Torino all’avanguardia

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Aprile 1924.

Come noi prevedevamo, l’elezione a Deputato del Comm. Giuseppe Barattolo ha avuto come immediata e naturale conseguenza le sue dimissioni da Amministratore Delegato dell’Unione Cinematografica Italiana. Queste divisioni, a loro volta, hanno provocato necessariamente il rimpasto di tutto il Consiglio di Amministrazione della stessa Unione. Mentre noi scriviamo, non sappiamo da chi il nuovo Consiglio è composto, né chi sarà chiamato a presiederlo, né chi sarà designato a reggere le sorti della U.C.I. Per conto nostro, al punto in cui sono le cose, riteniamo che la soluzione migliore sarebbe quella di sciogliere il mastodontico trust, i cui risultati sono stati purtroppo negativi; e non solamente negativi. Liquidare, insomma, e definitivamente, un doloroso passato; restituire gli stabilimenti alla primitiva indipendenza, alla libera concorrenza, di modo che si riaccendano benefiche e fruttifere gare di emulazione: quelle gare di attività, le quali, pur tra lotte intestine e discordie e rivalità personali di industriali, avevano creato lo splendore della cinematografia italiana. Gli stabilimenti, ritornati liberi e indipendenti, non tarderebbero a riprendere la loro attività. Uomini capaci, rimasti per forza di cose assenti e inoperosi, non mancano e attendono l’ora propizia; uomini nuovi sorgeranno con nuovi criteri; gli uni e gli altri, ammaestrati dagli errori precedenti, non curerebbero se non l’interesse dell’industria. Il suo rifiorire la riacquisterebbe la fiducia perduta; e con la fiducia ritornerebbe anche il capitale indispensabile.

E tutta una nuova era di lavoro e di fortuna si preparerebbe per l’industria cinematografica italiana!

Intanto una ripresa di attività si profila all’orizzonte.

Mentre Augusto Genina, incoraggiato dal notevolissimo successo ottenuto all’estero con Il Corsaro, si accinge a metter in scena un altro soggetto; mentre è pronto un nuovo lavoro di Carmine e Soava Gallone; mentre l’Alba Film, vittoriosa sui mercati internazionali con più di un lavoro; mente Febo Mari, alla Pasquali ha iniziato la lavorazione di un grandioso soggetto in serie; mentre, insomma, un certo fervore d’opere e di iniziative si manifesta e lascia bene sperare, da qualche mese la Fert ha iniziato lo svolgimento di un vasto e organico programma di lavoro.

Che la grande marca torinese dovesse riprendere la propria attività, era una cosa risaputa da un pezzo. Lo aveva promesso in modo formale il Cav. Stefano Pittaluga in una importante adunanza indetta dal Sindacato Nazionale Cinematografico, alla quale intervennero molti industriali e i rappresentanti di ogni categoria dei lavoratori del film. E la promessa non tardò a diventare un fatto compiuto. È certo che l’organizzazione di uno stabilimento di produzione, la preparazione del programma di lavoro, in armonia con le esigenze dell’industria e dei mercati internazionali, senza di cui la nostra industria — e non solo la nostra, ma qualsiasi altra non può vivere — non si compiono in un tempo limitato.

Tuttavia, la Fert ha già pronti e collocati in quasi tutto il mondo tre soggetti: Maciste e il nipote d’America; Saetta impara a vivere e Dall’Italia all’Equatore; soggetti che rappresentano una considerevole somma di iniziativa e di fatiche, che non sono rimasto senza frutto per la classe lavoratrice.

Superate pertanto le difficoltà e colmate le manchevolezze che si verificano a ogni inizio di qualsiasi impresa, oggi nel teatro della Fert lavorano quattro numerose troupes e tutto un programma di lavoro è alla vigilia di essere attuato.

Pare di essere ritornati ai bei tempi della nostra cinematografia; ai tempi che precedettero la guerra, quando sotto i grandi capannoni di vetro ferveva e si moltiplicava l’opera degli artefici e delle troupes, e la produzione si susseguiva con la massima alacrità e con lodevole continuità.

Pertanto sono già in considerevole numero gli artisti e le persone che hanno trovato occupazione regolare e continua, e molti coloro che ne usufruiscono per la loro opera o prestazione, anche se intermittente. Col tempo il loro numero si accrescerà sicuramente. Non vogliamo dire che sia la soluzione della crisi, ma è già un indizio più che ottimo; indizio che comporta e ribadisce più di una speranza. È un passo notevolissimo che ci stacca nettamente dal lungo periodo d’inerzia e d’improduttività.

La Fert è certamente, al momento attuale, in condizioni privilegiate, in quanto si appoggia alla Società Anonima Pittaluga e si vale della sua potente organizzazione per il collocamento dei propri films, sia in Italia, sia all’estero, dove la Pittaluga ha stretto solide relazioni di affari e gode grande reputazione; e, per queste condizioni di privilegio, è l’unica Casa che possa portare un effettivo contributo alla soluzione della crisi; perché la Casa si è riaperta non per ragioni di semplice opportunità contingente e transeunte, ma per rispondere a tutto un piano di organizzazione industriale e commerciale.

E qui crediamo opportuno osservare che l’importazione della produzione estera diventa pericolosa per coloro stessi che la attuano, quando non possano dimostrare una eguale o proporzionata forza di esportazione da contrapporre; mentre diventa una necessità in questo caso. In altri termini, si tratta di subirla passivamente e di trattare da da pari a pari imponendo volta a volta le proprie ragioni. E nel primo caso è evidente la posizione d’inferiorità; nel secondo, la produzione diventa una necessità affinché le posizioni si equivalgano e la trattazione commerciale giovi a entrambi.

Quella delle due parti ch’è ridotta a fare esclusivamente da importatore, se priva di merce da contrapporre, o tardi o tosto sarà soffocata dal suo stesso fornitore.

Perciò, chiudendo questa parentesi o digressione che abbiamo fatta, appigliandoci a una dibattuta questione, affermiamo che il pericolo dell’invasione di films straniere, e la loro concorrenza, sarà risolto solamente dalla produzione nostra, in quanto darà forza e importanza al nostro paese come mercato, cioè come terreno di libera trattazione, non come terreno di spadroneggiamento e di imperio. E quanto più la produzione sarà buona, tanto più il pericolo della concorrenza sarà diminuito.

Comunque, noi possiamo essere paghi dell’opera nostra spesa per la rinascita della nostra industria.

Noi abbiamo sempre asserito che la cinematografia italiana doveva risorgere da questa nostra Torino, che ne fu la culla. Il tempo ci ha dato ragione.

Vediamo con orgoglio manifestarsi qui in Torino i prodromi d’una vera e seria ripresa di attività industriale, che non tarderà a dare buoni frutti!

La Vita Cinematografica