Storia della critica cinematografica dal 1910

La Cinematografia Italiana ed Estera
La Cinematografia Italiana ed Estera 1° settembre 1910

« La critica cinematografica esercitata finora non è giunta mai, mi pare, a superare lo stadio della comune recensione. Non ch’io me la prenda qua col genere recensione, ché anzi, per l’abbondanza, se non per il valore, dei periodici cinematografici che lo trattano, esso dimostra ancora, se ce ne fosse bisogno, l’interessamento grande non più volgare ma ormai culturale, per la nuova arte »
Cesare Pavese 1929

Le prime rubriche regolari di critica cinematografica sulla stampa cinematografica specializzata nascono intorno al 1910. Fra le prime riviste che inaugurano un servizio del genere figura La Cinematografia Italiana ed Estera, in cui, fin dal settembre del ’10, compare una rubrica di critica “obiettiva e imparziale” (sotto l’insegna di Aristarcheide), redatta dal direttore Gualtiero I. Fabbri, che trova presto grandi consensi e in cui si procede regolarmente alla disamina critica delle varie pellicole che entrano in programmazione.

Ecco cosa scrive la citata rivista il 1° settembre 1910, a proposito del Concorso Cinematografico Nazionale 1911 indetto da un comitato costituito in Roma presso l’Associazione Movimento Forestieri:

Ricordiamo il senso di pena che provammo alla vista di certe pellicole di tale Sezione, a Milano, nel Concorso che già fu di quella città: pellicole, che, purtroppo, ancor si strombettano da chi non ha letto né Tito Livio, né Tacito, né Plinio, né Svetonio, né Tucidide, né Senofonte, né Giuseppe Ebreo, né Erodoto, né Pausania, né… i capisaldi della storia insomma: pellicole così disgustosamente irte d’anacronismi in ogni cosa da far dubitare del proprio qualunque sapere e spingerci a dolorosamente chiedere a noi stessi: « Siamo onagri noi, o lo sono gli elucubratori di siffatte concezioni?… » E dire che furono premiate — e come! ; e dire che furono l’inizio di una caterva di altrettante aberrazioni, forse, e senza forse, peggiori; e dire… ma quante cose non si potrebbero dire al proposito!… invece preferiamo tacere mentre altri continui pure a turibolare, con l’incenso grave — aulente della lode smaccata, quello di cui, storicamente parlando, non sa verbo. Se non che ci sorride una speranza, in mezzo a tanto dubbio, per non dire sconforto; e la speranza è questa: che la Milano – Films, la quale, nelle sue future programmazioni, comprende in buon dato le pellicole storiche sia « maestra e donna » dell’« altissimo subbietto », sia l’Aristarco di sé stessa, ricorra, magari, per consiglio, a chi va per la maggiore, e curi soprattutto l’esattezza del momento storico, calcoli la realtà del bisogno storico, si rammenti il consiglio del Taine, di tradurre, cioè, il fantasma del proprio pensiero in corpo, senza ledere le leggi del bello, del buono, e del vero, e non metta in esecuzione un soggetto senza prima averlo studiato in ogni sua parte, e letto questo e quell’autore, che, talvolta, fanno a pugni fra loro vagliandoli come si deve, e secondo la loro attendibilità. Circa i costumi, l’architettura, le suppellettili, le faccie dei personaggi, il loro intero aspetto fisico, gli atteggiamenti, le mosse, gli accenti e tutto il resto, si ricordi il « provando e riprovando » di Galileo, sia esatta, anzi meticolosamente esatta, nei più salienti come nei minimi particolari; infine non faccia agire con troppa rapidità e scompostamente sì i minori come i massimi dei suoi esecutori.

Ai massimi imponga quella dignità che la storica esattezza fisico-morale e cormentale del personaggio richiede; faccia sì che anche nella tracotanza, nell’imperio, nell’ira, e nelle altre passioni siano umani, cioè veri; si ricordi di Talma, e prima ancora di Roscio, e di Kean, lei — la Milano-Films — che ha a propria disposizione il fior fiore degli artisti italici, e faccia in guisa che quei valenti comprendano che conviene sorpassare sé stessi, perché la Cinematografia — priva, come è, del valido sussidio della parola, o presso a poco — ha d’uopo, nella sua esplicazione, di maggiore arte del vero che non l’abbia la drammatica del palcoscenico.

Faccia sì ancora che i personaggi minimi non siano volgari, scomposti, truculenti, sbraculati, esagerati, convulsionari, o afflitti dal ballo di S. Vito, oppure stecchiti come se fossero di legno, od automaticamente burattineschi. Occorrendo capelli, baffi, barbe finte, queste non usi, ma faccia truccare come si deve i suoi attori da un provetto parrucchiere teatrale, che sa comporre, soprapponendo e unendo pelo a pelo, capello a capello, autentici, con la gomma, in maniera che si abbia un risultato del tutto simile al vero. Curi l’estetica e l’armonia del vestito: niente di più orribile — anche se esatti dal lato della moda del tempo — di certi stivalonacci e bragoncioni, di certe casaccaccie e giuberelloni dalle pieghe infinite, inarmoniche, antiestetiche; insomma ogni personaggio, dal primo all’ultimo, dovrebbe essere elegante, corretto, umano, vero, verissimo, in carattere cioè, scartando inesorabilmente chi non lo sia o non voglia esserlo. Questo e ben altro dovremmo consigliare, ma ci trattiene il fatto che la nostra potrebbe sembrare presunzione o almeno pedanteria. Non ci piacque mai fare il quam quam o il barbassore, e la prosopopea ci urtò in ogni tempo: ci piacque sempre, invece, l’arte, la verità e il buon senso, ed è in nome dell’arte, della verità, e del buon senso che noi diamo questi consigli all’unica Casa, la quale ci pare — sì per gli uomini che la capeggiano, sì per i mezzi di cui dispone, come per gl’intendimenti, nonché per il senso pratico — l’unica che possa, in Italia, fare delle vere riproduzioni storiche, senza cadere nel falso, nel manierato, e soprattutto nel grottesco.

E, tornando a bomba, cioè al Comitato che presiederà al futuro Concorso Nazionale, è da augurarsi che scarti inesorabilmente — come appunto si fa nelle Esposizioni artistiche — quanto non corrisponda all’arte pura e nobile (arte cioè essenzialmente), e glie ne verrà data non poca lode.»

Gualtiero I. Fabbri (La Cinematografia Italiana ed Estera, 1° settembre 1910)

3 pensieri su “Storia della critica cinematografica dal 1910

  1. thea

    Pensa che la sua era la rivista degli esercenti, poteva giocarsi la pubblicità. Diceva sempre quello che pensava. Ma non è finita qui, vedrai, vedrai…

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