«Tornato nel 1916 dal fronte, in seguito a ferita, anch’io mi sentii attratto, come parecchi altri scrittori e giornalisti, al cinematografo, e per due anni scrissi scenari su scenari, alcuni dei quali ebbero una certa fortuna. Un giorno del 1917 vennero a trovarmi l’avvocato Eugenio Sacerdoti (un ex-giornalista, che sulla fine dell’Ottocento aveva avuto fama di valente e battagliero critico musicale sotto lo pseudonimo di T. O. Casardi) e il commediografo Ugo Falena, il quale, da qualche anno, aveva lasciato il teatro per l’arte muta e dirigeva con fortuna la « Tespi Film ». Venivano a chiedermi un nuovo soggetto per film. L’avvocato Sacerdoti non si perse in chiacchiere.
— Devi prepararci un Frate Sole: un grande film, storicamente e religiosamente inattaccabile, tale da ottenere il bene placet della Chiesa. L’illustre maestro Luigi Mancinelli comporrà la musica. Dovrà riuscire un’opera-fìlm. La direzione artistica sarà di Ugo Falena, coadiuvato da te e dal pittore Duilio Cambellotti per l’allestimento scenico e i costumi. Ti diamo quattro mesi di tempo per la trama e la sceneggiatura. Accetti?
Accettai, non immaginando la fatica a cui mi accingevo e non misurandone le responsabilità. Fu soltanto più tardi, dopo aver consultato la bibliografia francescana ed aver raccolto le fonti più sicure sulla vita del Santo, che compresi a quale impresa ardita e pericolosa m’ero impegnato; e mi tornarono allora in mente le parole dette qualche anno prima da Ferdinando Martini, in una conferenza, a proposito della Francesco da Rimini di d’Annunzio: “A cercare di elevarsi fino a così alte figurazioni, come quella cantata nel sommo Poema, c’è da correre il rischio di ruzzolare molto in basso”.
Ma oramai io ero in gioco. Perciò, cominciai col rileggere i Fioretti, poi passai alla prima e alla seconda Vita di Fra Celano, allo Speculum perfectionis di Fra Leone, e infine mi sprofondai nella vasta bibliografia francescana dell’età di mezzo e moderna. Le opere del Prudenzano, del Barone De Ségur, di Ruggero Bonghi, dello Schurer, del Goetz, dell’Alvisi, del Tarducci, del Tocco, del Gebhart, del Mazzoni, del Teza, del Mestica, del De la Rive, del Sabatier e, soprattutto, del danese Joergensen, il quale nella Vita del Poverello d’Assisi e nei Pellegrinaggi francescani ha forse innalzato il monumento più fulgido alla gloria di Francesco Bernardone, fecero a poco a poco rivivere dinanzi ai miei occhi tutto un magnifico mondo di vita italiana del Medio Evo, di cui il Poverello era la gran luce immortale. E mi accinsi al lavoro. Io potevo rappresentare il Santo d’Assisi in tre diversi modi: o attenendomi alla leggenda, o drammatizzando la vita di Francesco nel suo progressivo distacco dalle cose di questo mondo, o mostrando questa vita nei suoi episodi storici. Scelsi il terzo modo. Ma poiché era senza dubbio il più arduo ad un compositore di pellicole che ha bisogno di una certa continuità d’azione e di un certo interesse di svolgimento, lo fusi col secondo. Misi così in Frate Sole la storia e il dramma stretti insieme indissolubilmente. Aggiungerò che non fu l’intera vita del Santo che intesi riprodurre nel film; ma piuttosto ricostruire, attraverso momenti sintetici e rappresentativi, con scrupolosa fedeltà storica, la figura gigantesca di lui ed il suo tempo, pieno di tenebre e di fulgori. E mirai più in là, facendo del figlio del ricco mercante d’Assisi non già il protagonista, come s’intendeva nel cinematografo, ma uno dei molti personaggi del vastissimo quadro che io mi proponevo di animare: un quadro fatto di folla, della grande variopinta folla che l’età di mezzo agitava nel suo cupo immenso crogiuolo.
Sei mesi dopo lo scenario era pronto e Ugo Falena, Duilio Cambellotti ed io piantavamo le nostre tende ad Assisi, con un piccolo esercito di attori, di comparse, di operatori, di segretari. E là, scelti accuratamente i luoghi e dopo aver avuto io dei lunghi colloqui con lo scrittore Joergensen, il quale ora solito trascorrere qualche mese dell’anno nella patria del Santo, e con alcuni padri francescani di profonda dottrina, cominciammo a girare gli esterni di Frate Sole, davanti e nel chiostro della Basilica, e due processioni nella Basilica stessa, davanti al convento di Santa Chiara, su pei fianchi del monte, e poi a Gubbio, a Perugia e sul Lago Trasimeno. Interpreti principali del film erano l’attore drammatico Uberto Palmarini, il quale incarnava la figura del Fraticello d’Assisi, Silvia Malinverni, che era Chiara degli Scifi, Rina Calabria, nel ruolo di sua sorella Agnese, la ballerina Lucienne Myosa, nella parte di una cortigiana che si redime, Bruno Emanuel Palmi, in quella di Frate Elia.

Per almeno un mese Assisi e Gubbio offrirono il più bizzarro degli spettacoli, tra la viva e chiassosa curiosità degli abitanti e ancor più dei forestieri, che si stropicciavano sbalorditi gli occhi nel veder passare per le strade e le piazze ed entrare ed uscire dai templi inaspettati personaggi in costumi pittoreschi del 1200, e suore e fraticelli al braccio di soldatacci di ventura…
Ma lo spettacolo più caratteristico, ed anche commovente, era offerto dai veri francescani, i quali si facevano in quattro per aiutarci nella presa di talune scene, e ci fornivano perfino paramenti sacri; e pieni di premura tenevano indietro la folla dei curiosi nelle scene delle processioni davanti al tempio. Furono davvero degli intelligenti, umili, preziosi collaboratori alla nostra non lieve e non facile fatica. Ricordo che a Santa Chiara le suore, che vivono in stretta clausura, ad un certo momento, poiché faceva molto caldo, fecero distribuire dalla sorella guardiana alle attrici ed agli attori delle bevande fresche e dei biscotti.
La lavorazione del Frate Sole continuò poi nel teatro di posa della « Tespi Film » a Roma, quasi altri quattro mesi. La prima del film, annunciato come restituzione francescana in 4 canti di Mario Corsi, con poema sacro per orchestra e cori di Luigi Mancinelli, ebbe luogo il 7 giugno 1918 all’Augusteo, concesso per la prima volta per uno spettacolo del genere, ed assurse a vero avvenimento d’arte. Dirigeva l’orchestra massima dell’Augusteo lo stesso maestro Luigi Mancinelli. Assistevano Principi di Casa Savoia, Ministri, alti Prelati e tutta la Roma intelettuale e mondana del tempo. Il successo del film e della musica furono grandissimi. La stampa italiana, che allora non si occupava di film se non come pubblicità a pagamento, fece per una volta tanto uno strappo alla regola e dedicò a Frate Sole colonne intere, firmate dai maggiori critici drammatici e musicali: Fausto Maria Martini, sulla Tribuna, Goffredo Bellonci sul Giornale d’Italia ed altri.
Frate Sole rappresentò anche una nuova applicazione del cinematografo dal punto di vista musicale. Per la prima volta la musica entrava in un film come elemento integrativo, esercitandovi funzioni di imperio. Mentre nel primo grande film religioso realizzato in Italia, il Christus, la musica del maestro Fino si era aggiunta alla composizione cinematografica del Salvatori, accompagnandola e divenendone un vero e proprio commento, nel Frate Sole la musica era parte essenziale dello spettacolo. Frate Sole – scrisse in un lungo articolo critico Alberto Gasco – segna indubbiamente una data nell’evoluzione del poema musicale cinematografico, al quale arriderà forse un avvenire mirifico .
Furono inni al musicista insigne e all’ideatore del film che ricorda oggi l’apparizione di quella vecchia rievocazione francescana definita (riproduco ancora un giudizio altrui, di un notissimo critico) « l’opera più significativa di una nuova orientazione del cinematografo verso una specie di sfruttamento culturale: orientazione che l’arte muta assume alla vigilia di acquistare una sua definitiva forma d’arte, con modi propri e proprie esigenze ». A coronare il successo di Frate Sole venne poco dopo il riconoscimento solenne e ufficiale del Vaticano, con una indimenticabile rappresentazione del film nell’aula magna del Palazzo della Cancelleria, dinanzi ad una decina di Cardinali e ad uno stuolo di Arcivescovi e alti Prelati e dignitari della Corte pontificia. Garantisco che l’eccezionale spettacolo della superba e vasta sala, in cui aveva avuto sede dopo il 1848 il primo Parlamento formato da Pio IX, gremita di un pubblico così eletto e così entusiastico (ci furono molti applausi) superava di gran lunga quello che si proiettava sullo schermo, accompagnato da una grossa orchestra diretta dallo stesso maestro Mancinelli.
Ricordo che dopo la proiezione i Cardinali e gli altri eminenti Monsignori vollero esprimere il loro vivo compiacimento al maestro Mancinelli, a Ugo Falena e a me, e dissero che dal cinematografo la Chiesa poteva aspettarsi, come l’Arte, grandi nobilissime cose.»
Mario Corsi (Cinema, fascicolo 43, 10 aprile 1938)

Sia questo film che quello del 1911 di Guazzoni su San Francesco come si possono vedere?
come si possono vedere?
Paolo
Si possono vedere soltanto se lei è amico di qualche archivista di cineteca.
salve, un informazione, si ricorda qualche altro film girato tutto o in parte nella città di Perugia, prima del 1940? grazie
Al momento no, le faccio sapere al più presto se mi viene in mente qualche titolo.