Il Cinema Odeon

La vasta sala con la cupola, vista dal palcoscenico

Milano, settembre 1930

Il Cinema Odeon di Milano merita specialissima attenzione, come meritano specialissima lode quelli che l’hanno voluto e quelli che l’hanno costruito. Concepito come edifizio che fosse di onore a Milano e all’Italia, e come tempio d’arte, esso è riuscito veramente l’una e l’altra cosa, da qualsiasi punto di vista lo si consideri: bellezza e purezza di stile architettonico, maestosità, capacità, comodità, ricchezza che raggiunge l’opulenza più fastosa.

Sorto sull’area occupata anticamente dallo storico e famoso Monastero di Santa Radegonda, passato poi attraverso molteplici vicende, la massa monumentale del Cinema Teatro Odeon occupa una vastissima estensione di terreno, tra Via Santa Radegonda e Via Agnello, e non aspetta che il piccone del piano regolatore abbatta gli ultimi vetusti fabbricati di Via Magnani, per apparire in tutta la sua maestosa imponenza anche a chi guarda dalla Galleria Vittorio Emanuele.

Il progetto comprendeva lo sfruttamento di quell’area ingentissima e centralissima per la costruzione di un edifizio di grandi proporzioni e di artistico sfarzo, che sorgesse come degno continuatore della linea d’imponenza e di sontuosità disegnata dalla Galleria e dal palazzo della Rinascente, e che, in parte preponderante, racchiudesse locali di divertimento e di svago. Il meraviglioso edifizio, infatti, comprende il bellissimo Teatro Odeon, nei locali sotterranei; al pianterreno il Cinema Odeon, che non ha nulla da invidiare a i migliori del genere in Italia e all’Estero, e può superare i più celebrati tra quelli per alcune sue peculiarità d’arte e di buon gusto latini; a i piani superiori un enorme salone che probabilmente sarà sistemato a Ristorante; e, in cima, una grande terrazza, con l’incantevole panorama della città sottostante, e della cerchia delle Alpi all’orizzonte.

Il primo miracolo compiuto da gli ideatori, Ing. Laveni e Architetto Avati, fu quello della celerità con cui furono portati a termine i moltissimi e difficilissimi lavori di abbattimento, di scavo, di elevazione. Gli altri miracoli hanno carattere puramente tecnico, che questo non è posto per descrivere, e neppure per elencare. A noi basterà ricordare che ammirabili e sapienti ricerche, profondi studi fin dei più minuti particolari, unità di vedute, intima collaborazione furono la base di tale rapidità di costruzione, e la ragione della bellezza di questo edifizio, per il quale la Società Rinnovamento Edilizio Via Agnello, e per essa i maggiori esponenti Comm. Carlo e Luigi Delle Piane, avevano sgombrato il campo di azione degli ideatori e costruttori da ogni preoccupazione in fatto di limitazione di spesa.

Salone di aspetto e ingresso alla galleria

I Fratelli Delle Piane, nell’accettare il progetto, non videro in esso una eccellente speculazione immobiliare; vollero vedervi, invece, una grandiosa opera di abbellimento di Milano, cuore e cervello d’Italia, e loro patria d’adozione, ch’essi amano e venerano come la stessa città che ha dato loro i natali. Vollero che fosse, anzitutto, e più che un ottimo impiego di capitali, un segno tangibile e duraturo del loro affetto. E alla poderosa e nobilissima impresa si dedicarono non soltanto con le loro vastissime disponibilità finanziarie, ma anche con la loro opera personale, concorrendo con discussioni e con consigli all’attuazione del progetto Laveni-Avati.

Sorse, così, il Cinema Teatro Odeon, la cui caratteristica principale è la profusione della ricchezza non disgiunta tuttavia da puro sentimento d’arte e da squisito buon gusto e insieme da acuto senso pratico. E parliamo più particolarmente della parte del grandioso edificio adibita a Cinematografo.

Si accede al Cinema Teatro Odeon all’imbocco di Via Santa Radegonda, da Piazza del Duomo, attraverso un porticato che è l’ingresso, imponente per dimensioni e per eleganza di decorazione: è il vestibolo appunto di quelle sale nelle quali troveremo profusi marmi tra i più fini e preziosi, legni di valore, e bronzi, e stucchi, e dorature, e lampadari artistici.

Una grande galleria a ferro di cavallo circonda la platea del cinematografo; e, mentre il primo braccio, adiacente al vestibolo, è adibito alla vendita dei biglietti, e all’ingresso per sette aristocratiche porte al salone degli spettacoli, l’altro forma un delizioso e comodissimo salone d’aspetto.

Ecco il salone degli spettacoli, composto della platea e di una grande e miracolosa balconata a sbalzo, capaci l’una e l’altra di oltre duemilaquattrocento comodissimi posti a sedere, senza contare quelli contenuti negli ampi palchetti posti in alto, sull’ultimo settore della balconata.

Un’idea della vastità del salone può esser data dalla sua superficie: 930 mq.; ma meglio dal raffronto col vaso del Teatro alla Scala, che esso supera di ben sette metri in larghezza, e di dieci metri in lunghezza.

Qui lo sfarzo, il lusso e l’arte decorativa raggiungono la massima espressione: pareti rivestite di marmi pregiatissimi e lucenti, palchi di radica di noce, soffici tappeti di enormi dimensioni, bronzi d’arte, comodissime poltrone di velluto rosso, lampadari di gran pregio artistico, una cupola che accarezza l’occhio e parla alla fantasia col succedersi dolcemente dei più delicati effetti luminosi.

Grandiosa la balconata, con uno sbalzo di ben 16 metri, e larga 29; ma grandioso anche il boccascena, che misura metri dieci per dieci, e che ha la particolarità di essere incorniciato da un grigliato di legno dorato largo tre metri, composto da quattro cornici distanziare in profondità , in modo che nei vani tra cornice e cornice si son potuti istallare gli altoparlanti per il film sonoro, e un insieme di 2600 lampadine variamente colorate, con le quali è possibile ottenere tonalità, intensità e variazioni di luce che conducono a effetti singolari e suggestivi.

E non parliamo qui di tutti quegli impianti e apprestamenti capaci di assicurare riscaldamento e raffreddamento e aerazione, alcuni dei quali di brevetti nuovissimi, e che tutt’insieme concorrono a fare di questo Cinematografo il tipo solo più ricco ed elegante, ma anche il più moderno per quanto riguarda appunto le esigenze del locale cinematografico.

Tutto ciò doveva parlare direttamente al cuore dei buoni Milanesi, i quali, se hanno visto scomparire una delle più vetuste glorie della loro città, hanno visto, in cambio, sorgere su quelle rovine una gloria di maggior valore artistico; e mon poteva non parlare al forestiero, che già di questo locale aveva avuto notizia come di cosa meravigliosa; ond’è che la inaugurazione di questo Cinema, che Milano ascrive a benemerenza dei fratelli Delle Piane, segnò un avvenimento cittadino, e la sua sala da spettacoli si è vista sempre affollata dal fior fiore della cittadinanza.

In buon punto, peraltro, è sopraggiunto il mutamento della gestione e della Direzione del Cinema. Alla primitiva Direzione non mancavano certo buona volontà, nobiltà d’intenti, e buon gusto; faceva difetto, però, quella conoscenza del mondo cinematografico e della psicologia delle folle, che è indispensabile per condurre un locale cinematografico di tanta importanza, in un centro come Milano, e al giorno d’oggi. Dalla metà di questo mese, alla primitiva gestione è succeduta la Società Anonima Emilio Perani, con alla testa un vecchio e consumato e occhiuto cinematografasti, appunto Emilio Perani, che del commercio cinematografico e della gestione di sale ha oramai un’annosa e fruttifera esperienza personale; tanto fruttifera, che gli spettacoli del Cinema Odeon se ne sono immediatamente avvantaggiati.

Con Emilio Perani alla testa, il Cinema Odeon conquista oggi quel primato al quale ha realmente pieno diritto, e che rischiava di non raggiungere giammai.

Come ho creato Manolescu

Ivan Mosjoukine

Giorgio Manolescu, che in un certo momento fu il re dei cavalieri d’industria, occupò di sé le cronache di tutto il mondo verso la fine del secolo scorso. Ciò dimostra che questo emerito filibustiere era veramente cosmopolita. Vi furono delle canzoni sulle prodezze di Manolescu, dei romanzi la cui materia fu ispirata dagli avvenimenti di cui la sua vita fu piena, e vi fu pure l’immaginazione di R. Rinaldini, che aggiunse colore alla notorietà.

Al principio dello scorso anno, il gruppo direttivo Bloch-Rabinowisch, che presiede ad uno dei reparti della produzione Ufa mi propose d’interpretare la parte del protagonista nel film che si sarebbe realizzato sulla vita del celebre avventuriero. Il metteur-en-scène Tourjanski s’intrattenne lungamente con me per esaminare le possibilità che si sarebbero sfruttate nell’interpretazione del mio personaggio. Quindi mi procurai tutta la documentazione contemporanea allo scopo di possedere un completo ed esatto corredo di cognizioni, quando si fosse iniziata la lavorazione. Ma fu proprio durante la lettura di quei documenti, che provai una prima delusione. Dopo tutto ciò che l’immaginazione e la verità mi avevano appreso sul mio personaggio, ebbi l’impressione che nella personificazione a cui mi accingevo non sarebbe stato il materiale aneddotico che avrebbe fatto difetto per ricostruire una vita così turbolenta, ma mi sarebbero mancate le possibilità per organizzare il detto materiale secondo una lirica drammatica. Con i documenti che avevo esaminati si poteva bensì realizzare un film sensazionale; ma ciò era troppo poco nei confronti delle intenzioni dei produttori, come pure della concezione che io avevo avuto da tutta la mia parte. Si aggiunga inoltre che Manolescu nell’attuazione dei suoi « colpi », si manifestava abbastanza primitivo e non s’imponeva mai dei compiti difficili; ma al momento d’intraprendere il suo « lavoro », si rimetteva sempre, sia alla debolezza delle sue vittime, sia al capriccio del caso.

Un giorno ebbi fra le mani uno studio di psicologia criminale del Dott. Erich Wulfen, avvocato generale a Dresda, uno studio che mi fece intravedere una scappatoia. Quest’opera offriva la chiave di quell’anima di criminale, e metteva in luce tutto ciò che poteva essere di patologico in Manolescu.

In questo modo il modello che andavo forgiandomi, cominciò ad avere contorni determinati. In alcune lettere di Manolescu ricorrono sovente, simili a un doloroso ritornello, frasi come queste: « Voi sapete come io non abbia altri desideri che di guadagnare il mio pane onestamente, di godere di un focolare tranquillo e pacifico e di assaporare la felicità nell’ombra ».

Tali aspirazioni dimostrano indubbiamente che Manolescu non fu né un ladro professionale completamente corrotto, né un superuomo ergentesi al disopra del bene e del male. La figura di questo avventuriero, spogliata di colpo di quella specie d’incanto di cui la lontananza del tempo l’aveva circondata, cominciò subito a guadagnare in interesse psicologico.

Non rimaneva più che da illuminare la vita sentimentale di Manolescu, e quando anche questo lavoro fu compiuto mi vidi dinanzi un uomo di carne e sangue, che mi tornava graditissimo far rivivere nella mia interpretazione.

Il mio modello era là: Manolescu, il vagabondo continuamente dominato dall’aspirazione verso un’esistenza borghese, che si era abbandonato alla discrezione di una donna, della quale soltanto dipendeva di annientarlo o di salvarlo. Ma d’altra parte non ci si poteva limitare alla donna che esercitò sull’avventuriero una simile influenza.

Nel film è Brigitte e Helm, che incarna Cleo, la donna che nella vita di Manolescu, simboleggia la prima grande passione, e lo getta — ossia, mi getta — nelle spire del delitto. È una folle bambola danzante, che non ha quasi neppur coscienza del suo potere. Sempre attraente, sempre affascinante, ella fa di Manolescu la sua vittima, fino a non lasciargli più scorgere, nella sua ossessione di perseguitato, altra uscita possibile.

La seconda donna che porta la felicità sognata, la pace e la tranquillità, è Dita Parlo.

E non si tratta di un continuo movimento di oscillazione tra l’una e l’altra, d’una scelta tra questa e quella. Ma piuttosto d’imparare a distinguere nella vita i principi del bene da quelli del male. E, secondo il mio pensiero, è là il problema centrale di Manolescu, il mio modello. Si è trattato di creare un carattere che potesse scoprire il bene ed il male, ma non soltanto fra le donne che lo circondavano, ma ancora in se stesso.

Ivan Mosjoukine

Dossier Cabiria Terzo Episodio

Milano, 1° ottobre 1930
Milano, 1° ottobre 1930

Milano, 1° ottobre 1930. Dichiarazione: Dietro richiesta del Sig. Rag. Comm. Giovanni Pastrone dichiariamo allo stesso che le somme da lui rimesseci in data 27/9 corr.a. e 30/9 corr.a. per il complessivo importo di L. 30.000 – trentamila – servono esclusivamente a saldare le fatture riguardanti la riedizione di Cabiria giusto estratto conto SACIA allo stesso rimesso in data 26/9 corr.a. – Dichiariamo inoltre al Comm. Pastrone di assumerci direttamente e personalmente la responsabilità del pagamento delle fatture di cui sopra. In fede
(firma dei due amministratori)

Milano, 22 dicembre 1930
Milano, 22 dicembre 1930

Milano, 22 dicembre 1930. Egregio Signor Comm. Rag. Giovanni Pastrone,

Rispondiamo alla Vostra pregiata lettera del 19 corr. e Vi preghiamo di scusare se erroneamente sino ad oggi il nostro Ufficio Amministrazione non Vi dato cenno di ricevuta della nostra cambiale al nome di Bixio da Voi cortesemente rimessaci il 27 novembre scorso.-

Ci facciamo premura accluderVi nuovamente copia conforme all’originale del contratto da noi stipulato con la Casa C. A. Bixio facendoVi presente che non ci possiamo privare dell’originale stesso appunto in vista delle Vostre continue lamentele che ci fanno prevedere una non perfetta intesa tra Voi e la Casa Bixio.-

Vi uniamo pure come da Vostra richiesta copia delle fatture Borsari & Guerrieri relative a Cabiria.-

Permetteteci intanto di esprimerVi le nostre meraviglie per le Vostre continue lamentele in merito alla Casa Bixio mentre sappiamo che anche ultimamente avete assistito alla prova del disco, prova che è stata di Vostro gradimento.-

(…)

Firmato: Il consigliere delegato Giovanni Agnesi.

Milano, 11 marzo 1931
Milano, 11 marzo 1931

Milano, 11 marzo 1931. Egregio Signor Comm. Rag. Giovanni Pastrone,

Nel mentre Vi confermiamo la nostra lettera del 13 scorso per la quale non abbiamo avuto il piacere di Vostro esauriente riscontro, Vi comunichiamo con vivo rammarico che diversi nostri rappresentanti ci hanno scritto lamentandosi per il Vostro assoluto silenzio in merito al film Cabiria, silenzio che non sappiamo spiegarci.-

Per nostra tranquillità Vi preghiamo di volerci chiarire la cosa e nel contempo Vi saremo grati se vorrete rispondere alle varie richieste avanzate dai nostri rappresentanti, coi quali Vi siete impegnato per lo sfruttamento italiano di Cabiria.-

Con l’occasione Vi comunichiamo anche che il Sig. E. Pegan di Bologna, nostro rappresentante per l’Emilia – Toscana; considerati vani i tentativi di poter avere da Voi riscontro alcuno, ci ha addebitati della somma di L. 126,50 per reclame fatta per Cabiria, somma che nostra volta Vi diamo debito in partita.-

In attesa di leggervi al più presto, porgiamo i nostri distinti saluti

SACIA
Soc. An. Cinematografia Italo-Americana
Il Liquidatore

Dov’era finito l’Egregio Signor Comm. Rag. Giovanni Pastrone?

Uscirà o non uscirà sugli schermi la versione sonorizzata di Cabiria?

Non perdete la prossima puntata: Dossier Cabiria Quarto Episodio.

alla prossima!