
Domani è il compleanno di Vittoria Clementina Proietti, in arte Vittoria Lepanto, nata a Saracinesco il 15 febbraio 1885, deceduta a Roma il 4 maggio 1964.
Bella, intelligente, spiritosa, Vittoria è una delle prime dive del cinema muto italiano, ingiustamente dimenticata dai cinefili e dalle istituzioni… culturali. Domani vi racconto. Bisogna rimediare.
Nata a Saracinesco in Ciociaria, i genitori, Fortunato e Virginia Proietti, erano entrambi figli di ignoti e, come raccontava la stessa Lepanto in una intervista “d’importazione”. Vittoria fu la quarta di cinque figli. Alla morte del padre, la madre vendette la casa e si trasferì a Roma alle dipendenze di una famiglia facoltosa, sistemando i figli presso istituti assistenziali. Vittoria, che aveva sei anni, non dimenticherà mai il suo paese di origine. Nel 1907 fece costruire a Saracinesco una villa (Villa Vittoria), tuttora proprietà della famiglia Proietti.
La leggenda racconta molte storie su come arrivò la piccola Vittoria al palcoscenico, una leggenda che lei stessa ha fomentato, come in questo articolo-ricordo di Alberto Spaini pubblicato nella Strenna dei Romanisti:
L’ultima casa nella quale era andata a vivere, dopo avere lasciato la villa di tre piani di fronte alla chiesa di San Camillo, era letteralmente ricoperta dai suoi ritratti, dai venti bozzetti di Paolo Michetti ai grandi quadri di molti pittori della fine del secolo. Ma più di ogni altro aveva caro un olio, di una pittrice inglese, che raffigurava una ragazzetta di tredici o quattordici anni. « È il mio primo quadro» diceva, e voleva dire il primo quadro per il quale aveva posato, quando da Saracinesco, la patria dei modelli romani, era scesa anche lei a piazza di Spagna come le sue sorelle e le sue zie – di sua madre non aveva mai avuto notizia – a vendere le violette ed a posare per i pittori. Era un’epoca in cui nulla v’era al di sopra della bellezza, e la Vittorina era la più bella di tutte.
Non rimase a lungo negli studi dei pittori, la Vittorina; ben presto fu rapita in un altro mondo, il mondo dei gioielli, delle ville di lusso, il mondo dove dignitose signorine di mezza età le insegnavano a parlare prima l’italiano, poi il francese e l’inglese, e la introducevano nei segreti dei bei modi. Ma quella sua bellezza che, avrebbero detto le cronache scandalistiche dell’epoca, doveva segnare la sua rovina, fu come uno scudo ed una protezione; se le male lingue dicevano che la Vittorina aveva degli amanti, la realtà è che aveva degli innamorati; ed un suo ricordo era questo, di un bel signore, il più bel signore di Roma, giovane, ricco, il cocco di tutte le belle donne, che le stava in ginocchio davanti e nascondeva il volto sulle sue ginocchia; e di un’altra volta che, destandosi, lo aveva visto accanto a lei che la guardava con gli occhi pieni di lacrime. Non sono storie che Vittorina inventava, anche perché non sentiva il bisogno di crearsi una leggenda di questo genere, ed era abbastanza spregiudicata e maliziosa per raccontare ben altre, sapide avventure, e divertirsi un mondo… No, lo raccontava come un fatto straordinario che le era successo, di questo gran signore che si commuoveva a guardarla.
Forse Vittorina non ha mai saputo che questa commozione nata dalla sua bellezza, questo vero amore che sapeva ispirare, aveva fatto sì che la piccola modella destinata a diventare una piccola cocotte, divenisse invece un’artista, una donna di spirito, una creatura raffinata: la grande donna di un’epoca.
Aveva un istintivo talento per il teatro; il fulgore della sua bellezza coincise con i primi passi trionfali del cinematografo (che fu il cinematografo italiano) e naturalmente fu ricercata dai produttori; ma là, nel fatuo mondo della celluloide, le nacque la passione di recitare, ed ebbe dieci anni di grandi successi che troncò poi all’improvviso perché da Edoardo Scarfoglio non si volle più separare per le sempiterne tournées in giro per il mondo. E rimase come un simbolo, accanto a pochi altri nomi: la bella Otero, Lina Cavalieri, simboli più che realtà. Intorno alla sua bellezza rimase un’ala di mistero.»
(Strenna dei Romanisti, 1964)
Se non è tutto vero è ben trovato. Mi piace molto la definizione “grande donna di un’epoca”.
Una biografia esauriente sulla vita e la carriera di Vittoria Lepanto la potete trovare qui, a cura del nipote Marcello Proietti.
Io vi propongo un viaggio attraverso i documenti d’epoca.
A domani… E buon compleanno Vittoria!
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