
Firenze, luglio 1926. Questa terra meravigliosa per bellezze naturali, così famosa per il numero grande di uomini illustri che non solo ebbe ospiti, ma pur ancora cui diede i natali; questa terra d’incanto dove il paesaggio serba al viandante, passo per passo, la sorpresa di scenari inattesi, dove il verde e l’azzurro si fondono in gamme armoniche di colore indorate quasi sempre dal più bel cielo d’Italia; questa terra ch’è sempre stata all’avanguardia delle più belle opere e delle più audaci innovazioni artistiche, quasi un posto avanzato verso la più perfetta civiltà; questa terra meravigliosa doveva essere la culla anche della rinascita della produzione cinematografica italiana.
Già da qualche tempo i vecchi ateliers avevano riaperto i loro battenti; dei nuovi stanno ora per aprirsi, e in mezzo a questa febbre silenziosa di lavoro si è inaugurata proprio in questi giorni anche una scuola.
lo vorrei scrivere la parola scuola con tutte le lettere maiuscole, per far rilevare nel significato intimo di questa parola non il solito senso didascalico comune, ma bensì il significato primo di scuola: quel significato di ereditarietà, per il quale il nome dell’allievo rimane legato indissolubilmente a quello del maestro in un tutto unico di fede nella riuscita, di sicurezza del successo. di riconosciuto indiscusso valore della sua opera.
E questa scuola è nata, oserei dire, nel miracolo!
Quando si pensi che nel giro di quattro giorni l’idea astratta è divenuta una reale espressione, una realtà « lanciata » cui già pervenivano una media di trenta lettere giornaliere di optanti, la cosa non può avere che del miracoloso, e bisogna ammirare gli organizzatori ed i fondatori che da soli han saputo tener testa al convulso lavorio dei primi giorni con tale abilità e precisione, da poter offrire otto giorni dopo agli allievi ed agli insegnanti, nel giorno della sua inaugurazione, un organismo già abituato ad un ritmo di operosità, già assuefatto al ritmo che dovrà avere nell’avvenire e che sembra abbia acquisito come per una lunga esperienza e che è tuttavia soltanto lo sforzo di due volontà che mirano ad una finalità da raggiungere assolutamente, improrogabilmente.
Giovanni Montalbano e Mario Volpe sono nomi che nel campo cinematografico non han bisogno di presentazione. Le due esperienze (e sommato insieme formano quasi il mezzo secolo di convivenza con gli ateliers), le due competenze (il cui valore non ha mai mancato di rivelarsi neppure nelle nelle loro piccole attività) e le due coscienze sopratutto, sono a l’avallo sicuro della nuova scuola.
I fini artistici, i più aristocraticamente artistici e concepibili, sono lo scopo di questa istituzione, che non ha in verità il minimo carattere di speculazione industriale (e chiamo a testimoni i nostri trentasei allievi) e l’amore che ciascun insegnante, dopo aver aderito con sincero entusiasmo all’iniziativa, dedica ora al suo insegnamento giornaliero, ci fanno sperare che realmente, se la materia corrisponderà all’intenzione ed all’opera dell’artefice, noi potremo avere sulla « piazza » una produzione nazionale di prima scelta degna di figurare superbamente sui mercati del mondo.
Anche i locali della scuola meritano una speciale menzione, per il lusso con cui sono stati mobigliati, specialmente le salette di aspetto e le sale; e per la loro posizione centrale e la loro esposizione ed arieggiatura sono realmente quanto di meglio si poteva non solo sperare ma anche esigere.
Le lezioni (tre ore giornaliere) vengono distribuite in due tempi ed in ora in cui gli allievi possono comodamente usufruirne e dopo il lavoro; l’affluenza metodica e regolare, controllata dai vari fogli di presenza, ci attesta che anche gli orari sono stati indovinati in quanto che questa frequenza si può dire che fino ad oggi è generale ed esatta.
In una parola ora l’« A.P.I. »…c’è!
E noi formuliamo l’augurio che realmente la nuova Università della quale torneremo a parlare, sia l’apice di tutte le scuole, sia realmente l’Università cinematografica italiana degna di raggiungere presto quel posto eccellente nel campo cinematografico che veramente merita e che sicuramente raggiungerà.
Ed anche gli allievi, e tutti coloro che aspirano ad esserlo, pensino che questa Università non si presterà al facile gioco delle ambizioni personali: per la sua serietà, per i suoi fini, sopratutto per le mire elevate ed alte che si è ripromessa, nel voler lanciare nel mondo l’« Italianissima Film »; ed anche gli allievi stessi dovranno essere consci del compito che accettano iscrivendosi e che li chiama a cooperatori e più sovente artefici diretti di un’opera grande e nazionale che vuole piazzare ancora una a volta nel suo giusto posto di privilegio in mezzo al mondo il nome della nostra Patria: l’Italia.
Giulio Busone
Articolo e immagini da un dossier nel nostro archivio.