
Il famoso attore dice che i criminali debbono essere trattati con severità intelligente
« La principale differenza tra coloro che si trovano dietro le inferriate di una prigione e noi, è questa: che cioè la sorte ci ha messi ai due lati opposti di una grande barriera morale ». Così diceva giorni fa Lon Chaney mentre nel suo camerino dello studio stava mischiando diversi colori in un barattolo onde ottenere la giusta gradazione per la truccatura del volto. Egli si preparava per una scena di « Il Serpente di Zanzibar ».
Chaney ha studiato i criminali personalmente, nel tetro carcere delle Tombs in New York, a Welfare Island, nelle Corti Notturne, ed ha conservato nella sua formidabile memoria i tipi più caratteristici per eventualmente riprodurli sullo schermo. Egli ha così aumentate le sue cognizioni di criminologia le quali gli servono di base per condurre una energica campagna per la riforma carceraria che costituisce la sua più grande passione dopo l’arte cinematografica.
« L’umana natura — continuò Chaney mischiando le variopinte creme nel vasetto — è parecchio simile a questo vaso di creme facciali che servono a truccarci il volto. Possiamo aggiungere un po’ di blu e trasformare il colore in porpora, oppure un po’ di giallo e trasformarlo in arancio; possiamo aggiungere del nero e rendere il miscuglio, più scuro, ma dopo tutto, qualsiasi cosa aggiungessimo, rimarrebbe una miscela di grasso e crema. Questa è anche la regola per la riforma del sistema carcerario. Le prigioni dovranno rimanere così come sono oggi, ma i loro regolamenti dovranno essere mutati.
« Cosa avete visto nelle carceri di Tombs a New York ? » fu chiesto a Chaney.
« Well », rispose l’attore, « ho visto quello che avrei potuto vedere nelle strade: l’umanità. Naturalmente, per la mia arte, debbo studiare i tipi, e tipi interessanti possono essere incontrati ovunque, non soltanto in prigione. La verità è questa: che quando uno va in una prigione per cercare un tipo da poter riprodurre sullo schermo, generalmente rimane deluso. Poiché il criminale dello schermo deve avere quelle caratteristiche fisiche che il pubblico grosso generalmente attribuisce al criminale, mentre invece nella maggioranza dei casi i criminali moderni non tradiscono affatto nell’aspetto esteriore la loro criminalità.
« Il giudice Louis Brodsky della Corte Municipale di New York mi ha dato interessanti informazioni e mi è stato molto utile. Sedetti delle ore con lui nella Corte Notturna e vidi sfilarci dinanzi criminali di ogni risma e colore. Il giudice Brodsky è uno dei più acuti e profondi conoscitori della natura umana che io abbia mai conosciuto. Sospesa l’udienza verso le due del mattino egli passò in rassegna per mio beneficio i principali casi della notte. Ebbene il volto più criminale, secondo la teoria popolare, era quello di un agente di un noto Ente religioso che si occupa della redenzione spirituale dei condannati. L’agente accompagnava uno dei più temibili banditi catturati dalla polizia metropolitana in quei giorni. Ebbene quest’ultimo era piccolo di statura e smilzo. Lo sguardo era intelligente e sveglio. Nessun segno fisico di degenerazione. No; l’apparenza inganna e le teorie popolari non valgono nulla. Il giudice mi narrò in breve le gesta del bandito. Roba da far rizzare i capelli in testa: di una ferocia inumana. L’agente invece era uno dei più miti, nonostante la sua straordinaria forza fisica, al servizio dell’Ente.
« Dunque il criminale tipo, quello classico delle novelle popolari, non esiste. Ed è per questo che noi attori più che sulle caratteristiche esteriori, dobbiamo basarci, nella riproduzione di tipi criminali, nell’azione sullo schermo la quale sola può dare al pubblico la sensazione precisa del tipo particolare che vogliamo interpretare ».
« Ma voi togliete i vostri tipi dalla vita, non è vero? »
« Sì, ma raramente da un tipo solo. Per esempio nel « Capitano di Singapore ». Egli era un rinnegato con un occhio solo, vivente nelle bettole dell’angiporto di Singapore. Ebbene le caratteristiche facciali di quel tipo le presi da un suonatore d’organetto di San Francisco, il quale aveva pure un occhio solo. Ma tutto il resto: abbigliamento, portamento ed aspetto esteriore lo tolsi in prestito da un proprietario di una casa di gioco in Tijuana, il quale aveva studiato per diventare Ministro Evangelico.
« Il tipo originale del film « Il trio infernale » era ospite nelle prigioni di Berkley, dove si trova l’Università di California. Il Capo di polizia August Vollmer, anche lui un profondo studioso di criminologia, mi segnalò un ladro d’albergo da lui arrestato. Costui, strano a dirsi, era un eccellente medico. Il caso del medico ladro mi suggerì l’idea fondamentale che sviluppai nel personaggio del « Professore Eco ». Incidentalmente aggiungerò che il medico in questione dopo avere scontata la grave sentenza appioppatagli si riformò ed ora è un professionista molto rispettato in una popolosa comunità della California meridionale.
« E questo è, appunto, il nocciolo della questione. Il trattare troppo bene i criminali è sbagliato. Essi debbono essere puniti severamente. Il criminale generalmente disprezza coloro che mostrano pietà verso di lui. Egli non cerca pietà e comprende pienamente la giustizia della punizione. Non ho mai incontrato un criminale punito che si sia lamentato della severità della punizione. Il loro punto di vista è che stanno ingoiando l’amara medicina che si sono meritati. Nessuno chiede pietà. Un uomo che non abbia completamente perso ogni senso di dignità umana non si abbassa a chiedere pietà. Ed anche i criminali hanno la loro dignità. Ha ragione quindi il Commissario di Polizia Warren di New York quando asserisce che i criminali debbono essere trattati con intelligente severità. Egli non promette mai agli arrestati una diminuzione di pena nel caso di confessione spontanea del delitto. Lascia loro comprendere che riceveranno in ogni caso una condanna severamente giusta. Ma dove incomincia la riforma è nel dare al criminale tutta l’opportunità possibile di riabilitarsi. È qui che il sistema correzionale dovrebbe essere un po’ modificato onde risponda alle esigenze della criminologia moderna. Il lavoro iniziato dal Commissario Warren è interessantissimo. Secondo la sua teoria molti criminali sono diventati tali per sfuggire alla monotonia della vita quotidiana. Sentivano la necessità di correre dei rischi ed il mezzo più facile era quello di darsi al banditismo. Ebbene, molti fra costoro, terminata la condanna, sono oggi diventati utili cittadini della comunità perché sono stati assegnati a lavori che possono fornire loro il rischio quotidiano di cui il loro carattere ha bisogno. Alcuni lavorano come elettricisti nelle linee ad alta tensione, ove il più lieve errore può significare la morte, altri si sono dati all’aviazione, altri ancora fanno parte del corpo di polizia nelle squadre addette ai compiti più pericolosi.
« Nessun uomo è fondamentalmente cattivo al cento per cento. Anche il più indurito criminale ha i suoi lati buoni. Occorre saperli sviluppare e coltivare. Ma mai usando pietà. Ho già detto che per la grandissima maggioranza degli uomini la pietà è offensiva: è una specie di carità morale della peggior specie.
« Parlando col Sindaco Walker ho appreso che la situazione in New York, veramente preoccupante ai primi dell’anno, è mutata per il meglio. I famosi gangsters hanno imparato finalmente a rispettare la polizia. Ma perché? Semplicemente perché sono state costituite squadre speciali, quelle del « braccio forte », che hanno ordine di trattare i criminali con metodi molto rudi. La tattica dei guanti bianchi è terminata. I criminali sanno di andar incontro ad un ricevimento a base di randellate, e ciò li fa riflettere prima di agire. Un criminale che incomincia a riflettere è già mezzo salvato. Risultato? diminuzione della delinquenza.
« Ad ogni modo a New York ho appreso molte cose che mi serviranno probabilmente in un prossimo foto-dramma che potrà avere come soggetto una razionale riforma dei metodi carcerari ».