La Cine-plastica di Armando Papò

Marconi Film Serie Lilliput Film 1921

Roma, gennaio 1921. Buona parte dell’attuale cinematografia, alquanto degenere nella sua produzione, non invita ad essere incoraggiata in nessun modo, perché gli scopi principali del cinematografo sono ben diversi da molti di quelli ad oggi conseguiti.

Enumerarli non è possibile. Evidente però è il problema principale, che nel cinematografo non è stato purtroppo ancora raggiunto. È noto che quanto più sono profonde le conquiste del pensiero tanto maggiore diviene la necessità di propagarle rapidamente alla grande folla. Il cinematografo sarebbe stato di una efficacia superiore ad ogni aspettativa nella sua funzione di civiltà se, in luogo delle più nefaste e nefande produzioni letterarie o teatrali, fosse stato rivolto alla sintesi ed alla propaganda delle migliori forme di arte superiore ed alle più interessanti conquiste della scienza.

Solo in questo caso può la produzione animata rivendicare il suo diritto di funzione civile eminentemente etica.

Raggiungere la perfezione sia dal punto di vista ideologico sia da quello tecnico dovrebbe essere la nuova direttiva delle innumerevoli case cinematografiche. Ma… qui si presenta un terribile « ma ». La commerciabilità di un film dipende dal suo contenuto il quale deve fatalmente seguire il gusto del pubblico. E poiché questo gusto è ormai soverchiamente alterato, così non è facile presentarsi sullo schermo con delle innovazioni ardite, se queste si mantengono nel campo normale dell’attuale cinematografia.

È necessario affrontare un genere del tutto nuovo, con una tecnica speciale come speciali sono le finalità che si vogliono raggiungere.

E questo il genere ideato da Armando Papò con la sua Cine-plastica.

Egli si rivolge ai ragazzi, a coloro che domani saranno uomini e la cui intelligenza deve fin da oggi essere alimentata con visioni ardite, con figurazioni fantastiche ma con base scientifica e con vibrazioni di sentimento forti e sane.

Sopratutto sane.

Ecco il grande segreto della cinematografia  che Armando Papò ha ideata. Bandita da essa qualunque forma morbosa degli uomini, del sentimento e della natura, i piloni sui quali poggia la concezione del Papò son tre:

Ideologia e sentimenti puri.

Fantasia sbrigliata ma disciplinata il più possibile da un rigorismo di carattere scientifico.

Tecnica perfetta.

Da tutto ciò ne consegue un complesso nuovo che, quantunque rivolto ai ragazzi, può facilmente rivestire i caratteri dell’arte pura, dell’umorismo sano ed eletto, ed anche commerciale dignitoso ed onesto.

Il Papò nel suo primo film ci fa assistere ad un viaggio interplanetario eseguito in sogno da un piccolo eroe, personaggio nato in un mondo fantastico di giocattoli e colpito da un piccolo dramma d’amore che lo spinge a compiere l’ardimentoso viaggio.

Per la prima volta il Boy-Scout di legno, staccandosi dal suo piccolo mondo, assiste meravigliato alle bellezze della natura. Scintillio di stelle entro profondità azzurre solcate a volte dal rapido passaggio di lontani pianeti di fuoco che rotolano per l’etere infinito. Saturno, le nebulose di Andromeda e di Orione, le costellazioni tutte passano sullo schermo in una stupenda teoria. Appare poi nel suo soffuso pallore la celeste Paolotta, e, a mano che essa si avvicina, appariscono in una visione netta e realistica i vulcani e le immense valli di ghiaccio, suggestive con le loro lunghe ombre dense di mistero.

A partire da questo punto le avventure si svolgono sul pianeta lunare, attraverso valli misteriose e laghi di fuoco con un succedersi di emozioni profondamente suggestive.

E gli attori?

Armando Papò non ha attori, o meglio, data la speciale interpretazione e la continua presenza di mortali pericoli, egli ha creduto bene di fabbricarseli.

E nel film agisce tutto un mondo speciale di piccoli attori di legno, che hanno movenze umane, che parlano e si addolorano, trasmettendo all’attonito spettatore il pathos dei loro sentimenti.

In questa sublime e difficile opera di creazione il Papò ha avuti, quali collaboratori un nucleo di forti artisti, i quali hanno lavorato accanto a lui con volontà ferrea e con una fede religiosa.

Il pittore prof. Gino Federico Lucchini, il forte colorista e pensatore, assumendo la direzione artistica delle plastiche e delle scene, ha messo tutta l’anima sua nella realizzazione del primo soggetto indovinando la importanza e il valore che questo nuovo genere di arte può avere.

Inscenatore ed animatore dei personaggi, Gino Zaccaria, maestro nell’arte della messa in scena con attori normali, ha fatto dei miracoli.

Ottimo per quanto delicato e paziente, il lavoro di scenografia è stato condotto con perizia non comune dal professore Carlo Pasciuti, paziente ricostruttore di tutto il fantastico mondo in miniatura, coadiuvato dal sig. Sem Bongetti.

Non ultimo e non meno importante di tutti, l’operatore fotografo Sergio Papandrea. In questo nuovo genere di cinematografia la fotografia assume un ruolo importantissimo, e il Papandrea ha saputo essere alla sua altezza, coadiuvato degnamente dal secondo operatore Renzo Prandi.

Tutto questo complesso di artisti affiatato e perfettamente educato ai rigorismi della nuova arte creata da Armando Papò, dopo aver superata ottimamente una prima importante prova, si prepara a nuovi e più ardui cimenti.

Un coraggioso e forte industriale, l’ing. Raul Marconi, che già altre importanti iniziative  ha appoggiato nel campo cinematografico, non soltanto con l’apporto finanziario, che è la base essenziale di ogni industria, ma col concorso della sua attività e col suo spirito di organizzazione, ha creato una importante società editrice che sotto il nome di Marconi Film assumerà il compito di realizzare vaste ed importanti iniziative nel campo cinematografico.

Primo frutto di questa società: la Lilliput-Film. Verranno edite films secondo il sistema Papò. Ultimato il film Viaggio nella luna, si allestiranno soggetti di interesse altamente scientifico ed educativo, alternanti con soggetti di indole finemente comica, tutti s’intende, improntati a un senso rigoroso d’arte e aventi elementi di una forte e sana spinta intellettuale.

La crisi, la banca, le masse, e il Re della Cinematografia

Il figlio di Madame Sans-Gêne, Tiber Film 1921, messa in scena di Baldassarre Negroni
Il figlio di Madame Sans-Gêne, Tiber Film 1921, messa in scena di Baldassarre Negroni, al Cinema Modernissimo e al Teatro Quattro Fontane, dicembre 1921

Dicembre 1921

L’agitazione dei cinematografisti.

Domenica 4 corr. ebbe luogo al Teatro Trianon il secondo comizio di tutti gli aderenti alle varie organizzazioni cinematografiste romane.
Il comizio riuscì imponentissimo per il numero degli intervenuti e per la discussione ordinata ed elevatissima che si svolse a tutela dei vitalissimi interessi generali di tutte le classi dei Lavoratori del Cinematografo.
Infine venne votato all’unanimità e con entusiastiche acclamazioni il seguente ordine del giorno:
« L’Assemblea di tutti i lavoratori intellettuali e manuali del film;
Constatando con il più vivo compiacimento l’affermazione raggiunta presso l’opinione pubblica e il Governo attraverso la solenne dignitosa manifestazione del 26 novembre c. a.;
Constatando con soddisfazione come l’accettazione da parte del Governo e del Consiglio Superiore delle Industrie Cinematografiche della discussione di un ordine del giorno presentato dalla F. A. C. I. e dalle organizzazioni implica un riconoscimento di fatto delle organizzazioni stesse, riconoscimento consacrato, del resto, nel 1. articolo del medesimo ordine del giorno;
Deplorando peraltro la interruzione delle riunioni del Consiglio Superiore delle Industrie Cinematografiche avvenuta subito dopo le prime deliberazioni concrete, interruzione inopportuna nella tragica crisi di disoccupazione;
Ritenendo che ogni formale promessa non potrà avere la sua concreta attuazione se non sotto la pressione delle organizzazioni maggiormente interessate alla soluzione della crisi;
Delibera di continuare e intensificare la propria azione indipendente, dovunque e comunque sarà necessaria, perché al più presto si raggiungano le vittorie materiali, e ne dà mandato al Comitato di agitazione;
Decide di demandare al Comitato stesso la nomina di un Direttorio Segreto di Azione cui l’Assemblea dà ampio mandato di poteri, impegnandosi all’assoluta e rigorosa disciplina per l’impiego di tutti i mezzi legali e federali ».

La Banca Italiana di Sconto chiude i suoi sportelli. Grande panico nell’ambiente cinematografico.

Roma, 7 dicembre 1921. Col concordato di questi giorni, la Banca Italiana di Sconto, intesa come organizzazione libera e indipendente, è passata a miglior vita.
Per le mani degli stessi necrofori per cui è passato il cadavere bancario, passeranno tutte le imprese che dalla Sconto traevano vita. Con l’Ansaldo e con gli altri figli incestuosi dei superuomini di Piazza in Lucina, passeranno la gran parte delle imprese cinematografiche italiane.
È soltanto adesso che incomincia, per la cinematografia nostra, la crisi: la vera, e non quella creata ad arte dagli industriali in fregola di nuovi aumenti di capitale.
La crisi — vera — in cui entra oggi la cinematografia d’Italia, può esser paragonata a quella che si verifica in un’osteria quando si cambia il proprietario.
Il nuovo venuto vuol vedere tutto e rendersi conto di tutto, e per intanto ferma tutto affiggendo sulle porte un telone provvisorio con la scritta: “Prossima apertura”.

L’avv. Barattolo bastonato da un operatore cinematografico.

Roma, 10 dicembre 1921. Oggi, verso le 13,30, l’avv. Giuseppe Barattolo, consigliere delegato dell’Unione Cinematografica Italiana, uscendo dagli uffici di piazza dell’Esedra, è stato fermato da un individuo dimessamente vestito che lo ha apostrofato intimandogli di trovargli lavoro. L’avv. Barattolo gli ha risposto che per il momento, trovandosi l’industria cinematografica in crisi, non aveva lavoro per nessuno. Lo sconosciuto allora si è slanciato contro il Barattolo, percuotendolo al viso con pugni e bastonate.
Mentre alcuni passanti soccorrevano l’aggredito, alcune guardie regie arrestavano l’aggressore accompagnandolo all’ufficio di P. S. del Viminale, dove il vice commissario Pasarini lo ha identificato per l’operatore cinematografico Giovanni Del Gaudio, di anni 20, da Napoli, abitante in via Raffaele Cadorna 13. L’avv. Barattolo è stato dichiarato guaribile in 15 giorni.

L’azione violenta del Del Gaudio va unanimemente deplorata. Essa però purtroppo è l’esponente dello stato di animo delle masse, che se hanno delle colpe, non devono essere illuse, né aizzate… E preferiamo non aggiungere altro, augurando al comm. Barattolo — che da notizie dirette sappiamo già quasi guarito — una completa prontissima guarigione.

Il Re della Cinematografia.

Pasquale Parisi, carissimo amico nostro e scrittore di grande talento, volle un giorno farci l’onore d’inviarci un suo articolo, intitolato appunto Il Re della Cinematografia. Parisi enunciava tutte le cause del fallimento che presto avrebbe dovuto colpirci e che in effetti ci colpì: le donne erano le padrone, gli uomini perdevano la testa per un paio di mutandine ecc. ecc., e dava la colpa di tutto questo erotico ruzzare al Re della Cinematografia che proponeva di detronizzare. E concludeva: Chi sia il Re della Cinematografia lo dirò un’altra volta.
Non ha più scritto, ma i lettori compresero bene e ricordano ancora. Il Re della Cinematografia è quell’affare che spinge l’uomo a coricarsi con la donna e rende forte la donna che vuole sfruttare l’uomo. È Priapo, dio formidabile a cui i Greci ebbero il buon gusto di elevare dei monumenti.
Orbene che cosa mai combinano alcuni quotidiani fra i quali anche qualcuno molto amico di Barattolo? Lo gratificano del titolo di Re della Cinematografia credendo di fargli un complimento, e non dubitiamo nemmeno che gli fanno atroce ingiuria.
Un po’ di colpa però va anche all’avvocato che troppo spesso si fa portare agli onori della cronaca.
(A proposito. Quando leggemmo che il Del Gaudio era stato tenuto al fonte battesimale dal buon papà del commendatore, sospettavamo che ci doveva essere un trucco. L’avvocato s’è fatto dare quattro sganassoni per fare la vittima della F. A. C. I.; così pensammo. Invece, appurando appurando, abbiamo saputo una storia meravigliosa che comincia da una cava di tufo, che prima era dei Del Gaudio, che continua con la medesima cava che fu imbarattolata da un altro proprietario, e di tante altre cose spassose a sentirsi e che finiscono con le ficozze dell’altro giorno).
E francamente c’è dispiaciuto di sapere un Re della Cinematografia così malmenato, tanto più che si sa che i Re della Cinematografia, presi con dolcezza, finiscono con l’ammosciarsi mentre invece i colpi, le spinte ecc. li fanno diventar più ritti che mai…

Sancta Anastasia ora pro nobis!

Quatre Vingt-Treize, d'Albert Capellani 1914-1921
Quatre Vingt-Treize, Albert Capellani (1914-1921)

Paris, Janvier-Février 1921

La Société des Auteurs de films s’est réunie en Assemblée extraordinaire le 15 Janvier, pour s’occuper spécialement de la situation faite aux producteurs, loueurs, exploitants et au public lui-même, par une Censure de plus en plus fantaisiste et abracadabrante. Les plans d’une campagne extrêmement active contre cette institution néfaste ont été dressées.

Ciné pour tous part en guerre contre la Censure. Elle a toujours fait des siennes. Elle continue comme on le verra. Pour montrer jusqu’à quel degré de stupidité le censure du film peut aller en France, mentionnons le cas du roman de Victor Hugo: Quatre-vingt-treize, tournée en 1914 et interdit depuis lors par les censures nommées par les différents ministres de l’intérieur qui se sont succédés depuis cette époque. Enfin, il parait que le veto va être levé avant peu… mais ce n’est pas sur! Conclusion: tout est permis aux théâtres, violentes attaques politiques et grossiers étalages de viande… Rien n’est permis au cinéma si ce misérable cherche à s’évader un peu de la banalité où le spectateur regrette chaque jour davantage de le voir s’obstiner. Et cependant, est-il bien adroit de la part d’un gouvernement, de ruiner le cinéma auquel il doit tant de recettes, de plonger ainsi dans l’obscurité l’écran sur le quel il est bien heureux e faire projecteur ses films de propagande? Rien de nouveau, décidément, sous le soleil. Quatre-vingt-treize aujourd’hui au ciné. Hier, Marion Delorme au theatre…
(Cinémagazine)

Dame Censure a parfois souvent même, d’incompréhensibles accès de pudeur, d’autant plus injustifiés qu’ils tombent généralement à coté. On dirait qu’à l’ombre du confessionnal, son directeur de conscience lui a dit, d’une voix courroucée: “Des mesures de rigueur, ou pas d’absolution!” Et la vieille dame influencée prend, sans hésiter, d’inattendues mesures de rigueur contre le cinéma ou, du moins, contre les films français, car, à de rares exceptions près, tous les films qui viennent de l’étranger semblant être considérés comme absolument sains, moraux, inoffensifs et pourtant!… Sous l’influence d’une vague de récriminations anonymes les pouvoirs publics ont laissé… faire et ces temps derniers, on a censuré, ou du moins, sans crier gare!… on a subitement retiré les visas de censure à trois films français qui étaient en pleine exploitation, Li-Hang le Cruel, L’Homme du Large, et Une Brute.
Les droits artistiques, industriels et commerciaux des auteurs, metteurs en scène, éditeurs, loueurs et directeurs de cinéma, on été méconnus, sacrifiés, violés; et cela, pour satisfaire les errements d’une sacrosaint Routine exhumée pendant la guerre, mais légalement morte depuis des années.
La Constituante supprima en 1789 la censure sur les écrits. La censure de la presse ne fut presque plus exercée depuis 1830, la censure des dessins et estampes, celle qui se rapproche le plus de la plastique visuelle du cinéma, fut définitivement supprimée.
Quant à la censure théâtrale, qui fut rétablie en 1974 à cause des excès pornographiques du répertoire des cafés-concerts, elle fut définitivement supprimée en 1906.
Alors que toutes les manifestations de la pensée littéraire ou artistique sont libres le décret du 25 Juillet 1919 s’est appliqué à maintenir en tutelle l’expansion industrielle et artistique du Film Français sain, probe, honnête, — je les ai tous vus, certains déplaisent, mais aucun n’est immoral, — et gravement concurrencés par les films américains, anglais, italiens, suédois, danois et allemands, avant peu!…
(V. Guillaume Danvers, Sancta Anastasia ora pro nobis!, Cinémagazine)

On s’est beaucoup remué cette quinzaine-ci dans le monde du Cinéma. La faim fait sortir le loup du bois, et la crise bat son plein chez l’éditeur aussi bien que chez l’exploitant. Un peu de solidarité s’affirme entre les différents éléments de la Corporation. On va agir au lieu de bavarder; même, des parlementaires convoqués, adjurés et conquis, promettent de parler de nos misères dans les Commissions et, s’il le faut, jusqu’à la Tribune.
Certes, des problèmes plus immédiats requièrent notre zèle; cependant, il en est un auquel il ne sera pas inutile de réserver un paragraphe du Cahier de Revendications qui s’ébauche: la Censure. La gueuse est toujours vivante et elle ne fut, à aucune époque, plus malfaisante.
(…)
Les artistes s’intéressaient encore fort peu à l’Art muet, les éditeurs ou les exploitants n’avaient point d’armes solides en mains, personne ne remarqua que tout redevenait libre en France, dans notre belle République victorieuse, sauf l’écran. Il fallut de couteuses expériences pour ouvrir les yeux, et, aux premières protestations, on vit réapparaitre les vieux arguments d’autrefois, lutte contre licence, nécessité d’un contrôle d’autant plus indispensable que le cinéma, spectacle populaire, pouvait démoraliser ses natifs spectateurs; il fut acquis que les romans-feuilletons de l’écran, par leurs pernicieux enseignements, accroissaient la criminalité, tandis que ces mêmes romans-feuilletons, publiés depuis cinquante ans au rez-de-chaussée de nos grands journaux, demeuraient inoffensifs. La seule concession fut la transmission des pouvoirs exercés jusque-là par la Préfecture de Police, à l’Administration des Beaux-Arts. Ainsi, la Censure Cinématographique recevait une nouvelle et définitive consécration.
(…)
Certaine maison d’édition achevait une adaptation cinématographique de Quatre-Vingt-Treize le jour même de la déclaration de guerre; un an plus tard, lorsque les salles rouvrirent, on songea tout de suite à faire passer une bande qui avait couté si cher; la Censure suspendit le film jusqu’à nouvel ordre. Vous entendez, on ajourna, sous prétexte de paix sociale, un chef-d’œuvre, qui est une incomparable leçon de patriotisme et d’héroïsme. Le veto a été levé il y a quelques mois seulement, et voici un film qui va paraitre sept années après avoir été tourné; heureusement, par son caractère historique , le talent du metteur en scène Capellani, il échappe ai danger de dater, mais par miracle, dans une production dont les évolutions sont incessantes. En tous cas, voici un capital considérable immobilisé pendant de longues années, alors que l’industrie cinématographique a besoin de toute la sollicitude officielle pour lutter. Le même fonctionnaire examinant , vers cette époque, Les Travailleurs de la Mer, autre chef-d’œuvre d’Hugo, trouvait que la mort de Gilliatt, reconstituée fidèlement d’après un livre consacré depuis un demi-siècle, était un spectacle trop pénible, et qu’il y aurait sans doute avantage à l’atténuer; il recula, cependant, devant le comique de cette collaboration avec Victor Hugo.
Et, tandis que l’on épluche ainsi nos films, on laisse passer les bandes américaines, avec toutes leurs horreurs, fumeries d’opium, enfants martyrisés, femmes suspendues au-dessus de cuves bouillantes; parce qu’il ne faut point indisposer nos amis et redoutables concurrentes qui, d’ailleurs, ont un représentant prêt à les défendre. Vous me direz que, dans la pratique, depuis les heures nouvelles, le fonctionnaire des Beaux-Arts, chargé de ce contrôle, l’exerce avec son tact d’homme de lettres et de parisien averti, mais, tout de même, c’est la Censure, et, demain, Ginistry peut être remplacé par un autre.
(…)
(André Antoine, Censure, Cinémagazine)