
La presidentessa di Hennequin e Veber. Comedia in 3 atti di M. Hennequin e P. Veber, Teatro Sannazaro, Napoli 1913.
La novissima commedia dei signori Hennequin e Veber ha trovato anche qui, dopo la sua recentissima apparizione sul piccolo palcoscenico dal Palais Royal di Parigi, pubblico compiacente e plaudente che ha seguito, senza stancarsi e con ogni buona volontà, lo svolgersi dell’aggrovigliata trama, senza protestare contro tutto quanto di vecchio, di stanco, di sfruttato i facili autori parigini hanno saputo insaccare nel loro polpettone scenico, vecchio e stantio, che va dalla Dame de Chez Maxim a Laute, a traverso tutte le trovate più o meno felici dalla recentissima produzione comico-pornografica che invade i piccoli teatri di Parigi.
Non uno spunto nuovo né un atteggiamento originale che salvino dalla mediocrità pedestre questo lavoro, che sa avvalersi e avvantaggiarsi ancora con successo del sempre efficace mezzo per scuotere il pubblico e che consiste nella esibizione di donne seminude, pronte a slanciarsi nelle braccia del primo venuto, in una frenesia di erotismo ripugnante. Soltanto se si pensi che ieri sera, tra le donne seminude che attraversavano il palcoscenico dell’elegante Sannazaro, c’era Lyda Borelli, si potrà immaginare quale e quanto effetto abbiano prodotto le scene in cui la bellissima donna, slacciando un piccolo nodo della sua veste appariva agli occhi degli spettatori in un deshabillé provocante, in cui tutta la sua persona agile e flessuosa si disegnava nel fascino delle linee perfette.
E Lyda Borelli, che sin dal primo atto esercita sul vecchio Presidente Tricointe il suo…. ufficio di donna di piacere, prosegue nel secondo, e, sempre nella medesima toilette, a concedere le sue ambite grazie, nel breve intervallo di quindici minuti, al Ministro Gaudet e al suo Capo di Gabinetto. Poco manca che al terzo atto ella non cada nelle braccia di Poche, “gardien de la paix” interprete, che è, forse, la figura più gustosa che sia nella commedia. Detto questo, come raccontare ora la trama dello inconcludente pasticcio? Il suo merito maggiore, cioè quello di farci vedere Lyda Borelli mezza svestita, è tale che non ci da… la calma di riassumere e di sintetizzare.
Quando avrò detto che si tratta di un Presidente di Tribunale che ammuffisce da venti anni a Gray, con la segreta ambizione di essere traslocato a Parigi: che i suoi colleghi organizzano una burla per la quale egli trova in letto, in una assenza della moglie, una piccola attrice di operetta: che una visita imprevista del Ministro guardasigilli obbliga il Presidente a presentare la intrusa, come la sua legittima metà: e che, infine, l’equivoco, prolungandosi e rafforzandosi, tra cento altri episodi minori, conduce alla soluzione finale di far ottenere al Presidente il tanto desiderato trasloco a Parigi: quando avrò detto tutto ciò, ripeto, non avrò certamente raggiunto, ciò che sarebbe veramente importante, lo scopo cioè, di dare ai lettori la visione di Lyda Borelli, la piccola Gobbette, appassionata e incontentabile, passare in gonnellino corto e in busto di seta a traverso le scene della decrepita commedia e illuminarla tutta col suo sorriso, oramai tradizionale, sulla bella bocca e con una fiamma intensa di desiderio negli occhi. Così posso fare anche a meno di scrivere la critica della commedia. Dirò soltanto, per la cronaca, che essa è stata applaudita da un pubblico enorme ed è stata interpretata molto bene dal Gandusio, dal Piperno, dalla Borelli, dallo Spano, dalla Graziosi, dalla Zandig e dal Gara che fece di Poche una macchietta davvero gustosa per misura e garbo di recitazione e per felice truccatura.
Vice (La scena di prosa, 1913)