rifacimento di un dramma che Velle aveva girato qualche mese prima per la Pathé Frères: Hyménée tragique, distribuito in Italia con il titolo Nozze tragiche, al punto che la casa francese accusò la Cines di concorrenza sleale. Il film fu proiettato al Cinema Moderno di Filoteo Alberini, che allora lavorava per la Cines come direttore tecnico.
A questo primo tentativo seguì qualche mese dopo, Onore rusticano, anche questo prodotto dalla Cines, anche questo firmato Velle, operatore Alberini:
«E’ un dramma rapido, caratteristico, che si svolge in piena campagna romana. Una giovane contadina ama follemente un carrettiere, il quale la tradisce con la moglie di un oste. Una lettera anonima svela alla disgraziata l’ignobile tresca, ed ella per vendicarsi decide di raccontare all’oste l’inganno di cui è oggetto per parte della sua infedele consorte. Un giorno, mentre molti contadini e contadine sono gioiosamente riuniti a bere ed a danzare nei pressi dell’osteria del villaggio, una tragica scena si svolge in fondo alla cantina dell’osteria. L’uomo tradito, che ha invitato il giovane carrettiere in quel luogo solitario, impegna con lui un terribile duello a colpi di coltello. Il carrettiere cade mortalmente ferito e l’oste si salva con la fuga. Tutti si fanno attorno alla vittima; la sua giovane fidanzata in uno slancio di dolore e di affetto vorrebbe abbracciarlo, ma egli la respinge per indirizzare un bacio alla sua amante. A questa vista la giovanotta, fuori di sé per l’ira e per la gelosia, afferra il coltello ancor tiepido del sangue del primo delitto e ferisce l’odiata rivale.» («Bollettino Cines», Roma, n. 11, ottobre 1906)
Frasi di lancio: «Questa cinematografia, che in pochi metri, condensa un dramma così ricco di passione e d’interesse, è destinata a duraturo successo e farà sempre la fortuna di ogni spettacolo cinematografico.» – «Splendida ed emozionante cinematografia della Cines.» (1)
Più o meno lo stesso mese di ottobre usciva nella sale La camorra napoletana, produzione Ambrosio e C. Torino, ambientato a Napoli:
« Film in tre parti.
1. Una povera madre abbandonata. – La prepotenza della Camorra che approfittando della miseria, vorrebbe affigliare alla Camorra il di lei bambino ancora in fasce. – Offrono perciò il pugnale, denaro e codice, emblemi dell’associazione. – Rifiuto sdegnoso della madre. – L’aiuto di un operaio onesto. – Dichiarazione d’amore. La minaccia del capo camorrista.
2. All’osteria di campagna. Il ballo ed il complotto dei camorristi.- Il gioco del tocco.-L’offesa.-La risposta.-La tirata di coltello.- Le guardie.- Duello rusticano.- Delitto.- Fuga.- L’inseguimento.- Lotta.
3. Alla propria abitazione.- Senza chiave.- La vendetta di Rosa.
Descrizione dei quadri da un programma del American Bioscope Roatto al Politeama Ariosto di Reggio Emilia, 6 ottobre 1906.
Frasi di lancio: «Scene drammaticissime della mala vita nei bassifondi sociali a Napoli». «Riproduce dal vero i fatti della vita napoletana.» (1)
Sicuramente mi sono persa qualche film, non è facile trovare la descrizione degli argomenti in questi primi anni di produzione italiana. Me lo fa sospettare il fatto che nel 1907 ho trovato soltanto due titoli. Nel primo, al delitto segue il rimorso, che uccide il colpevole:
Visione accusatrice, prodotto dalla Rossi & C. di Torino:
« Un uomo va a pescare e perde il suo berretto nel torrente. Il copricapo è trovato da un vagabondo, il quale, volendo poi rapinare un uomo di passaggio, nella colluttazione lo uccide. Il vagabondo perde sul luogo del delitto il berretto, che viene trovato dalla polizia: sul bordo c’è scritto il nome del proprietario e il povero pescatore viene quindi arrestato e messo in prigione. Mentre sta scappando, il colpevole fa una brutta caduta e rimane ferito. Nella situazione di abbandono in cui viene a trovarsi egli continua ad avere sotto i occhi la visione del delitto che ha commesso: e in punto di morte, egli confessa. Così il pescatore viene rilasciato e può tornare felice dalla sua famiglia. »(1)
Nel mese di giugno, esce sugli schermi Lo spettro, film delittuoso con un pizzico di cinema-horror, presentato nel catalogo della Cines come “film drammatico”:
« Un calzolaio avido di danaro uccide il padrone per derubarlo dei suoi risparmi, ma lo spettro dell’assassinato gli apparisce ad ogni istante, minaccioso, terribile. Vinto dallo spavento e dal rimorso lo sciagurato si suicida per trovar pace nella morte. »(1)
Nessuna traccia sull’argomento di parecchi film “sospettosi” prodotti nel 1908, che portano titoli come: Amore e morte, Il bandito nero, Fatti di cronaca, Giusta vendetta, Il redivivo, Sepolta viva, La vendetta di una morta.
L’orfanella dell’assassinato, prodotto dalla Cines nel dicembre 1908, incontrerà, o meglio si scontrerà con la censura nel 1914, al film venne revocato il permesso di circolazione:
« Un soldato, in un accesso d’ira per una ramanzina che ritiene ingiusta, uccide il suo ufficiale superiore. Dopo due anni di prigione, riesce a evadere e si aggrega a una banda di ladri. Ma quando i malviventi rapiscono la figlioletta dell’ufficiale per chiedere un riscatto, l’uomo, in un soprassalto di rimorso, la libera a rischio della sua vita e la riconoscenza della madre. La donna gli perdona i grande dolore inflittole con la morte del marito. »(1)
Arrivati al 1909, la casa Ambrosio di Torino scommette decisamente per il cinema “delittuoso”, lanciando sul mercato, insieme alla Serie Oro, la Serie Nera.
Ed è arrivato, anche, il momento di parlare di uno dei grandi sceneggiatori del cinema muto italiano: Arrigo Frusta, pseudonimo di Sebastiano Augusto Ferraris, nato a Torino il 26 novembre 1875.
Svogliato studente di giurisprudenza, pubblica il primo articolo su La Gazzetta del Popolo a soli 19 anni: Il premio della bontà. Dal titolo di questo articolo nessuno sospetterebbe quello che può uscire dall’effervescente penna del giovane aspirante letterato. Una delle poesie pubblicate nella raccolta: L’esposission del 1898. Sonet birichin gli procura un’imputazione di offesa alla morale. Lo stesso anno debutta come autore teatrale, e nel 1901 va in scena al Teatro Alfieri di Torino Il diritto di uccidere, la storia di un avvocato innamorato di un’affascinante demi-mondaine, che sceglie il suicidio quando scopre che lei è sua sorella.
Licenziato dalla Gazzetta del Popolo nel 1908, Arrigo Frusta è assunto come responsabile dell’ufficio soggetti da Arturo Ambrosio. (2)
Ci vediamo con Arrigo Frusta e la casa Ambrosio nel prossimo post.
Note: 1. Argomenti dei film, Aldo Bernardini, Il cinema muto italiano 1905-1909 – i film dei primi anni (Biblioteca di Bianco e Nero, Centro Sperimentale di Cinematografia, 1996) “. 2. Per le informazione su Arrigo Frusta, Silvio Alovisio, Voci del silenzio – La sceneggiatura nel cinema muto italiano (Museo Nazionale del Cinema – Il castoro, 2005)