
72 righe su misura…
Davanti ai pali del telegrafo, penso sempre a voi.
Davanti a quei pali del telegrafo sui quali è il cartello « Chi tocca i fili muore » con disegnato un teschio.
Perché voi siete stato il « Chi tocca i fili muore » del cinematografo.
Un vostro primo piano si potrebbe benissimo appiccicare su una bottiglietta di ammoniaca invece della targhetta « Veleno ». Avete fondato i grandi « teschi » del cinema. Su Lon Chaney e Katherine Hepburn si potrebbe scrivere: « Casa fondata da Emilio Ghione nel 1912 ».
Scommetto che non siete voluto mai andare in Danimarca per paura di incontrarvi il principe Amleto che vi prendesse il cranio tra le mani dicendo: essere o non essere…
Siete stato il più grande deperito della celluloide: se vostra madre vi avesse fatto subito mettere la maglia di lana e vi avesse fatto subito prendere il miracoloso ricostituente « Sanol », noi non avremmo avuto la serie del « Triangolo giallo » e « I topi grigi ».
Siete la figurina «Prima della cura» della cinematografia italiana.
Maciste, invece, è stata quella « Dopo la cura ». Maciste a cui la mamma aveva dato subito la maglia di lana e tre cucchiaini di « Sanol ».
Siete stato un « niente vino, niente fumo, niente donne » ricercato dalla questura.
Da piccolo eravate abbonato alle dispense di « Lord Lister il ladro gentiluomo », di « Petrosino » e di « Nick Carter ».
Tutto nel cinema è questione di abbonamenti: Tom Mix a 9 anni chiese allo zio un abbonamento ai fascicoli di « Buffalo Bill – L’eroe del Wild West » e Rodolfo Valentino, a 10, si era abbonato di nascosto alle dispense di « Sangue e Arena ». Siete stato il commesso viaggiatore della « Mano Nera », Douglas nato a Torino in Corso Vinzaglio, Rocambole con in tasca le caramelle Venchi. Siete stato il francobollo commemorativo dell’epoca in cui tutto odorava di « Paris », in cui anche i rubinetti delle cucine versavano « champagne », in cui i metropolitani per le strade regolavano solo la circolazione di « apaches » e « gigolettes ».
E voi siete il capotreno degli « apaches ». Siete lo zio dei « gangsters », il signor maestro di Edward Robinson.
Per forza vi doveste soprannominare Za la Mort, cosi come per forza i profumieri dovevano chiamare i profumi « Parfum d’Orient »: per imporsi alla generazione dei piegabaffi bisognava prendere il vocabolario e tradursi in francese.
Vi accorgeste che tutti, seduti nei caffè, pensavano intensamente alla morte con la testa fra le mani e con davanti i libri di Nietzsche e voi strillaste subito «Viva la Morte! » in francese per farvi un po’ dì pubblicità.
Anzi, che dico, di « réclame ».
Ma oggi, per farvi notare, avreste dovuto gridare « Viva la Lazio! ».
Steno, 1939