I figli di nessuno – Lombardo Film 1921

i figli di nessuno 1921
Una scena del film I figli di nessuno (1921)

La giovane Luisa è la figlia del custode di una cava di marmo a Carrara, proprietà della contessa fiorentina Carani. Poldo, un operaio della cava, è innamorato di lei, ma Luisa gli preferisce il figlio della contessa, il conte Arnaldo, e di nascosto si incontra nottetempo con lui. La contessa Carani, informata dall’ingegnere Anselmo di quanto avviene, si adopera per allontanare quanto prima il figlio da Carrara., mentre alla cava, un incidente mortale mette in agitazione gli operai.

Il padre di Luisa, che ha sorpreso la figlia con Arnaldo, muore dal dolore. L’ingegnere Anselmo manda a vivere con Poldo, nominato nuovo custode della cava, sia Luisa sia la vedova e i due figli dell’operaio morto, due bambini. Luisa attende con ansia di ricevere posta da Arnaldo, ma la contessa intercetta le lettere del figlio e manda lettere false all’uno e all’altra. Nella cava intanto un gruppo di operai, capeggiati da Poldo, scende in sciopero per protestare contro i soprusi dell’ingegnere Arnaldo, ottenendo la solidarietà dei “figli di nessuno”, i ragazzi minorenni che lavorano nella cava. Luisa scopre di essere incinta e, disperata, abbandona la casa di Poldo. La contessa, che ha fatto credere al figlio che Luisa sia morta, riesce a farlo fidanzare con Edvige, una ricca ragazza di Firenze. Per Luisa, il piccolo Gualberto diventa subito l’unica ragione di esistenza, e la contessa, falsificando la firma del figlio, riesce a sottrarlo alla custodia della madre. Non avendo più notizie da Arnaldo, Luisa decide di andare a cercarlo a Firenze, proprio il giorno fissato per il matrimonio del giovane con Edvige, arrivando nella villa durante il ricevimento di nozze e, affrontando la contessa, ne smaschera gli intrighi; apprende però dalla stessa contessa che Gualberto è morto.

Qualche tempo dopo, la contessa, in punto di morte, rivela al prete di famiglia, don Demetrio, che in realtà Gualberto è vivo, e per riparare al malfatto, nel testamento ha lasciato tutto a lui. Edvige, che tutto ha ascoltato, sottrae e poi distrugge il testamento.

Intanto, il piccolo Gualberto, dal collegio passa a lavorare per un materassaio, poi nelle cave di marmo dei Carani.

Luisa si fa suora e prende il nome di Suor Dolore. Ma nel suo cuore v’è sempre la speranza di ritrovare il figlio. E lo vedrà per l’ultima volta, quando dopo un atto eroico – s’è immolato per salvare i minatori da un’esplosione – il ragazzo muore in un letto d’ospedale.

Vinta dal dolore, dopo aver lasciato cadere dei petali di rosa sul feretro del figlio, anche Luisa muore.

Regia di Ubaldo Maria Del Colle, sceneggiatura dello stesso regista, dal romanzo omonimo di Ruggero Rindi (Falstaff). Interpreti principali Leda Gys (Luisa Vitalbi), Ubaldo Maria Del Colle (Poldo), Ermanno Roveri (Gualberto), Alberto Nepoti (Arnaldo Carani), Léonie Laporte (Contessa Carani), Ignazio Lupi (don Demetrio). Produzione Lombardo Film, Napoli. Film in tre episodi.
Copia restaurata dalla Cineteca Italiana di Milano.

Uno dei grandi successi d’incassi del cinema italiano negli anni ’20, ripetuto e aumentato nella versione sonora del 1951, diretta da Raffaello Matarazzo, interpretata da Yvonne Sanson e Amedeo Nazzari. Alcuni storici affermano che I figli di nessuno, versione muta e versione sonora sono stati il più grande successo di pubblico del cinema italiano di tutti i tempi… sarà vero?

Per quel che riguarda la versione del muto, il produttore Gustavo Lombardo, che ha prodotto anche quella del 1951, avrà fatto un mucchio rispettabile di quattrini ma, allo stesso tempo, bisogna riconoscere che non mancava di un certo coraggio, proponendo certi temi come lo sciopero, in un anno particolarmente agitato da queste dimostrazioni, o forse lo aveva fatto precisamente per questo, con un occhio al botteghino. Secondo una delle recensioni dell’epoca invece, il film, più che un dramma sociale, sarebbe un dramma sentimentale e passionale “ultraromantico e fantastico, fuori assai della realtà della vita”. Bene, io direi che quello fuori della realtà della vita sembra proprio lui, il recensore. Infatti si tratta di un “romanzo”… provate a dare un’occhiata ai giornali, dell’epoca (e della nostra non ne parliamo).

Ritornando al coraggio del produttore, per il fatto che potevano vietare il film, guardate cosa pensava invece la censura dell’epoca che, come al solito, aveva capito tutto: “Ridurre la scena in cui si vede l’operaio che rimane vittima della mina, in modo che la proiezione termini nel momento in cui il cadavere, trasportato nella cassetta del custode, viene adagiato su di un materasso per terra; modificare la scena in cui si vede la commissione degli operai guidata da don Demetrio, recarsi dal conte Carani, in modo che dall’azione vengano eliminati tutti gli operai, facendo figurare il solo sacerdote che si reca dal conte in nome di tutti loro; sopprimere del tutto la scena che rappresenta l’insurrezione degli operai contro Anselmo”.

Ma il vero artefice di questo film, quello che lo aveva proposto al produttore, era il regista-sceneggiatore: Ubaldo Maria Del Colle, uno dei grandi pionieri del cinema italiano, interprete della mitica Presa di Roma di Filoteo Alberini nel 1905. Di lui parlerò domani.

No, non mi sono dimenticata di Leda Gys, la bravissima Leda Gys… anche di lei parlerò fra poco.

Come al solito, quando è che lo vediamo, questo e gli altri, in DVD?