Vento del Nord

Asta Nielsen
Asta Nielsen – La Duse della cinematografia

Fu una raffica!… Nell’impeto travolse ogni cosa!…

La vecchia maniera, dalla messa in scena convenzionale e dalla interpretazione a base di mimica banale, grottesca e scorretta, fu in attimo abbattuta, annientata: la fretta, questa nemica fatale del bello e del buono artistico, si dileguò!… Il decrepito soggetto storico è morto, e le armature, i caschi, le celate, gli spadoni, gli scudi sono destinati a poltrire sotto un grosso strato di polvere, in compagnia degli ingloriosi stendardi, che per mille e mille volle sventolarono bizzarramente sui campi… cinematografici.

Non più visioni di vecchie colubrine, che dall’alto del castello salutano festosamente la bionda castellana, uscente dal calato ponte alla caccia…; non più torme di valletti che reggevano a stento le irrequiete mute al guinzaglio; non più villici attoniti che riverenti si scoprivano al passaggio della brillante cavalcata di dame e messeri…; né la luna rischiara più col suo pallido raggio le serenate gentili del paggio che col liuto chiamava la donzella bionda al verone…

Il dramma storico è morto! Il vento del Nord, soffiando impetuosamente, lo ha schiantato. I cabinets particuliers, i frack, gli automobili, le bische, le divettes, le kellerine, sostituiscono oggi sugli schemi, gli eroi, i conquistatori, le eroine: la cocotte in combinaison bacia passionalmente il giovane amante tra i fumi dello champagne, su quello stesso schermo dove, fino a ieri, apparirono dame intente a tessere le sciarpe per il loro campione. La vita di oggi nel soggetto cinematografico è apparsa all’orizzonte, e in un baleno si è fatta strada, s’è imposta, ai cultori d’arte cinematografica, tutta una scuola nuova.

L’ambiente deve necessariamente epurarsi degli elementi mediocri e lasciar posto ai buoni, a quelli cioè che d’arte vivono, e che per l’arte hanno rispetto ed amore. L’attore è chiamato, oggi, ad estrinsecare con la più grande verità, e quasi col solo aiuto del giuoco della fisionomia le diverse passioni che abitano il personaggio che egli rappresenta; ed il direttore artistico deve presentare al pubblico la riproduzione di ambienti moderni che, appunto perché tali, possono essere soggetti, da parte di tutti, a confronti immediati, a paragoni dannosi, a critiche acerbe. E se riuscì non facile insegnare ad indossare con verità la toga o l’armatura, e a maneggiare il gladio o lo spadone, molto più grande è la difficoltà che si incontra oggi per far sì che l’attore immedesimi la signorilità necessaria all’uso del frack. Ne deriva di qui un più profondo studio del soggetto o della parte, che s’impone a tutti gli interpreti: dallo studio serio scaturisce necessariamente il buono ed il bello.

L’Italia nostra, a nessun paese seconda in fatto di arte, ha seguito prima d’ogni altra nazione la nuova strada tracciata alla cinematografia, e mentre il Nord ha perduto tutta la forza nello slancio impulsivo, e palesa già un senso d’invincibile stanchezza, da noi si lavora con crescente energia: oggi si combatte già; domani sarà la nostra vittoria.

È però un vero peccato che il mercato cinematografico, da noi, fatta eccezione di pochi lodevolissimi casi, sia in mano d’ignoranti, arricchiti comperando e vendendo films che giudicano belle e brutte solamente dalla marca di fabbrica attaccata alla loro coda, proprio come se si trattasse di salumi o di zamponi!…

L’arte, che loro non hanno mai inteso, e non sentiranno mai, non ha alcun valore nella decisione per gli acquisti loro. Le Case del Nord hanno prodotto un paio di buoni lavori a lungo metraggio? Non si vuole più, oggi, che produzione del Nord, malgrado tutti i Sogni neri e malgrado tutti i Romanzi di una Signorina e tutte le altre raffazzonature del genere. La réclame giunge al punto di profanare uno dei nomi più sacri dell’arte nostra grande e vera… Si parla di interpretazioni della «Duse» della cinematografia, per qualche momento felice avuto da una artista del Nord (di fronte a mille altri infelicissimi).

Ma questi signori cinematografisti hanno mai inteso recitare la Divina artista nostra? Sanno chi sia? Non credo!… Abituati, come ho già detto, a giudicare dalle etichette, chiamano somma una attrice che è riuscita a fare qualche cosa in cinematografia senza neppur guardare a quello che le nostre attrici fanno abitualmente di buono, di grande e di artistico, non in una o due scene, ma in tutta una film.

E le nostre attrici, brave, bravissime, non sognano neppure da lontano ad essere paragonate al dito mignolo della mano sinistra della nostra Duse!…

Ma già le artiste italiane sono per loro disgrazia nate… in Italia ed è giusto che i primi a rinnegarle siano i loro connazionali!…

Sono certo però che il pubblico con quel buon senso che regola le masse, appena passati i primi entusiasmi provocati dal nuovo, darà ancora una volta ragione alla sana, artistica, elegante produzione nostra, e rincantucciandosi presso il focolare domestico, ad ogni folata di vento del Nord, aspetterà per uscire di casa, che il bel sole d’Italia, risplendendo nel suo pieno vigore, abbia riscaldato l’atmosfera.

Emmeci. (La vita cinematografica, 30 dicembre 1911)