Il romanzo victorugiano, noto in Italia attraverso una disastrosa tradizione di Ernesto Daquanno, ha acquistato oggi, mercé quel formidabile mezzo di propaganda che è il cinematografo, una popolarità di gran lunga superiore a quella che le edizioni letterarie gli avevano procurato fra di noi.
Il fenomeno non è nuovo. Particolarmente trattandosi di romanzo precipuamente fondato su principi filosofici, Nostra Signora era conosciuto molto superficialmente da grosso del pubblico, abituato a cernere in tutte le opere letterarie il “fatto” in sé stesso, spogliato, per ragioni di sensibilità, di tutta la sostanza psicologica. Il popolo, nella maggior parte dei casi, rifugge dalla analisi minuta dei fatti. Egli si accontenta dell’azione dinamica e non cerca di approfondire le ragioni determinanti.
Nostra Signora è un dramma essenzialmente filosofico. Vi è in esso un studio accurato e profondo per la ricerca intima della ragione di essere d’ognuno dei personaggi che si agitano sulla scena, mossi da una fatalità implacabile che li costringe ad essere sé stessi.
Victor Hugo ama l’analisi; è sedotto dai particolari; è interessato dal dettaglio.
Non è da stupire se il popolo leggendo i suoi romanzi salta a più pari interi capitoli descrittivi, alla narrazione dei quali preferisce la narrazione del fatto, che è l’unica cosa che lo interessi.
Se si interrogassero i lettori dei romanzi victorugiani, l’ottanta per cento di essi narrerebbero la “storia” senza curarsi di rilevare il contenuto spirituale del libro, senza analizzare la bellezza letteraria, paghi di un’azione clamorosa o sentimentale che riesce a suscitar nel loro spirito emozioni ricercate.
Nostra Signora di Parigi, così come la si conosce letterariamente, è stata portata con lievi modifiche, nel sottile nastro di celluloide impressionata, attraverso una realizzazione plastica notevole per la forma decisa della messa in scena e della interpretazione.
Tutto quanto di emotivo, di sensazionale, di sentimentale, vi è nel contenuto drammatico del lavoro, è stato mirabilmente inquadrato in un’azione serrata, dinamica e profondamente incisiva.
Non è il caso di ripetere qui la storia di Nostra Signora.
Si può soltanto accennare alla grandiosa ricostruzione degli angoli più pittoreschi di Parigi nell’anno 1482, è, soprattutto, alla costruzione fedele del monumento meraviglioso che è la grandiosa cattedrale della capitale francese.
L’interpretazione rivela da parte di tutti gli attori e particolarmente dei direttori di scena, uno studio accurato ed un’indagine minuziosa di tutti gli elementi fisici e psicologici che, approssimativamente, devono essere stati secoli addietro negli individui che la penna del grande scomparso rievocò nella sua opera immortale.
La tirannia dello spazio non consente un esame minuto di tutta l’opera, che vorremmo seguire passo a passo; tuttavia ci sia consentito conchiudere che lo sforzo titanico compiuto dalla Universal rappresenta il massimo di quanto sia lecito attendersi oggi dal cinematografo.
Per la cronaca aggiungiamo che al Cinema Ambrosio di Torino, Nostra Signora ha ottenuto un successo favoloso.
Argo.
Novembre 1924