
Roma, ottobre 1918. Sono andato alla Rinascimento che il cav. Carlo Amato dirige con tanta cura, con tanto amore e con tanta sapienza, per conoscere davvicino Pina Menichelli. La Rinascimento è al vicolo dei Parioli, nell’aperta e ubertosa campagna romana, ma io ho percorso tutto il lungo e maestoso viale dei Parioli ed ero per giungere alla plebea e garrula Acquacetosa se un’anima di Dio non m’avesse indicato con precisione il vicolo campestre ove ha dimora la nuova Casa romana. Sono giunto impolverato e sudato ed alla giovinetta che m’ha aperto il cancello della villa stavo per chiedere invece della Menichelli… un bicchier d’acqua.
Pina Menichelli non era nella villa, era giù, nel fondo d’un vialetto ove sorge il teatro di posa. È venuta poco dopo in una vettura, da cui è discesa, vestita di bianco, accesa pel vivo color biondo dei capelli che pone dei riflessi rosei sul bel volto ovale. M’ha stesa la sinistra perché la destra stringeva gelosamente… un uovo di gallina.
— È nato or ora! — m’ha detto con compiacenza, dopo la breve presentazione.
— Questa vita buffissima — ho detto io — ormai non ci da che preoccupazioni di genere… alimentare, anzi… di generi alimentari.
— Non mi parli di alimentazione!
— Già. Ma l’aria che si respira qui è di per se stessa un prezioso alimento.
— Bei luoghi, non è vero?
— Bellissimi.
Entriamo nella villa. Pina Menichelli è una di quelle figurine muliebri di pura tempra italiana, che uniscono cioè alla sveltezza armonica delle forme un senso di dolcezza nel volto e nei gesti.
Ma la dolcezza nel volto di Pina Menichelli spesso si aduna negli occhi chiari e allora un’espressione di fierezza scende dal naso aquilino agli angoli della bocca forte e sensuale; quella fierezza istintiva e non d’artificio che abbiamo ammirato nelle varie interpretazioni dell’attrice. Questa volta, contrariamente a quanto spesso mi succede ed in cui — lo confesso — non manca un tantino di perdonabile malignità, non ho chiesto l’età dell’attrice che visitavo. È così giovane ed è così fresca Pina Menichelli, che pare un po’ la primavera!
— Ora — ho pensato — se sembra la primavera, perché mai devo chiederle quante… primavere ha? È assurdo.
E le ho chiesto invece del suo passato artistico che m’interessava di più.
Ma prima di raccontarmi il quando e il come s’iniziasse al lavoro del cinematografo, la bionda e bella attrice m’ha detto d’una sua pena. L’ultimo suo lavoro, La moglie di Claudio, era stato del tutto censurato.
— Del tutto?
— Precisamente.
— Ma scusi: il suo ultimo lavoro non è Gemma di Sant’Eremo?
— Per nulla. È quello anzi un lavoro abbastanza vecchiotto.
— Dicevo, dicevo…
— Che cosa?
— Ecco, scrivendo della Gemma di Sant’Eremo notavo qualche suo difetto che non m’era occorso di vedere in altri suoi lavori. Evidentemente quei suoi difetti erano stati sorpassati diggià. E perché poi hanno censurata La moglie di Claudio ?
— Indovini un po’?
— Veramente con la censura cinematografica c’è poco da indovinare, poiché per essa l’impossibile diventa possibile.
— Orbene, glielo dirò io: perché nel lavoro mi hanno trovata troppo… affascinante!
— No… cioè sì!
— Davvero; non scherzo mica, sa!
— Ma la censura è ora esercitata dalle donne? Perché solo una cattiveria femminile può giungere a questa… deliberazione. Cosicché lei non potrebbe… andare nemmeno per la strada, seguendo il ragionamento dei censori.
— È chiaro.
— Sì, ma è anche bestiale. Con questa morale a pie’ sospinto i signori censori sono diventati semplicemente immorali. Ma trovo pure che tutto ciò fa ridere.
— Già, se tutto quel po’ po’ di denaro speso per la pellicola non gridasse vendetta.
— E questo è anche vero.
Tralasciamo il discorso che ha posto sul viso di Pina Menichelli quella tale espressione di fierezza di cui vi ho parlato e l’attrice mi racconta del suo passaggio al cinematografo.
— Dico passaggio, perché io ero un’attrice drammatica com’erano attori drammatici i miei genitori:
— È siciliana lei, non è vero ?
— Sono nata in Sicilia come potevo nascere in Lombardia… Ho recitato in diverse compagnie e parecchio in quella ultima di Flavio Andò.
— Chissà che non l’abbia intesa recitare a Como con l’Andò… che allora già non recitava più.
— Potrà darsi benissimo. Con la compagnia di Flavio Andò ho recitato, mi ricordo, uno dei primi lavori di Tomaso Monicelli: Prima dell’amore, mi pare. Ma allora Monicelli non era celebre…
Io arrossisco per Monicelli, e dico :
— Ora celebre è anche lei !
— In Italia, no; ma all’estero un pochino; in Francia e in Inghilterra specialmente.
— Anche in Italia.

— È troppo gentile, lei. Ma continuo la mia breve storia. Un giorno a Roma fui incuriosita e attratta dalla cinematografia che dalla capitale prendeva il suo pieno sviluppo e le confesso che ritenni maggiormente conforme al mio temperamento artistico più la posa che la recita; non solo, ma i guadagni del teatro drammatico di allora non bastavano più nemmeno alla mia sobrietà… — vede, come sono sincera? — e decisi senz’altro di darmi al cinematografo, senza falsi pudori e senza la scusa di voler provare per diletto o per riposo, ma completamente e coscienziosamente mi diedi ad esso sicura di riuscirvi un giorno o l’altro.
— E in quale Casa entrò?
— Alla Cines naturalmente… Chi non ha cominciato dalla Cines? Ma alla Cines per una strana… consuetudine — in quei tempi, almeno! — appena un’attrice era in maturazione… andava altrove! Così capitò per la Bertini, così per la Jacobini…
— … così per la Menichelli…
— No, il caso mio è diverso. Alla Cines non ho fatto nulla…
— Come nulla?
— Dovevo fare qualcosa, ma intanto mi lasciavano apprendere… le prime nozioni di cinematografia!
— E poi?
— E poi finì che stanca di… non far nulla me ne andai a Torino, all’Itala. Qui, veramente s’è svolto il mio lavoro più vero e maggiore, se non tutto il mio lavoro di attrice cinematografica.
— Lavoro che culmina con Tigre reale e con il Fuoco. Le ricordo perfettamente queste pellicole. Furono davvero il suo battesimo d’arte e la chiara significazione della sua singolare figura d’artista.
E qui i lettori non vorranno certo ch’io ricordi loro questi due avvenimenti del cinematografo italiano che svelarono totalmente la forza artistica di Pina Menichelli, nonostante che talvolta in qualche suo gesto fosse ricordata, sia pure lievemente, qualche altra attrice. A rendere gli avvenimenti più cospioni concorsero i nomi degli autori dei lavori e cioè i due più grandi scrittori italiani contemporanei: Giovanni Verga e Gabriele D’Annunzio e un misterioso direttore di scena che si nascondeva sotto lo pseudonimo di Piero Fosco. Ricordate la scritta sui cartelloni? Piero Fosco vigilò l’esecuzione. Il Fosco non era poi che il torinese rag. Pastrone che nella nostra messa in scena cinematografica recò davvero un geniale rivolgimento.
La Menichelli in questi due lavori dimostrò di essere la più significativa delle nostre attrici negli impulsi della più umana passione, quella che unisce gli uomini alle donne, che sconvolge, che accieca, che prostra le creature mortali, e gli spettatori fremettero dei suoi fremiti come si intenerirono dei suoi abbandoni, abbandoni che assursero ad una potenza da poche interpreti raggiunta, specie in quello supremo che si estingue nella morte.
Pina Menichelli mi parla della funzione del direttore di scena nella cinematografia e ci troviamo perfettamente d’accordo. Poiché come me ella pensa che l’animatore e il creatore d’un lavoro è sopratutto il direttore di scena.
— Eppure — aggiungo — con le attrici di cinematografo che ho intervistato in altri tempi non s’è mai parlato di direttori di scena. Ognuna delle mie gentili pazienti riteneva in buona fede d’aver portato al trionfo, da sola, il lavoro interpretato. Ciò che dice lei è molto simpatico.
— Mi pare di essere più sincera, io!
— No, lei è solamente sincera. Una superba interpretazione non potrà mai assurgere ai fastigi del successo se non è contornata da mille piccoli o grandi contributi. Chi misura, chi equilibra, chi rende efficaci questi contributi? Il direttore di scena, senza dubbio. Ma poiché il volto del direttore di scena non appare mai sul telone, rendiamogli almeno questa giustizia di parlarne tra persone leali.
— Questa grande giustizia, voleva dire.
— Vuoi parlarmi ora dei suoi ultimi lavori?
— Le ho già detto della Moglie di Claudio, l’ultimo lavoro che ho interpretato per l’Itala. Ma la censura che permette da noi la stessa commedia d’interpreti francesi proibisce la mia forse perché è… italiana, perché pare che le nostre autorità si precipitino avidamente e in tutti i modi a rovinare la nostra industria cinematografica. Ma dicono che sono troppo affascinante ed io non posso tagliarmi il naso, certo, per far piacere, ai censori!
— Senza volerlo, le ho riaperta la ferita.
— È un peccato, non le sembra? Intanto qui alla Rinascimento ho terminato or ora Il padrone delle ferriere e ne sono soddisfatta, ma lei lo vedrà a suo tempo se pure il mio… fascino non continuerà ad offuscare gli occhiali dei censori! Sono felicissima dell’altro lavoro che sto interpretando ora e che ha scritto Giuseppe Maria Viti. S’intitola Il giardino della voluttà ed è originalissimo e pieno di sorprese. Mi piace tanto e lo interpreto con tanta gioia e con tanto ardore che ritengo sarà la mia cosa migliore.
— Ed io non ne dubito, sia per le sue virtù e sia per l’ingegno del collega Viti.
E con questa sincera convinzione stringo la piccola e morbida mano di Pina Menichelli e abbandono la villa quieta, ombrosa e deliziosa.
Giovanni Innocente
Sto scrivendo una tesi sul muto e il vostro sito mi è utilissimo e per questo vi ringrazio tantissimo!(bellissimo davvero) Inoltre, se è possibile, volevo chiedere se posso inserire questa intervista nella mia tesi dato che tratto di Pina Menichelli. E se è sì potrei sapere solo la rivista che la ospitava?
Grazie per i suoi complimenti. L’intervista pubblicata nel sito è un’estratto, non è l’intervista completa, pubblicata sulla rivista In Penombra, ottobre 1918.
Le consiglio, se non lo ha già, di acquistare il libro di Vittorio Martinelli “Pina Menichelli, le sfumature del fascino”, Bulzoni 2002, dove troverà l’intervista completa e molte altre.
Un cordiale saluto e buona tesi…
Grazie a Lei per la tempestività della risposta! Il libro non ce l’ho, ma sicuramente lo andrò a prendere. Grazie davvero di tutto!