Roma: The First Picture Show

Locandina Museo Le Lieure
Locandina Museo Foto-Elettrico Le Lieure

Sul finire del 1897 — ricordava nel 1926 Ezio Cristofari, uno dei pionieri dell’esercizio cinematografico a Roma — una signora francese, certa Madame Le Lieure, aprì al pubblico romano, al vicolo del Mortaro, uno studio fotografico, con annesso un salottino dove si potevano ammirare, pagando cinquanta centesimi, le Fotografie viventi.

Erano le prime proiezioni di films lunghi venti o trenta metri, che rappresentavano Il ginnasta al trapezio o La ballerina sulla corda, e simili. Madame Le Lieure aveva un suo meccanico francese, quale operatore di cabina, col quale strinse amicizia un assiduo frequentatore del salottino di Madame Le Lieure: Luigi Topi, l’ottimo cinematografista romano tanto simpaticamente noto, oltre che per essere stato un autentico pioniere, per il pizzo alla D’Artagnan, gli occhioni rutilanti, e la sua caratteristica bonomia di burbero benefico.

Intorno a quel tempo — io ero sempre proto e… martire, come mi aveva ribattezzato Guido Celli, che poi fu sottosegretario di Stato — un bel giorno nel bel centro della città una sfolgorante insegna luminosa fra le prime apparse attirò l’attenzione e l’ammirazione dei cittadini. Vi campeggiava un enorme punto interrogativo. Sotto, a lettere cubitali: Novità fin di secolo — Compagnia franco-italiana. Le “Novità”, denominate con l’espressione di moda sul finire dell’800: fin di secolo, avevano piantate le loro tende in uno spazioso locale in piazza in Lucina, proprio dove adesso è il Corso Cinema.

Gl’italo… francesi erano Topi, del Grande e Chiesa. Nel locale, una specie di Luna Park al coperto, c’era un po’ di lutto: tiro a segno, giochi di birilli, macchine automatiche e simili.

La grande attrattiva (oltre al fonografo) era il Kinetoscopio, il primo apparecchio cinematografico di Edison, la cui proiezione era visibile soltanto a spettatori isolati che guardavano attraverso una specie di binocolo.

Ma Topi, ch’era un abilissimo meccanico, ben presto impiantò una sua misteriosa macchina di proiezione, che aveva aggiustata molto ingegnosamente, avvalendosi certamente dell’esperienza acquistata frequentando le Fotografie viventi, di Madame Le Lieure, la quale usava uno dei primi apparecchi dei fratelli Lumière. Fra le parti caratteristiche della macchina di Topi, ricordo specialmente… un fiasco d’acqua. Serviva per il raffreddamento delle parti della macchina più vicine all’arco voltaico. Topi, s’affaticava a versare l’acqua in prossimità dei carboni. Ma, per un suo sistema di circolazione — non eccessivamente perfezionato — l’acqua si riscaldava ben presto.

— Mannaggia… — borbottava affannato e costernato il buon Gigi ‘a Ezio — bolle!…

— Bolle? — gli facevo io — e allora… mettici gli spaghetti!

I films erano fatti di vari pezzi, attaccati senza badare al nesso, col solo lodevole intento di allungare la durata della proiezione. I titoli ancora non si conoscevano. Alla mancanza, suppliva il buon Topi, che di tanto in tanto s’affacciava da un finestrino della cabina di proiezione per urlare al pubblico, col suo profondo vocione di basso :

— Corrida di tori. Incassonamento dei tori. (Voleva dire l’entrata dei tori nei cassoni di trasporto…)

— Entrata della quadriglia…

Faccio un passo indietro e racconto come entrai anch’io fra quei bei tipi di romanissimi… italo-francesi.

Sulle prime macchine di proiezione d’allora c’era un diritto d’esclusiva o privativa.

Topi però sosteneva che la macchina da lui usata era di sua invenzione; e che non doveva perciò nessun diritto ad alcuno.

Perché non gli… rubassero l’invenzione, diceva lui, ma in realtà per altre sue buone ragioni, interdiceva rigorosamente l’ingresso al santuario della sua cabina.

Intanto, per mascherare il caratteristico ronzio della macchina di proiezione — che poteva rivelare la sua… natura simile a quelle delle altre macchine, protette dal brevetto — Topi aveva ingaggiato un ragazzino, incaricato di produrre un diabolico rumore con due pezzi di legno dentati strisciati l’uno contro l’altro.

Una sera, scopersi in un angolo del locale un pianoforte che vi si trovava depositato, forse, per un numero d’intermezzo. Mi venne l’idea di suonarlo durante la proiezione. Topi, trovando che il piano s’accordava mirabilmente con l’altra… musica del suo ragazzino, entusiasta, m’abbracciò con la sua grande espansione e mi volle amico e socio nella sua geniale impresa.

Così divenni italo-francese anch’io; e con l’accompagnamento del già detto ragazzino curavo il… sincronismo musicale del primo cinematografo d’Italia.

A tal proposito è… memorabile un episodio. Si proiettava un film importantissimo, dell’inverosimile lunghezza di bei 350 o addirittura 400 metri: La passione di Cristo, la prima edita.

Topi s’intestò di fare, per tale film d’eccezione, un accompagnamento musicale in grande stile: pretese che suonassi un armonium; strumento che non avevo mai suonato in vita mia. Ma il colmo era ch’egli pretendeva dovessi suonare contemporaneamente anche il piano!

Feci osservare a Topi che madre natura mi aveva fornite due sole mani.

Ma l’ingegnoso Gigi non era uomo da perdersi per così piccole difficoltà. Dispose i due strumenti in forma di “V” o di libro aperto. Completò il quadrato con due paraventi, m’impiantò una lampadina presso l’armonium, perché potessi vedere almeno dove mettevo le mani, coprendola con una carta verde. Nel centro di questa bella baracca presi posto e m’ingegnai a suonare, la sinistra l’armonium e la destra il piano.

Ma, sia perché la mia mano non giungesse ai bassi dell’armonium, sia perché non mi arrischiassi di cavar suoni cavernosi dallo strumento che non conoscevo… mi limitavo a trarne una specie di accompagnamento, un piruli piruli, che Topi sacrilegamente battezzò Coro degli Angeli.

Basta. Il primo spettacolo andò, come Dio volle, bene. Gran folla, molte personalità del clero.

Ma al secondo spettacolo, purtroppo, la carta velina che ricopriva la lampada fissata da Topi presso l’armonium, troppo riscaldata, prese malauguratamente fuoco. Corro ai ripari, ma mi scotto la mano, e per di più, essendoci un contatto presso lettone della lampadina, prendo una maledettissima scossa.

Avevo vent’anni, e la compagnia di Topi non era la più adatta, per indurmi a un’eccessiva castigatezza di linguaggio.

Alla scossa, dò un urlo, urto, saltando, uno dei paraventi, che cade con rumore da terremoto e mi scappa un sonorissimo: Mannaggia…

Sul lenzuolo, che fungeva da schermo, passava in quel momento una delle più salienti scene della Passione di Nostro Signore.

Indignati, i Monsignori abbandonarono la sala.

Il buon Topi, per dimostrarmi i malanni che può produrre una bestemmia, accese una fioritura di moccoli che durò cinque buoni minuti…