
“Theodora, il più grande film del mondo, secondo l’opera immortale di Victorien Sardou, ha richiesto una messa in scena formidabile, una vera armata di 25.000 figuranti, sontuose scenografie che riproducono con la massima fedeltà i palazzi, il circo ed altri monumenti dell’epoca di Giustiniano, 30.000 costumi… Questo capolavoro, che sorpassa in audacia, in arte, ed in bellezza qualsiasi altra opera cinematografica, è costato la somma fantastica de 15 milioni di lire, e per completare la sua realizzazione sono stati necessari più di due anni ininterrotti di lavoro.”
Per il restauro di Theodora (io ho trovato dappertutto Theodora e non Teodora), film monumentale, la Cineteca Nazionale di Roma e la Cineteca Italiana di Milano, hanno impiegato monumentali risorse di tempo (circa tre anni) e di denaro pubblico (impossibile sapere la cifra esatta). Il restauro è stato completato nel 2001, nove anni fa. Un bel restauro, niente da dire…quando lo vediamo come, per esempio, possiamo vedere La nascita di una nazione di D. W. Griffith?
“Il dramma è di Vittoriano Sardou, il noto scrittore, ma nella riduzione cinematografica sono stati tralasciate le migliori, le più gustose scene della vita di Theodora ed i più interessanti particolari. Quando si vuol raggiungere uno scopo, non si può lasciare a metà via le migliori parti di quello che si è proposto di conseguire. Questo lo dice uno che lesse, e bene, il dramma.
La vita di Theodora che in sunto narrerò, è come la vidi, tale quale, sullo schermo.
Theodora, un giorno ospita l’imperatore Giustiniano, e con la sua grazia e bellezza riesce a destare l’amore suo. Il suo sogno di dominio è raggiunto, ella indosserà la porpora imperiale, sarà la regina, la sovrana, la dominatrice del popolo suo.
Theodora però, non ama il suo sposo, il suo re, e con il viso nascosto in un fitto velo, seguita a distanza dalla fedele e muta schiava, va cercando per le vie di Bisanzio colui che sarà l’amante. Ella lo trova in Andrea, nobile patrizio che però non conosce Theodora, la quale, sotto il nome di Myrta, si fa credere sorella di uno scriba della cancelleria imperiale.
Una terribile epidemia s’avventa su quel popolo e anche l’imperatore ne è colpito, ma, grazie alle ferventi preghiere di Theodora, che vede con la morte dell’imperatore svanire il suo dominio, riescono a salvarlo. Ma il popolo mormora contro Theodora, e la ritiene autrice di tutti i mali. L’ira tormentosa scoppia, quando Amru, figlio della maga Tamyris, nutrice di Theodora, è causa della morte di una giovane donna che, col marito, si apprestava ad abbandonare le rive del Bosforo; per placare la terribile ira del popolo,Giustiniano promette che abbandonerà Amru nelle mani del carnefice.
Tamyris, ne giura vendetta.

Nella casa di Andrea, la congiura per sopprimere l’imperatore e Theodora tesse le sue fila. Andrea, col centurione Marcello, saranno coloro che dovranno liberare il popolo, uccidendo i due ignobili regnanti; il centurione Marcello sarà colui che trafiggerà il cuore dell’idra imperiale e suo complice sarà Andrea, che indosserà per l’occasione la lorica della guardia del palazzo e potrà entrare negli imperiali appartamenti.
Theodora scopre tutto, poiché recandosi dal suo amante e vedendolo con la lorica indosso, è colpita dal dubbio che diventa certezza dopo la sua confessione, che Andrea fa parte dei congiurati.
Il colpo fallisce, Andrea è riuscito a salvarsi per mezzo di Theodora, ma Marcello è preso e condannato alla tortura, per strappargli i nomi dei congiurati.
Tanto era l’amore di Theodora per Andrea, che, e perché il centurione non avesse a palesare il nome del suo amante, l’uccide e il corpo viene abbandonato sulle rive del Bosforo.
Andrea scopre il vero essere di colei che credeva la sua dolce amante, ed il suo amore si cangia in odio, e, vedendo i suoi complici in pericolo giacché egli le aveva svelato i loro nomi, solleva il popolo contro essa e Giustiniano.
Nell’ippodromo dove Bisanzio si riversava per assistere ai giuochi, dopo un primo sintomo di rivolta del popolo, Andrea investe con le più roventi e infami ingiurie Theodora. Tremenda è la collera dell’imperatore, che ordina l’arresto dell’ingiuriatore. Ma Theodora ama Andrea, il suo amore è immenso e vedendolo carico di catene, ai piedi dell’imperatore, pensa di salvarlo dalla giustizia imperiale, che sta per colpirlo inesorabilmente.
Theodora prega l’imperatore di abbandonarle nelle sue mani il condannato, volendo essa stessa preparargli le micidiali torture, lasciando impunito l’oltraggio pubblicamente ricevuto. Ad un suo fido da l’ordine di scatenare nell’ippodromo i leoni, i quali, lanciati nell’arena assaltano la folla, che, inerme e terrorizzata, cerca scampo per la comune salvezza, mentre la corte imperiale fugge.
Andrea è minacciato da un leone, che sta per avventarsi su di lui, ma Tamyris lo salva, e la maliarda si fa promettere da Andrea, che egli salverà suo figlio ed egli allora capeggia la rivolta del popolo che, compatto, si era sollevato contro la corte imperiale e contro la ferocia di Theodora. Ma la rivolta viene soffocata.
Andrea, che per tutto il tempo della rivolta contro le ben agguerrite coorti imperiali, era rimasto a capo dei rivoltosi, viene ferito da un arciere e trasportato dai suoi fidi e da Tamyris nei giardini imperiali.
Un nuovo pericolo sovrasta la persona di Theodora, Giustiniano comincia a comprendere le manovre di sua moglie, la quale, vedendo svanire l’amore che suo marito portava per lei, ordina a Tamyris il filtro dell’oblio e dell’amore; ma questa, per vendicare le torture di suo figlio, compone una bevanda di morte e, giunta con Andrea ferito nei pressi del palazzo imperiale, manda a cercare Theodora per consegnarle il filtro ordinatole. Questa accorre e stringe fra le sue belle braccia quello che renderà vieppiù innamorato il cuore di Giustiniano verso lei; ma, apprendendo che il suo amante è ferito, accorre, e lo chiama con i più dolci nomi. Andrea la respinge e la scaccia come una immonda bestia. Pazza d’amore, Theodora vede tutto l’odio di Andrea e, tra la scelta dell’amore di Giustiniano e quello di Andrea, non esita, e propina a questi la bevanda destinata all’imperatore. E il povero Andrea muore, muore avvelenato tra le sue braccia.
Disperata Theodora si abbandona sul corpo ancor caldo del suo adorato e, in quella posizione, viene sorpresa dall’imperatore, ed il suo collo che non era fatto che per baci ardenti, viene stretto dal cappio fatale, che, per la ferrea mano del carnefice, tronca quella vita, fatta di dominio e d’amore.
Degli interpreti chi ha primeggiato in tutta l’opera, dando prova di molta abilità, è stata Rita Jolivet. Ella ha superato felicemente la prova dell’ingrata tessitura. La sua interpretazione non ha mancato d’impeto e di foga. Tutti gli altri esecutori minori cooperarono al buon andamento della esecuzione, alla quale portò un notevole contributo di decoro l’allestimento scenico, curato con gusto e anche con sfarzo.
Buona la fotografia.”
Theodora, produzione Ambrosio-Zanotta, Torino 1922; Messa in scena Leopoldo Carlucci; soggetto dall’omonimo dramma di Victorien Sardou, riduzione per lo schermo di Leopoldo Carlucci, Arturo Ambrosio; operatori Giovanni Vitrotti, Giuseppe Vitrotti, Gaetano Ventimiglia; scenografie di Brasini; interpreti principali: Rita Jolivet, Ferruccio Biancini, René Maupré, Emilia Tosini.
Sul restauro del film: Mario Musumeci, Un film è un film, teoria e pratica del restauro. Il caso Teodora (Cabiria e il suo tempo, Museo Nazionale del cinema – il castoro 1998)