
Fra le attrici di prosa che posano pel cinematografo abbiamo scelto la Borelli. È l’attrice che tutti vanno a vedere, della quale tutti s’interessano. Chi va per ammirare, chi per discutere, chi per criticare; ma tutti vanno.
La grazia di Maria Melato, secondo me, perde in cinematografia, come perde — e quanto! — la deliziosa Tina Di Lorenzo. In film non è più lei, non ha nemmeno più la sua affascinante eleganza; e risulta svisata la sua meravigliosa bellezza.
Mary Cleo Tarlarini vien dal caffè-concerto. È stata in cinematografia la prima “prima donna”, e fu proclamata “la grande tragica del silenzio”. Che bella figura, vero? Che fascino di sorriso. Ed è così sulla scena, e nella vita: simpaticissima.
La grazia birichina di Gigetta Morano ci viene dal teatro dialettale Piemontese. Chi non ha amato Gigetta, graziosa, birbacciona, vivace come una scolaretta in vacanza?
E chi non ricorda il fascino di Italia Manzini Almirante, splendida Sofonisba in Cabiria? Quanta dolce femminilità nei suoi atteggiamenti, allorché serra al seno la spaurita colomba e le dice: « Mia colomba diletta, sali qui al carro di Tanit e recale la tristezza del mio cuore segreto ».
E Amalia Chellini ci avvince colla sua vivacità, la Negri Pouget colla semplicità del gesto. L’Hesperia coll’inarrivabile eleganza, la Bertini colla bellezza insuperabile unita all’arte… Quante, quante ne vorrei passare sotto i vostri occhi attoniti. Tutte belle. Certamente le attrici cinematografiche devono esser belle, perché il trucco che in teatro fa molto, in cinematografia fa pochino. Poi, in teatro ci sono i lumi della ribalta che ingannano, e c’è l’aiuto della cipria e del rossetto. Molta cipria nell’arte del silenzio invece guasta, perché rende il viso spettrale, e il rossetto non farebbe altro che segnare due macchie nere sulle guance.
Perciò bisogna riconoscere la necessità della bellezza nelle attrici. Non però negli attori. Nella vita interessa l’uomo forte, dalla fisionomia marcata ed espressiva; invece le Case vogliono gli attori femminilmente belli, che sorridendo vi mostrino una fila di denti candidi, e portino il frak, come una cocotte indossa il suo abito da sera.
E succede così che vediamo dei primi attori, i quali invece di mostrarsi nel dolore, nell’ira, il viso sconvolto, ci mostrano una faccia inespressiva per non deturpare la bellezza dei loro lineamenti.
Dovrebbero capire le Case, che anche sulla scena ciò che è maschio dev’essere forte, non bello. Sarebbe in tal modo anche più evidente il contrasto colla grazia femminile.
Ma non tutti coloro che vengono dichiarati celebrità debbono ciò al loro valore artistico, e spesso, fra i più modesti, si trova la vera espressione dell’arte. Come si spiega ciò? Anzitutto dipende dalla cieca fortuna che spesso, in ogni cosa, disereda i meritevoli; poi la réclame, qui, come in qualunque ramo commerciale, compie i suoi miracoli. Un giornale esclusivamente cinematografico aveva, tempo fa, aperto un concorso per stabilire dai voti del pubblico, quale fosse la migliore fra le attrici nostre. Ed aveva soggiunto: « Non terremo conto di chi avrà meno di quattro voti, perché chi ha un voto solo, è il voto di lei, che ne ha due: lui e lei; tre: lui, lei e l’altro ». E quel giornale era convinto con ciò di aver eliminato il pericolo dell’auto-réclame. Come ne sarebbe dissuaso se, venendo con me a casa d’una prima donna, l’avesse trovata alle prese con 200 giornali, dei quali staccava il tagliando per l’arduo responso!
« Vedi, mi disse, resti fra noi: il giornale costa dieci centesimi al numero, duecento numeri fanno venti lire; non ti sembra una somma ben modesta per venir dichiarata “la prima fra le attrici italiane”? ». E l’amica fece un gesto molto cinematografico, che voleva proprio dire: « Sono furba eh! ».
Ma più tardi, fra me e me, pensavo: « Io credo che il più furbo… sia il redattore del giornale. In fondo, gliele importerebbe poco stabilire quale sia l’attrice o l’attore più favorevolmente noti se ciò non… gli raddoppiasse la vendita ».
Ho continuata così una specie d’intervista con l’anonima amica prima donna.
« Di quali requisiti bisogna disporre per assurgere alla celebrità? »
« Senti: bisogna avere la fortuna d’imboccare un proprietario che faccia della splendida réclame. Ammetti che domani la signora “Zero” si presenti ad un fabbricante di films e ch’egli, così di primo acchito, riconosca in lei del talento artistico… »
« Ma scusa, interruppi, come può, di primo acchito? »
« È facilissimo. Necessita un enorme uccello del paradiso sul cappello, un vestito che ti veli… e ti sveli, e un buon numero di gioielli indosso. Il principale ne è entusiasta, specialmente se gli sorridi più del necessario, ti scrittura e ti fa una grande réclame.
La signora “Zero” vede il suo nome dovunque, sui giornali d’ambiente, sulle cantonate, nei cinematografi. Nessuno sa chi essa sia, ma domani, quando uscirà la prima film, se la signora ha delle belle toilettes, anche se il suo viso è stereotipato, non importa; la réclame l’ha presentata a colpi di gran cassa; il pubblico ne è intontito, e la giudica, come… vogliono fargliela giudicare ».
Una donna attrice cinematografica è senza dubbio la compagna ideale. Ma vi figurate che dolcezza; che vita paradisiaca! Una donna che non parla!
Se il cinematografo, invenzione meravigliosa non avesse altro pregio, avrebbe quello di ridurre la donna al silenzio.
“I fiori sono donne che non parlano”. L’ha detto un poeta; ed ecco dunque graziosissime attrici, ch’egli ha tributato un elogio a Voi: vi ha paragonato ai fiori. E la frase si potrebbe ora cambiare in quest’altra: “I fiori sono donne… attrici cinematografiche”.
Parlano cogli occhi però… Quante cose sanno dire senza l’aiuto della parola, quante occhiate piene d’odio o d’amore; quante promesse lusinghiere in un sorriso, quanto strazio in una piega amara della bocca, quante minacce in un corruscare delle ciglia… Vedete dunque che è impossibile far tacere le donne… non potendo far altro, parlano cogli occhi…
Segue…
Bella scoperta il tuo blog! 65Luna
Grazie, benvenuta.