Amleto Novelli


Dal canale radiosantos su YouTube

YouTube sta diventando la Cineteca Internazionale del Cinema Muto Italiano, abbiamo (scusate se parlo di me) aperto il fuoco con pochi frammenti, io non ho caricato che frammenti, e piano piano sono arrivati molti altri… Non credo che questi video facciano male a nessuno, tutt’altro, promuovono l’interesse. Magari qualche colosso del DVD / Blu-ray (Masters of Cinema,Flicker Alley, Kino, Criterion Collection) si decide a rompere l’incantesimo e libera per tutti noi l’invisibile cinema muto italiano.  Chi si fa avanti per primo?

Il video sopra è una compilation della mitica versione di Malombra (1917), messa in scena di Carmine Gallone. Dico mitica perché storici del cinema e cinefili ci hanno ricamato sopra centinaia di pagine, costruendo leggende come quella di Luchino Visconti che voleva traversare il lago di Como in barca per emulare Lyda Borelli. Il film era (e c’è se riesci a trovarlo) disponibile in VHS.  Di Lyda Borelli ho raccontato spesso, di Amleto Novelli, che in questa versione di Malombra interpreta il personaggio di Corrado Silla, poche cose. Rimediamo subito.

Ricordando Amleto Novelli, da Il Corriere Cinematografico, Torino 28 marzo 1925

Si approssima il triste anniversario della morte di Amleto Novelli, l’indimenticabile attore che apparve ancora una volta, sullo schermo del Salone Ghersi, nella sua ultima interpretazione.

Un anno è ormai trascorso dal giorno in cui il nostro grande attore chiuse gli occhi al sonno eterno; altre figure di valenti artisti sono apparse sugli schermi, conquistando il favore degli spettatori, ma il ricordo di lui e della sua arte ha resistito al tempo e all’andazzo. Il rimpianto per la sua fine immatura ed improvvisa, non che diminuire, è andato aumentando di giorno in giorno, ed ogni film che oggi si proietti e del quale egli sia l’interprete, desta un interessamento che supera ogni altro che possa destare qualunque attore che oggi vada per la maggiore. E questo interessamento non è fatto di quella morbosa curiosità che suscitano in genere gli artisti del cinematografo, ma è fatto di profondo sentimento, di passione ardente e di sincera ammirazione; e da ciò si può misurare il sommo e indiscutibile valore dell’arte di Amleto Novelli e la grave, irreparabile perdita che il cinematografo italiano ha fatto. Pertanto, avvicinandosene il triste anniversario, crediamo nostro dovere commemorarlo brevemente su queste colonne.

Amleto Novelli nacque a Bologna il 18 Ottobre 1883, e rimase orfano dei genitori a dodici anni. Restò in casa con le due sorelle sino ai ventidue anni e fu impiegato come avventizio in uffici governativi. Ma la passione che dominava il suo animo, non tardò a portarlo su quella strada che doveva rapidamente diventare la strada dei suoi trionfi.

Filodrammatico appassionato, stimolato dai primi successi, rinunciò all’ufficio e si recò a Roma. Qui iniziò la sua carriera d’artista, recitando al Teatro Tiberino con una schiera di vecchi e giovani attori del teatro di prosa. Il giovane e valente Amleto, che sosteneva a volta a volta tutte le parti dei più spettacolosi e romantici drammi popolari, si fece subito notare per la sua recitazione fatta di sincera e ardente passione, di impeto e di calore umano; per la sua figura maschia e seducente sebbene non bella, per la sua voce calda e avvolgente. In breve Amleto Novelli divenne popolare come gli eroi ch’egli incarnava, nei sabati e nelle domeniche, dinanzi alla semplice e fedele folla di quegli spettatori; ma quando questo informe sogno d’arte si avviava verso una definitiva realizzazione; quando queste esercitazioni, che troppo sapevano ancora delle esercitazioni filodrammatiche, stavano per cedere a forme più efficaci, in cui l’arte dell’attore si sarebbe affinata e valorizzata, ecco schiudersi, improvvisamente un nuovo cammino che doveva portare il nostro attore, lontano forse dal suo primitivo sogno, ma sempre verso l’arte e verso i più grandi trionfi. Perché, diciamolo subito, Amleto Novelli, anche al cinematografo, si rivelò un artista e trattò sempre la cinematografia con sentimento elevatissimo di artista. Era implacabile con coloro che ostentavano i loro dubbi sul valore artistico del cinematografo; e la sua collera esplodeva irrefrenabile se tali atteggiamenti venivano assunti da coloro che avrebbero dovuto inginocchiarsi e adorare il Dio Cinematografo, da coloro cioè, che vivevano di cinematografo.

Ma ritorniamo un passo indietro. Quando Amleto Novelli, dicevamo, stava per diventare attore sul serio ed entrare m una compagnia drammatica, venne invitato alla Cines, poiché su di lui era caduta la scelta per la parte di Vinicio nel primo  Quo Vadis? (1). Amleto Novelli, nelle vesti del soldato romano, vinto dall’amore di Licia al Cristianesimo, fu una rivelazione. Piacquero quelle sue maniere un po’ rozze e militaresche, ma piacque sopratutto la calda, sincera, intima passione che animava i suoi gesti. Ed il successo fu completo: da quel momento Amleto Novelli divenne l’interprete ideale di tutte le più eroiche figure della storia trasportate sullo schermo. Fu Giulio Cesare, in Caius Julius Caesar ; Marc’Antonio in Marc’Antonio e Cleopatra; Furio l’Asiatico, in Fabiola; Tancredi, ne La Gerusalemme liberata, prima e seconda edizione; Rolando, ne La Congiura di S. Marco; Tallien, in Madame Tallien; Segna de’ Caligai, in Dante nella vita de’ tempi suoi; e poi, ultimamente, Lorenzo Barbo, ne Il Fornaretto di Venezia, e Jacopo Foscari, ne I Foscari. E ci fu un tempo in cui Amleto Novelli pareva che fossi condannato a prodursi in perpetuo nei films storici o in costume. Il suo temperamento e la sua figura lo rendevano un interprete ideale e tipico di figure eroiche. Ma egli volle e seppe smentire un tale preconcetto sulla sua arte e su di lui. Basti ricordare: La chiamavano Cosetta, La casa di vetro, La preda, Amore rosso, Il padrone delle ferriere, I tre amanti e La casa dei pulcini, per riconoscere che egli aveva tutte le doti necessaria per interpretare degnamente anche il dramma moderno e borghese. Infatti, Amleto Novelli, lasciato sandali e clamide, cappa e spada, sapeva trasformarsi in un uomo moderno e plasmare il personaggio e ravvivarlo di intensa passione e di sincera umanità. Se mai la passione, che in lui toccava sempre il vertice massimo, infondeva nel personaggio un non so quale spirito eroico, che rendeva il personaggio stesso più simpatico ed avvincente, senza che per altro ne diminuisse l’umanità.

Certo è che Amleto Novelli, comunque apparisse sullo schermo, nel dramma storico ed in costume, o nel dramma del nostro tempo, passionale e borghese, egli incatenava immediatamente a se stesso l’attenzione degli spettatori, e la figura e le vicende che egli animava, si incidevano indelebilmente nel ricordo di tutti, presi dalla sincerità e dall’ardore della sua arte, perché Amleto Novelli era sopra tutto un sincero, un passionale. La sua arte obbediva al suo istinto, obbediva alla sua anima.

Chiudete un momento gli occhi e voi ve lo vedrete apparire dinanzi. Eccolo sul ponte della nave corsara nell’ora in cui l’intrepido ed errabondo scorridore sente più stanca e malata di nostalgia l’anima e si appresta a dare l’addio ai suoi compagni ; eccolo adesso nella casa della donna amata, battersi per il suo amore, invocando il giudizio di Dio, nel duello violento e terribile, e gettare l’arma al momento di sopraffare l’avversario; ed infine, rammentatelo nell’atto in cui, premuto il cuore da indicibile tenerezza, china il capo tra le braccia conserte, sulla tavola, e scoppia in pianto.

In queste scene, in una mirabile sintesi, vi sono tutti gli aspetti eroici e tutti gli aspetti umani dell’arte di Amleto Novelli: traspare tutto il sentimento e tutta la passione che animavano le sue interpretazioni ; e di tanti films, abbiamo ricordato il Corsaro, perché proprio nei giorni in cui il valoroso interprete andava spegnendosi di ora in ora, insidiato da un male irreducibile alle cure della scienza e dei famigliari, questo film trionfava sugli schermi torinesi, cosicché noi possiamo oggi associare in un ricordo di vita e di morte, il ricordo dell’indimenticabile attore; poiché Amleto Novelli fu artista nel senso più assoluto, ma fu sopratutto uomo.

Ma se il rimpianto lasciato dall’attore fu grande, non meno grande fu il rimpianto lasciato dal compagno di lavoro e dall’amico. Perché Amleto Novelli era altresì un vero compagno dei suoi compagni, che trattava con aperta familiarità, pronto e generoso, lieto delle gioie altrui come spiacente delle altrui sventure. Per i suoi compagni si prodigava in mille modi, pur di essere di qualche utilità coll’opera sua. Chi scrive, ricorda di avere assistito ad una recita della Morte Civile, che egli si era deciso di dare, in quanto la sua presenza, attirando un maggior pubblico nel piccolo teatro rionale dove recitavano alcuni attori, un tempo suoi compagni e che la crisi cinematografica aveva spinto a cercare in tale recita un mezzo qualunque di sostentamento, avrebbe procurato ad essi un sicuro beneficio.

Quella sera infatti il teatro fu rigurgitante di pubblico e l’attore ebbe accoglienze davvero trionfali. Orbene, Amleto Novelli, per nulla inorgoglito, ma profondamente commosso, non tanto si preoccupava del suo successo personale, quanto dei risultati di cassetta dei suoi compagni. Ci sembra ancora di udirlo esclamare con la sua voce sonora e appassionata, mentre gli occhi gli lustravano: « È andata bene, eh? Sono contento, poveracci»; alludendo ai beneficio che la piccola compagnia ne avrebbe ritratto. Ma in quel « poveracci » si riassumeva tutta la tenerezza del suo animo generoso e buono, modestissimo nella sua grandezza.

Da allora un anno è passato e il primo anniversario della sua morte ci ha ormai raggiunti. Un anno non è molto, ma basta per sommergere molti ricordi. Ebbene, sembra, come dicevamo, che non un anno, ma nemmeno un giorno sia passato dalla morte del grande attore.

Oggi come ieri, da ogni parte, ci pervengono lettere di ammiratori e di ammiratrici, che domandano continuamente notizie della vita di lui e dei suoi cari, o che esprimono il proprio cordoglio, rimpiangendo che l’attore sia stato tolto nel fiore della vita all’arte e alla famiglia. Ed in queste lettere, che sono lettere del pubblico, è opinione generale che il posto ch’egli ha lasciato vuoto non è ancora stato colmato e non lo sarà tanto presto e tanto facilmente.

Insomma, alla distanza di un anno, pare di essere ancora vicinissimi al giorno in cui si sparse la dolorosa notizia; anzi c’è chi stenta a credere che Amleto Novelli sia morto, che non vorrebbe fosse vero, e che non sa darsene pace, tanto è immenso il rimpianto che ha suscitato la morte di lui: rimpianto che si rinnova ad ogni visione di films, già noti o proiettati per la prima volta, facendo sentire sempre di più la perdita che ha fatto l’Arte Cinematografica Italiana e accendendo nei cuori la fiamma di un perenne ricordo; fiamma di lampada votiva che sale dal cuore infinito della folla.

1.  Il debutto alla Cines è di qualche anno prima, nel 1908.