Femmine folli al Cinema Capranica

Roma, dicembre 1923

«L’uomo che odierete con tutte le vostre forze»: così la réclame presentava al pubblico romano il protagonista di questo super-film dell’«Universal». L’uomo che le donne hanno ammirato con tutte le loro forze, rispondo io dopo la presentazione di Stroheim nella veste del Conte Sergio, ufficiale russo corteggiatore… ed altro dette… femmine folli! Brutto ma espressivo, nel suo rigido ma elegante portamento, il Conte Sergio ha conquistato le simpatie del pubblico femminile che per ben sedici giorni ha affollato il simpatico ritrovo di Piazza Capranica. Fidatevi poi delle donne!

Questa constatazione spiega tutto: come un uomo losco, disonesto ma dalla parvenza di perfetto gentleman, possa conquistare il fragile e mutevole cuore delle donne. La figura del Conte Sergio — parliamo sopratutto di lui perché è il perno di questo film e non già le «femmine folli», come dal titolo può sembrare — è quella dei tanti viveurs per i quali ogni mezzo è buono pur di condurre una vita da grandi signori, e come tali sanno farsi ammirare dalle donne, ottenendo da esse amore e… danaro.

Il compito di questo Don Giovanni farabutto non sarebbe facile se egli non fosse coadiuvato nella sua impresa, e migliore aiuto non potrebbe trovare se non in due «femmine», che agli occhi del pubblico cosmopolita di Montecarlo appaiono come due blasonate cugine.

Spacciatore di monete false, egli conduce una vita sfarzosa che gli permette di accostare una signora americana, moglie di un diplomatico giunto a Montecarlo in missione. È la signora che, dopo il Conte Sergio, ha la parte predominante nel film.

Tutte le situazioni che potrebbero sembrare immorali, o per lo meno azzardate, sono condotte signorilmente; prova ne sia il fatto che questo film ha felicemente superato gli scogli irti della censura.

Il tipo saliente, caratteristico, di femmina folle è la cameriera del Conte Sergio, esaltata ed isterica, vittima incosciente del cinico suo padrone, l’amore verso il quale la spinge alla vendetta: all’incendio dell’appartamento, in un impeto di gelosia.

Non poteva esser riservata una lieta fine al protagonista, che, ebro di nuove avventure, vuol possedere e possiede la figlia del falsario suo socio. Ed egli muore ucciso dal suo compagno, e la sua tomba non poteva essere che quella degli animali più abietti.

Il valore massimo di questo film è nell’interpretazione di Stroheim, rivelatosi un attore gigante, nella sua ingrata e difficile parte. La messa in scena è encomiabile, e ben ricostruito Montecarlo. Non preoccupiamoci se effettivamente il film sia costato 30 milioni o meno.

Che dire della tecnica fotografica? Nessuna parola varrebbe ad illustrarla pienamente nella sua bellezza.

Per la cronaca diremo che anche il successo di «cassetta» è stato fantastico.