
Roma, novembre 1928
Per opportuna notizia e norma si comunicano le seguenti disposizioni di massima testè adottate dall’Ufficio di Censura Cinematografica del Ministero dell’Interno:
Pellicole di guerra. — Ritenuto che si è soverchiamente saturato il pubblico italiano di proiezioni nelle quali viene esaltato lo sforzo degli eserciti alleati nella grande guerra, ciò che costituisce indirettamente una svalutazione per lo sforzo ben più penoso e glorioso compiuto dall’esercito italiano sul suolo della Patria e sui campi di battaglia degli altri fronti. Ritenuto inoltre che spesso in tali film sono proiettate scene addirittura macabre che impressionano tristemente il pubblico e deprimono lo spirito patriottico, specie nelle donne e nei giovani, presidio della Patria, mentre in altri film di guerra vengono inserite scene ridicole od umoristiche contrarie alla disciplina militare.
Per tali considerazioni è stato deciso, in via di massima di negare l’approvazione a siffatti film.
Pellicole di ambienti napoletani. — Rilevata la persistenza di alcune case cinematografiche di lanciare sul mercato film aventi per soggetto scene di ambienti napoletani che, se non ancora scomparse dalla vita di quella città, non rappresentano più certamente la caratteristica di quella popolazione. Considerando che siffatti film a base di posteggiatori, pezzenti, scugnizzi, di vicoli sporchi, di stracci e di gente dedita al dolce « far niente » sono una calunnia di una popolazione che pur lavora e cerca di elevarsi nel tono di vita sociale e materiale che il Regime imprime al Paese. Considerato peraltro che siffatti film sono eseguito con criteri privi di qualsiasi senso artistico, indegni della bellezza che la natura ha prodigato alla terra di Napoli, è stato deciso, in via di massima, di negare l’approvazione dei film che persistono su « clichés » che offendono la dignità di Napoli dell’intera Regione.
(dalla circolare dell’agenzia Cosmos)
Il fermo di films di guerra e napoletani
Se noi volessimo prenderci la pena di riportare i nostri attacchi e le nostre osservazioni sulla tendenziosità e l’inopportunità di taluni films di guerra e nella sconvenienza dei vari Napule e poi muori con annessa Leda Gys, occuperemmo tutto il numero; ma avremmo anche dimostrato che pure questo provvedimento è un po’ dovuto anche alla nostra cocciuta opera di diffusione e di persuasione.
In ogni modo anche se non avremo dimostrato c’è chi sa. Ed inoltre quel che importa sopratutto si è che due principi sacramentalmente giusti siano stati riconosciuti ed imposti alla regola dei criteri di censura.
Onore ai commissari proponenti.
(cinematografo, Roma, 18 novembre 1928)
Tale presa di posizione della censura mette la parola fine a tutta una lunga tradizione legata alla cultura popolare partenopea che, nel corso degli anni Dieci e Venti, oltre che dalla Lombardo Film, è stata alimentata da tante piccole Case di produzione (come la Dora, la Partenope, la Miramar, la Any) e indirizzata, oltre che alle platee del Centro-Sud, alle masse di emigranti che ogni anno varcavano l’oceano e che in America coltivano, attraverso questi film, la nostalgia per la patria.
(Titanus – La Storia e tutti i film di una grande casa di produzione, testi di Aldo Bernardini e Vittorio Martinelli, Coliseum, Milano 1986)