Gustavo Serena 5 ottobre 1882

assunta spina
Francesca Bertini e Gustavo Serena in Assunta Spina 1915

Nato a Napoli il 5 ottobre 1882 (secondo altre fonti 1881), era destinato, per volere della sua famiglia, alla carriera militare: “Fortunatamente, per me e sicuramente per l’esercito, la fortuna mi spinse sul palcoscenico”. Era il 1899.

Serena non ricordava quando e dove incontrò il “cinematografo” per la prima volta. Il cinema era considerato un divertimento popolare, una moda, in ogni caso non era “una cosa seria”. Si raccontava in giro di qualche prestigioso interprete internazionale del teatro di prosa che “si era dato al cinematografo”, ma erano casi isolati. E poi i risultati… una “roba” che non valeva niente!

Infatti, il teatro di prosa non aveva rivali, e non aveva paura del cinematografo. Dal 1899 al 1911, Serena fa parte di numerose, importanti, compagnie. Nel frattempo, lo spettacolo cinematografico cresce, e nel 1909 scoppia la rivoluzione: Ugo Falena, personaggio di spicco del teatro di prosa italiano, si è dato al cinematografo:

La prima Casa in Italia a intuire che dovessero adoperarsi i comici della scena di prosa, fu la Film d’Arte Italiana di cui era direttore Ugo Falena. Ma che fatica a persuadere i primi sacerdoti! Vi era tutta una tradizione da abbattere, vi era tutta una strada nuova da percorrere!… In Italia, come dicevo, i nostri artisti erano non solo riluttanti, ma sdegnosi.

Ugo Falena persuase prima di tutti Ferruccio Garavaglia e Lo Savio ridusse a voto favorevole la ripulsa indignata di Ermete Novelli. Ricordo: eravamo col Novelli al Politeama di Napoli. Lo Savio aveva parlato al grande interprete di Papà Lebonnard nella maniera più convincente, ma invano. Sul punto di veder perduta la partita, l’avv. Lo Savio disse all’artista:

Dite un po’: voi avete mai veduto recitare sulla scena Ermete Novelli? No, eh? Ebbene, col cinematografo lo vedrete!

Fu, come si direbbe, l’argomento ad hominem. Gli occhi dell’attore sfavillarono; l’idea di rivedersi sulla tela sembrò quasi a Ermete Novelli come l’erezione di una statua imperitura che lo avesse ritratto su di un blocco di marmo, e accettò.

Così racconta Franco Liberati, in un articolo pubblicato nel 1918 dalla rivista In Penombra. Una decisione, quella di Novelli, storica e coraggiosa allo stesso tempo. Grandi e piccoli interpreti della scena di prosa si buttarono nella nuova avventura, in mezzo alle proteste e qualche battaglia, come in ogni rivoluzione che possa dirsi tale.

Gustavo Serena debuttò nella Film d’Arte Italiana nel 1911. Dopo il successo come interprete del Quo Vadis? (1912), lascia la scena di prosa (che riprenderà nel 1927) per dedicarsi anima e corpo al cinema come soggettista, direttore artistico, interprete, produttore e direttore di produzione. Una lunga e prolifica carriera dall’epoca del cinema muto al sonoro, in mezzo a tutte le crisi e tutte le difficoltà legate all’attività cinematografica in Italia.

Ecco per esempio un  suo commento a proposito della crisi degli anni ’20:

La crisi della cinematografia italiana, oltre che alle ben note cause dovute agli errori e orrori della superproduzione, va attribuita a tutti coloro che pur non avendo mai capito e sentito l’arte, in un bel momento, allettati da facili guadagni o per loro ambizioni personali, invasero il regno dello schermo trasformandolo in un comune campo di speculazione. Ingegneri, avvocati, farmacisti, et similia si trasformarono in dirigenti e amministratori, instaurando il regno dei favoritismi e facilitando una produzione affrettata e scadente che ci buttò in breve lasso di tempo verso la rovina. Queste persone, fortunatamente poche, dopo aver sfruttato l’ambiente artistico italiano, si sono poi rivolte all’estero acquistando larghi stocks di produzione americana senza vagliare la bontà e hanno invaso il nostro mercato, facendo un secondo affare e rovinando definitivamente l’industria nazionale.

Secondo me, bisognerebbe che la ripresa della produzione venisse segnata da piccoli nuclei di attori e di artisti, che, godendo il credito di serii finanziatori, potessero realizzare le loro iniziative personali, concentrando le risorse nella loro personalità e del loro ingegno in lavori che riuscirebbero di sicuro effetto e di ancor più sicuro rendimento. Le provvide leggi del Governo nazionale e il rinato orgoglio della nostra gente valorizzerebbero moralmente e materialmente l’opera.

Il pubblico italiano, e in genere quello di tutta Europa, dà segni evidenti di stanchezza per la produzione americana fatta di acrobatismi o intessuta su argomenti di scarso valore artistico e che quasi sempre è lontana dalla nostra sensibilità. Purtroppo, le proteste platoniche sono di nessuna efficacia e bisognerebbe che il pubblico dimostrasse il proprio scontento disertando le sale dei cinematografi. Ma come si può pretendere questo, dal momento che nella stragrande maggioranza dei casi, il cinematografo è l’unico svago per la popolazione dei nostri piccoli centri?

L’industria cinematografica d’oltre oceano sta sdrucciolando per la china che a noi è stata fatale: quella della superproduzione, aggravata dalla malattia del « divismo ». In America si continua a credere che bastino i nomi sia pur celebri di Pola Negri, della Swanson, di Griffith ecc. a varare lavori di poca importanza artistica, mentre il pubblico nostro vuol sentire oltre che vedere e, più che sbalordirsi, desidera commuoversi.

Il nostro genere è quello sentimentale-drammatico, nel quale abbiamo già raccolto tanti allori imperituri. Accanto a questo, potrebbe rifiorire e imporsi un’altra nostra specialità: il genere storico. Non si dimentichi che per la prima volta nel mondo, un lavoro a lungo metraggio fu girato a Roma nel 1912, il Quo Vadis?, in cui sostenni la parte di Petronio, lavorando accanto a quel caro indimenticabile artista che fu Amleto Novelli. Per il genere storico, abbiamo in Italia studiosi e realizzatori il cui pregio è universalmente riconosciuto. Gli americani ci vincono in dollari, è vero, ma non possiedono le doti impagabili, delle nostre bellezze naturali, i tesori dei nostri monumenti artistici e la sensibilità dei nostri attori e inscenatori.

Gustavo Serena scomparve a Roma il 16 aprile 1970. Difficile dimenticare il suo nome, che ritorna spesso alla ribalta come interprete e regista della prima versione di Assunta Spina (coadiuvato da Francesca Bertini). Io vorrei ritrovare A San Francisco (1915), anche questo da un dramma di Salvatore Di Giacomo. Mi hanno raccontato che Serena ci teneva molto a questo film, ed io vorrei sapere perché.

2 pensieri su “Gustavo Serena 5 ottobre 1882

I commenti sono chiusi.