Impressioni “dal vero” senza macchina da presa.
In treno.
Che viaggio! Emigranti a migliaia, cacciati sui treni, in prima, in seconda, in terza classe; nei carri bestiame, loro, i loro bimbi, i fagotti, la miseria e il dolore. Non lo dimenticherò più vivessi cent’anni, e, per quanto doloroso, pure, per un certo lato, benedico di aver visto da vicino la terribile ripercussione della guerra in paese neutrale. È un’esperienza di più che libera l’anima da tante storie e ubbie e tormenti fittizi. La vista di così immani dolori ci scuote dal torbido egoismo, lo brucia, ci arroventa il pensiero grigio e ci mostra la verità al bagliore sinistro ma possente della guerra, non nostra, ma di uomini che ci sono fratelli…, come noi figli di questa paurosa umanità dolorante e indomita.
Si è viaggiato in piedi per 24 ore, perché i bimbi erano tanti che i posti erano devoluti a quella povera infanzia dormente. Bimbi di dieci, di quindici, di venti giorni… e quelle povere madri sfinite! La bontà, la pazienza dei ferrovieri è enorme; portano bimbi, aiutano pei bagagli, calmano l’egoista borghese che si lagna del puzzo, si moltiplicano insomma, pazienti e instancabili. A Milano la stazione era un dormitorio, paglia a terra e sopra alla rinfusa, più di quattromila persone vi dormivano! Gente che dopo quindici giorni avevano finalmente mangiato una minestra entrando in Italia. Impossibile dire l’opera dei preti bonomelliani. Egli, il grande, è morto, ma rivive nell’anima de’ suoi figli, nell’adempimento pratico del suo ideale. Vederli questi preti dar da mangiare, attaccarsi coi capi stazione, pregare i passeggeri di cedere i loro posti ai bimbi, far collette ad ogni treno, portare in collo i bimbi malati, coprire coi loro mantelli i freddolosi, accompagnarli in viaggio, rincuorare, abbassare chi ha la viltà di maltrattare questa gente. Meravigliosi!
Ma solo di viva voce si possono raccontare certe scene indimenticabili. Preoccupazioni personali, dolori nostri, come tutto ci appare insignificante di fronte a questi spettacoli. Povera gente! E prima di scendere al loro paese tiravano fuori l’ultimo grembiale pulito, tenuto per questo, e ne vestivano i bimbi per non dare lo spettacolo completo della miseria. Arrivare puliti a casa loro! La Francia li ha trattati bene, ha dato loro da mangiare prima di partire, non così fu sempre. In certi paesi furono messi in treno alla frontiera e per raggiungere il confine dovettero fare fin dodici ore di marcia!
Basta, è una cosa orribile nella forte realtà, senza frasi e senza retorica.
Donna Maria
(La Donna, Torino 5 settembre 1914)
Non mi risulta che gli operatori italiani abbiano documento questo primo esodo degli italiani, forse mi sbaglio. Fatemi sapere.